CAPITOLO
V.
Non impedir lo suo fatale
andare
(Dante Inferno Canto V.).
Per nessuna forza il
Mondo si arresta, ma procede invece, senza tregua, turbinoso, imperterrito. Il
Mondo cammina, cammina.... Si rinnova, si riproduce, si trasforma ad ogni ora del
dì e della notte.... Procede col sereno e colla pioggia, col caldo e col gelo,
collo scirocco, col vento, col turbine, durante la calma e durante la tempesta,
e sfida perfino la potenza del mare. Il mondo cammina dunque sempre tanto nella
prospera, che nell'avversa fortuna. Egli oblia il passato, guarda con
indifferenza il presente, e cerca ansioso l'avvenire. E guai se così non fosse!
Guai se dopo un disastro, una strage, una ingiustizia, una battaglia perduta,
una pena morale un disinganno, un'epidemia struggitrice delle vite umane, un
incendio, una innondazione, una carestia, tutto il mondo si abbandonasse
all'abbattimento, all'inazione, all'inedia.... Il mondo invece passa
indifferente, con coraggiosa calma, dinnanzi al piacere ed all'angoscia, dinnanzi
alla vita ed alla morte. La Scienza, le Arti, i mestieri, gli Uffici, le Feste,
i Teatri, i balli, il travaglio dei campi, i riti, la salute e l'infermità, il
bene ed il male, la pace e la guerra, la ricchezza e la miseria, la gioventù e
la vecchiaia, la bellezza e la mostruosità, il riso ed il pianto, il lavoro e
l'ozio, la virtù ed il vizio, passano vertiginosi, si scontrano, si urtano, si
risvegliano, si confondono fra il sonno e la veglia de' mortali. Qua si ride
là si muor, dicea un poeta, ed un filosofo scrivea: Chi muore giace e
chi vive sì da pace. Questo è il mondo, questa è la vita... La lealtà è
vinta dalla ipocrisia. L'ateo ed il religioso credono entrambi di aver ragione.
Chi si è arricchito, gode, chi andò in malora, maledice al destino!
La tirannide odia la
libertà, e questa, sebben tardi, l'abbatte. Il sanfedista, finge di abborrire
il libero pensatore, ma poi in segreto lo apprezza. La lussuria deride il buon
costume, ma poi lo invidia.... È una lotta accanita che dura da secoli, ma il mondo
cammina sempre. È un continuo, febbrile, fare e disfare. La quaresima succede
al carnevale, la quiete all'orgia. La musica, il canto, la danza, succedono ai
funebri, e talora ne sono contemporanei.
Lo spettacolo
babilonico, allieta, stordisce, spaventa, e soltanto lo stoico, che l'ha
compreso, nè è tranquillo.
Qual meraviglia
pertanto, se otto giorni dopo la infausta nuova, del naufragio toccato ai
miseri Cirillo, Jon, Zaira, Alfredo, nessuno più discorreva del fatto? Perfino
gli amici ed i conoscenti ne erano già filosoficamente persuasi, per l'egoismo
innato della propria pace e conservazione! Ma Alfredo che aveva perduti tre
cari amici, ne era inconsolabile, e decise perciò di fuggire dal tumulto delle
grandi città, per ritornare alla quiete villereccia, ed all'antica sua modesta
dimora. Violetta pure conobbe dai giornali la catastrofe, e sentì in petto una
dolcezza arcana quando lesse le parole: Il solo Pittore Blandis è salvo. È
abbattuto, ma si spera ristabilirlo in breve nelle sue primiere forze.
La sventurata Zaira,
nella mattina stessa della imbarcazione, era triste triste, senza conoscerne la
vera cagione; era forse presaga della sua prossima fine? Credette perciò
d'essere antiveggiante e provvida, nascondendo in seno il suo brevissimo testamento
olografo, che diceva: Lascio ogni mio bene mortale al mio caro Alfredo
Blandis. Un milioncino all'incirca, senza passività. Il vagheggiato di lei
progetto, da qualche tempo, era di sposare Alfredo, ma fino a che, non seppe
maritata Violetta, lo serbò in cuore.
Ma di che farne, diceva
sospirando Alfredo, io nacqui e vissi molti anni povero, lavorava per vivere ed
era più contento. Il cuore non ha d'uopo di tesori. Il mio buon Cugino,
morendo, mi lasciò altri quattro milioni, così io, sarei padrone in complesso
di venti milioni. Quando siete ubbriachi, tutti vogliono darvi da bere gratis.
Io non so spendere, io non ho le esigenze, le ambizioni di molti, e la
ricchezza anzichè rallegrarmi, mi ha mortalmente annoiato.... Darei ogni mia
dovizia per la vita dei miei preziosi amici, rapiti da morte precoce e crudele.
Darei la mia vita, per essere riamato un'ora sola da Violetta.....
Noi diffatti, abbiamo
letto una volta, che «l'oro è un vano tesoro, qual viene se'n va». Non
possiamo dirvi l'autore del proverbio, perchè non lo ricordiamo più. Possiamo
garantirvi, del resto, che quel proverbio non l'ha fatto un banchiere.....
Ad uno, ad uno, siccome
i rami di una vecchia quercia, sparivano i più cari amici di Alfredo. Presto
anche le sue sorelle, andranno a Catania, spose a due ricchi industriali, gente
onesta e di felicità promettente, per cui fra poco, Alfredo sarà solo al mondo
col suo fido Lord appena, che sendo anch'esso già vecchio, potrebbe andarsene
all'asilo dei suoi colleghi trapassati..... dove non si mangiano più salami
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