CAPITOLO
III.
Uno zigaro che ha
costato L. 3250
Lasciata più in fretta
che potè l'allegra compagnia comica nella Trattoria Ramolaccini e pagatosi con
bella spontaneità il conto, dall'invitato pittore milionario, in L. 320 per
causa delle parecchie bottiglie di Champagne ingollate più dalle prime donne
assolute che dagli uomini, Alfredo, che amava ritirarsi per tempo senza
coriste, camminò sollecito verso casa, in Trastevere. Erano circa le undici di
notte.
Giunto presso Castel S.
Angelo, sentì voglia di uno zigaro. Entrò pertanto in un botteghino di privative,
ove trovavansi tre popolani, seduti presso il banco a discorrere colla
venditrice piuttosto piacente. La loro bibita era acquavite. Quella tabaccaia
scelse, con premura lo zigaro ad Alfredo, ed egli ringraziò colla frase: molto
gentile la signorina! Ma l'uno dei tre, sia perchè avesse visto Alfredo in
altra occasione, sia perchè fosse geloso, lo guardava fisso, e con fare
provocante. Alfredo notò quel contegno, e nervoso per indole, gli rivolse
queste parole: Ha forse qualche cosa a dirmi il Signore? L'interrogato
risponde: Io faccio come mi piace (parlava il dialetto d'oltre Tevere). Ed io
interrogo quando mi piace, Alfredo di rimando, soggiunse. L'altro, che era
probabilmente alticcio, grido: Tira dritto moscardino, qui non è stallaccio pe'
vo' forastieri, e sì dicendo, con in pugno l'indispensabile scanna-castrati,
insegna coll'altra mano, la porta ad Alfredo. Questi allora dallo sdegno
accecato, manda una furiosa puntata del suo bastone, al petto del prepotente,
che va rovescioni sul banco. In un attimo sono in piedi gli altri due coi
coltelli, la donna strilla. Alfredo spinta e rotta l'invetriata si invola
all'aperto colla lestezza della lepre (il vantaggio del numero e le armi
bianche incutono sempre rispetto) ma, sia per la furia, sia per la nebbia, sia
pel rivolgersi indietro, siccome di chi è davvicino inseguito e non lo fu, sia
infine, per un mucchio inavvertito di pozzolana, lungo la riva del fiume,
Alfredo scivola nel Tevere. Così piglia nuotando un freschissimo bagno fino
alla opposta riva. Per fortuna il malcapitato pittore, non incontrò pattuglie,
e tutto finiva asciugandosi nel suo tepido letto. La famiglia non se ne accorse
tosto, ma seppe del fatto ii giorno dopo, da Alfredo. Zaira era di fresco
giunta a Roma, ma non fu posta a conoscenza di quel curioso avvenimento.
Però, io non vi ho
ancora narrato, o lettori carissimi, che Alfredo, nell'attraversare a nuoto il
fiume, aveva naturalmente smarrito qualche cosa.... cioè il portafogli
contenente 3250 lire in carta moneta (un po' costoso quello zigaro). Nè sarà
esagerato il conchiudere avesse Alfredo, dalla nascita, la vera e propria
jettatura (in dialetto lombardo, arlia. Cirillo gli diceva tratto
tratto: Tu hai la iettatura (a parte i milioni), scommetterei perfino nella
suola delle scarpe, per cui mi permetto consigliarti, l'andare a piede scalzo.
Il dì appresso di questo
episodio, non certo idilliaco si leggeva su di un piccolo giornale di
Trastevere, come la notte passata fosse stato accoltellato e gettalo nel
Tevere, per fatto d'amore, un giovane forastiero, di condizione civile, nè
ancora si era scoperto l'autore ed il cadavere ad onta delle diligenti pratiche
di rito. Si dubitava anzi, trattarsi di qualche mozzo di un barco Egiziano,
proveniente il giorno prima, da Gaeta.
Alfredo si imbattè per
caso, su quelle ultime notizie di fonte sicura, si guardò attorno in
quella meschina bottega da caffè, e non vedendosi osservato nemmeno dalla
padroncina, intascò il giornale, ridendo di cuore e pagando la sua spremuta,
uno scudo, senza resto, in pena del suo furteccolo. La simpatica Trasteverina,
lasciò cadere, per verità, nel cassetto del banco, lo scudo, ma dichiarò in suo
cuore, che colui poveretto, era un pazzo condannato.
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