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Arturo Bianchi I ladri della pace IntraText CT - Lettura del testo |
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CAPITOLO II.
Visita inattesa in Teatro, alla Capitale.
L'avvenimento della notte qui retro descritto, decise la famiglia Blandis a mutare temporaneamente residenza. Si progettò dunque di passare la maggior parte dell'anno a Roma, ad eccezione di due mesi d'estate e di due all'autunno, nei quali sarebbe ritornata alla vecchia casina villereccia. Non appena installati alla Capitale, i tre fratelli, ricevettero dall'ufficio postale del luogo prima da loro abitato, due ritratti in fotografia, uno antico fatto a New-York, ed era del cugino milionario da noi conosciuto, l'altro recente, fatto con maestria a Vienna, ed era dell'amica Zaira, altra nostra conoscente. Alfredo aveva abbandonato con angoscia i luoghi delle sue più care aspirazioni e perciò si trovava a disagio nella nuova dimora. E come fare altrimenti? L'affetto alle sorelle, dominate dopo la famosa notte, da incurabile paura, lo esigeva, Sono le abnegazioni solite che esigono il dovere ed il cuore. Altra delle cause della nuova noja di Alfredo, era inoltre, l'arrivo in tutti i giorni di molte lettere da ogni parte d'Italia e dall'estero, spesse volte poi da persone a lui ignote. Una sera ne ha dovuto leggere cinquantotto, il numero della morte, secondo la Cabala del lotto. Un mondo di esibizioni da commercianti in genere, e di progetti di industriali per imprese in grande, quando fossero incoraggiate dai Capitali Blandis, ma di questo con maggior diffusione, diremo in appresso. Una sera del principio del mese di Settembre 18... rappresentandosi da bravi artisti al Teatro Costanzi la Traviata, Alfredo, tanto per distrarsi un poco, andò colle sorelle all'Opera noleggiando un buon palchetto, in seconda fila, sinistra N. 13. Ma appena seduti in palco, Elisa, la più vivace e curiosa, scòrse nelle sedie chiuse due persone a lei note, che indicò tosto ai fratelli. Alfredo, a momento opportuno, fe' loro segno di salire al palco, sebbene per quei due personaggi non fosse troppo tenero, ma lo fece nella brama di avere per loro mezzo, anche accidentalmente, notizie sulle località abbandonate. Dopo pochi minuti, fra un intermezzo entrano in palco quei due campagnoli, i quali salutando i fratelli enfaticamente, presentarono ad Alfredo, un terzo loro amico, che rispettoso restava sul limitare. Quanta voglia avevamo, cominciò il Sig. Balena, di rivedere quel caro Don Alfredo (scusi, ma io non sono ancora Don, interruppe Alfredo). Fa lo stesso, gridò ridendo Balena. Questi soggiunse poi, è il Sig. Bricchetti Galeno, vice speziale, nostra vecchia conoscenza, già marito, come saprà, di donna Tullia, e questo il nostro amabilissimo Sig. Gaudenzio Esperti, commerciante in coloniali, marito recentissimo della gentile Signora Violetta Giacinto, in corso tuttora di luna di miele... Alfredo scolorì alquanto, ma tosto dominandosi, in modo da sembrare indifferente, strinse la mano a tutti e li pregò a sedere. Egli anzi, pel primo, introdusse il discorso, sulle novità dei paesi a loro comuni. Niente niente di importante, mio signor Don, anzi no, scusi, semplicemente Alfredo, disse correggendosi Balena, siamo venuti tutti tre alla Capitale, e per diporto e per gli affari agricoli e di commercio. Ci siamo fermati due giorni a Firenze, ed abbiamo potuto vedere, nella Galleria degli Uffici il suo splendido quadro. Credo il Convento del Parlatorio, o meglio, il Parlatorio del Convento. Io poco mi intendo di Pittura, ma ho sentito dire da altri visitatori che è un quadro stupendo. - Gliene faccio quindi le mie più sincere congratulazioni. - (Alfredo intanto ordinava all'inserviente dei palchi, tre bottiglie di Bordeaux, da servirsi nel camerino adiacente) Veramente non spetterebbe a me, disse sommessamente Alfredo; ma confesso che anch'io fui soddisfatto di quel mio lavoro, perchè vi trasfusi tutta l'anima mia, anzi vi ho fatto appendere il cartellino: Venduto, perchè non amava che alcuno lo comperasse, vorrei conservarlo io, infine a che, a suo tempo, possa donarlo a persona di mia vecchia conoscenza (e qui senza volerlo ei rivolse lo sguardo al Sig. Esperti). Intanto Maddalena ed Elisa che non avevano ancora veduti spettacoli teatrali di città, non distraevano occhio e orecchio dal palcoscenico dove in quella sera si ripetevano i nomi di Alfredo e Violetta. E come si trova il Sig. Esperti laggiù, continuò Alfredo. Eh!... così, così, rispose il Sig. Gaudenzio. Si vivacchia, e qualche volta del resto, nei paesucci bisogna annoiarsi, perchè non vi ho ancora trovata una compagnia a modo mio per passare la sera, facendo quattro chiacchere col bicchiere in mano. Taccia lei, sclamò Balena, che è tuttora nella luna di miele, e che io per solito, la chiamo di latte e miele, anche qui il Sig. Brichetti l'ha appena compiuta la sua luna, anzi mezzaluna, pel motivo che l'altra mezza, Donna Tullia l'ha passata tempo addietro col primo suo marito defunto. Si conchiuse scherzosamente dai presenti che Balena era una famosa lingua in salmy, e calato il sipario del secondo atto, quei quattro uomini, andarono a bere nel camerino adiacente. Alfredo fuori di pasto, beveva quasi mai vino. Brichetti vice-speziale, beveva poco per soggezione, al contrario Balena ed il Sig. Gaudenzio, bevevano bene e senza tante cerimonie, per cui, senza accorgersene, asciugarono due delle tre bottiglie di quel vino eccellente. In vino veritas, perocchè dopo alcuni bicchieri di vino generoso, naturalmente il troppo riserbo se ne va, e comincia ai bevitori la parlantina più sincera. Dopo una ventina di minuti, in principio al terzo atto dell'opera, i nostri interlocutori, un po' rossi in volto (perchè il Bordeaux riscalda presto) voleano per discrezione o per pigliar fresco, accomiatarsi, ma Alfredo li trattenne cortesemente in palco, essi accettarono, tanto più che la famiglia Blandis non conosceva etichetta, e, nuova alla capitale, non aveva altre visite. Balena, a questo punto, non sapendo che dire di meglio, ricordò ad Alfredo, di aver veduto in casa Esperti, un violoncello accostato alla parete, presso l'arpa della signora Violetta, e di sapere che quel violoncello era suo. Qui il sig. Esperti sorse a dire.... Se il sig. Alfredo vuole che glielo spedisca qui, comandi, oppure se nell'autunno vicino, V. S. vorrà venire in persona a riprenderlo, farà sempre piacere. Oh! no, ne faccio un dono alla sua Signora, rispose Alfredo, quale ricordo delle gradite ore trascorse, suonando insieme delle Romanze d'effetto. La sua Signora tratta egregiamente l'arpa. Balena, non potendo più stare nei panni, sorse a dire vociando, come di suo costume; Fa bene Don, anzi nò, il Sig. Alfredo; di arpe e violoncelli, co' suoi lauti mezzi, può trovarne anche a Roma, senza far viaggiare istrumenti di corda, sempre delicati. Squisito quel vostro Bordeaux. Il Sig. Gaudenzio, uomo non troppo fiero, accetto, disse, a nome di mia moglie, e sono anch'io soddisfatto del regalo gentilissimo, per cui la ringrazio. Tutti tre poi, sul finire dell'opera se ne andarono, e Alfredo sempre più pensieroso ed afflitto, non appena a casa colle sorelle, si coricò, sognando tutta la notte restante, di mille aneddoti confusi, ora consolanti ora disgustosi. Elisa e Maddalena soddisfattissime pregarono il fratello di condurle più di frequente a teatro. Reduce dal Teatro, Alfredo non ebbe voglia (tanto era preoccupato per mesti ricordi) di aprire una ventina di piccoli e grossi dispacci, deposti sul suo tavolo da notte, dalla portinaia, come al solito. Rimandò al mattino seguente quel lavoro, talvolta uggioso, e talvolta ameno. Era uno dei vantaggi meno graditi, della ricchezza. Aprì e lesse in prima una letterina nitida calligrafia stampatello, in piedi, con tanti ornatissimi ed illustrissimi in principio, a metà, in fine. Guardata la firma, era di Don Stecca Pancetti, il nostro buon Capellano, che chiedeva sussidio onde poter erigere in paese, e in luogo salubre, elevato e isolato, un'oratorio femminile, adatto a raccogliere nei dì festivi, tutte le giovanette non abbastanza istruite, ed a scanso di altre compromettenti distrazioni. Lasci pure che si raccolgano dove lor piaccia, disse di mal'umore Alfredo, egregio Don Stecca. Se non fosse villania, meriterebbe non rispondergli affatto, ma si potrà rispondergli che le giovanette, alla festa, stanno meglio od in famiglia od al passeggio. Ora vediamo quest'altra - «Signore tutti abbiamo diritto di vivere (giustissimo) qui sono tutti cani, senza un momento di cuoraccione. Fra una settimana, corro, volo in America od in Africa, e se mi manda, magari un bijetto da mille, io lo difenderò, in ogni occasione, a spada tratta. Domani, pensò Alfredo ti mando il biglietto preciso che cerchi, prima di tutto perchè sei certamente un capo ameno, e poi perchè non ti colga il ticchio di venire in persona a pigliare quanto ti occorre. I matti sono bensì tutti sotto la mia protezione, ma però alla larga. Leggiamo la terza; una lettera a stampa, un manifesto rèclame. Viene da San Secondo (Parma). In testa al foglio un majale grasso; firmato: Società di incoraggiamento all'industria porcina. Vuol farsi fornitore della mia casa, a prezzi ridotti, ed esalta le sue famose spalle. Risponderemo, dice Alfredo, che non sono le sue, le spalle che mi piacciono dippiù; così la pensa anche il mio amico Cirillo. Andiamo avanti, disse Alfredo, che era diventato quasi di buon umore. Ecco una quarta - una antica conoscenza della città di B., che mi rammenta i bei giorni passati, e che ora ha tre figlie da marito, piene di salute se non altro, di capigliatura diversa l'una dall'altra, come pure il volto, ma tutte simpatiche, e che anch'esse vorrebbero aver l'onore di conoscermi. Me ne spiace, amica mia dilettissima, dice fra se Alfredo, ma io non mi mariterò più. Ciò è scritto nel Fato, specialmente poi se ve ne fosse una dalla chioma bruna, perocchè essa mi risveglierebbe memorie crudeli. Vediamo ora anche questa busta con fotografia. Un ritratto di donna giovanissima di Torino. Mimì, seconda mima al Teatro Regio, porta N. 3277, Viale Po, quarto piano, verso corte scala a destra.... raccomanda di andarla a trovare a qualunque ora, meno la sera. Questa qui, ad onta che sia bellina tanto, sclamò Alfredo, la metteremo in compagnia del Sig. qui sono tutti cani, senza un momento di cuoraccione, giacchè potranno combinarsi perfettamente intorno al modo di pensare, ed intanto, domani le manderemo un biglietto da 500. Così quei due mattoidi con 1500 lire faranno gazzarra per una buona settimana. Però quella cara Mimì, è stata abbastanza discreta a non chiedere senz'altro, danaro. Leggiamone, disse Alfredo, già stanco, ancora un paio, ed il resto a domani. Questa viene dal Club velocipedistico di Milano, mista di scrittura a mano e di stampato. Chiede di poter correre nel mio parco alla Villa di N. N. (quale?), per la prossima Fiera di S. Antonio da Padova. Corsa con premi, duecento inscritti. Ringrazia anticipatamente del favore, e si firma: Società Saetta e viceversa. La direzione..... Alfredo, sebbene ne avesse poca voglia, sorrise, pensando, che il suo parco fino ad ora consisteva nel piccolo orto di 35 metri quadrati dove quei duecento inscritti potrebbero forse correre un poco, quando non facciano però insieme il viceversa. La saetta verrebbe a scaricarsi nel vicino fossato. All'ultima adunque per oggi. Sono due medici primari di Costantinopoli, d'origine italiana, specialisti in Psichiatria. Mi vorrebbero socio nella erezione di una grandiosa fabbrica di ultimo modello, capace per mille pazzi, puramente maschile, e concorrendo io col capitale di mezzo milione, ad interesse certo del 7 p. % mi farebbero patrono benemerito a vita oltre all'interesse di cui sopra. Veramente, pensò Alfredo, disgustato, non si dovrebbe rispondere a questa lettera perocchè con molta probabilità, si tratta di un scherzo di cattivo genere, ma siccome vedo, quel ferma in posta, Costantinopoli lettere Z. Y. K., così si potrà rispondere per esempio: Impossibile l'attuazione del progetto, perchè non faremmo mai locale capace a contenervi pazzi colossali quanto i due progettisti Signori Z. Y e K.
E siccome poi Alfredo, venne chiamato dalle sorelle, cuoche e cameriere insieme, per la colazione, così sospese la lettura delle altre 13 lettere a tempo più opportuno. Finita in breve la modesta colazione, Alfredo disse a sua sorella Elisa. Tu dovresti farmi il piacere, perchè sono stanco del leggere e poi voglio fare la mia solita fumata nella pipa, liberamente, a sciorinarmi qualcuna ancora delle tredici lettere che trovansi nel panierino della mia camera, ove depongo al solito, la corrispondenza; và e ritorna subito. Elisa compiacque tosto il fratello e ritornò colle lettere di cui sopra. Avutele sottomano prima Alfredo, egli ne ripone due in tasca, di soprascritta a lui nota, e non senza turbarsi lievemente, consegna le altre undici ad Elisa, la quale apertane una o caso, legge come segue;
Egregio Sig. Cav. Alfredo Blandis
Dal Peloponneso Settembre 18..
«Ho sentito parlare della Signoria Vostra, con molto favore, e mi duole di non conoscerla ancora di persona, locchè spero avverrà presto, per intenderci meglio su certi punti delicati. Il Deputato del nostro Collegio Professore Fortunati, come saprete dai giornali, è morto ier l'altro, dopo lunga e dolorosa malattia di Spinite lenta, tremenda, contratta, non si sa dove e come. Era nostro buon amico, dotta ed egregia persona, ed ha sempre per vostra norma, militato fra i conservatori. Presto certamente, sarà indetta la surrogazione, ed io che avrei qui, non faccio per dire, bastante influenza, mi sarei proposto di raccomandarla quale candidato. La riescita, quasi sicura, pel motivo che un altro solo, un rossissimo, gli starebbe a competitore. Credo che la S. V. abbia passata l'età legale, e perciò se è disposto me lo dichiari con telegramma, a risposta pagata, ed al più presto. Già s'intende, che per taluni Elettori, occorrerà un beveraggio. Ora con perfetta stima, mi rassegno della Signoria Vostra Illustrissima Sempre devotissimo Marcantonio Mescoli, industriale.
Elisa depose la lettera, con sussiego, sul tavolino, dichiarando che quella era molto ben scritta. Alfredo non pronunciò verbo e sorrise. Io accetterei d'avvero, soggiunse la sorella, perchè si possono ivi esporre francamente le proprie opinioni. Ma che vai dicendo mai pazzerella, esclamò Alfredo. Io non saprei che recitare il canto V.° dell'Inferno di Dante, perciò, concediamo che riesca invece il cosidetto rossissimo; egli farà da guarda-freno. Figurati se colassù vorebbero sentire di poesia e d'amore. Telegrafa tosto al Sig. Mescoli, due semplicissime parole, e senza risposta pagata; declino offerta.... ora leggine un altra. Era d'un vecchio amico, compaesano di Alfredo; esso si raccomandava per il posto di maggiordomo presso di lui, trovandosi in angustie economiche, senza sua colpa. Venga pure, venga pure, quando vuole, gli risponderai tu Elisa, non però quale servitore, bensì quale amico, e resti con noi infin che vive. Io lo conosco bene, è un galantuomo, perseguitato, perchè non seppe mai dissimulare. Servo non lo voglio, perchè sarebbe costretto, onde conservarsi il pane, a darmi sempre ragione, anche quando avessi torto10. Ora ti ringrazio Elisa e smetti di leggere le altre lettere, dovendo io per un'affare urgente di cui non mi risovveniva, ritornare nel mio studiolo (si dubita che volesse leggere le due lettere riposte poco prima!). Però, converrà esaurire l'incarico per le restanti, non volendo io far mucchio, che ad ogni arrivo di posta aumenterebbe di certo. Così continuano i vantaggi della grande ricchezza! Ma non appena entrato nello studio, Alfredo aperse la prima lettera di nota scrittura e lesse:... (dunque non avevamo torto di dubitare).
Signor Alfredo carissimo,
Dal Trasimeno, Settembre 18...
Dopo lungo pensare, ho finalmente compreso, siccome io abbia sempre mancato di confidenza in Voi, uomo leale, ed oggi sebbene troppo tardi, ne faccio ammenda, chiedendovene perdono....... Vi confesserò che in passato io diffidai del vostro carattere spregiudicato, molte volte con franchezza da Voi stesso espostomi.... Ebbi torto. Mi maritai, cedendo al bisogno di quiete ed alle volontà per me imperiose.... Non vi dirò se ora sia felice. Io sono però tranquilla e vivo giorno per giorno siccome tante altre mie simili. Credo che Dio mi voglia concedere quanto prima le dolcezze della maternità, ed allora certamente sarò più lieta. Accetto il dono fattomi gentilmente, a quanto seppi da mio marito, ma vi giuro che questo violoncello, lo suonerà nessun altro, ed in caso che io più non vi riveda, resterà accanto alla mia arpa siccome due vecchi amici. Non dubito della vostra prudenza e discrezione, già sperimentate. Conservate la presente e non dimenticate
L'amica Vostra Violetta.
Alfredo, riportò profonda impressione per questa inattesa lettera, ma vieppiù per le frasi in essa dettate, senza dubbio da un cuore buono, e comprese inoltre che Violetta era mesta mesta in quel giorno, forse per effetto patologico. Ora a quest'altra, pure di carattere noto e non discaro.
Mio buon amico
Vienna, fine Settembre 18..
Sebbene io mi trovi da parecchio tempo in questa stupenda città, pel ritiro di alcuni capitali del defunto mio marito, pure non vi ho dimenticato ad onta dei vostri voli aerei. Manzoni diceva che: una delle più grandi consolazioni di questa vita, è l'amicizia. Anzi fra pochi giorni conto vedervi in Roma, e comunicarvi anche a voce, il mio progetto seguente: Io, come sapete, sono sola al mondo, col mio vecchio servo meticcio Jon. Se io, pertanto vi chiedessi di vivere semplicemente, e senza alcun diritto, insieme alla vostra famigliuola, mi direste di no? Io non lo credo perchè siete tanto buono. Attenderò a Trieste al mio domicilio che voi conoscete, una riga che mi palesi la via e la casa in Roma dove abitate, per potervi poi telegrafare il giorno e l'ora precisi del mio arrivo in codesta Stazione ferroviaria. Ricordatemi intanto alle vostre sorelle che desidero conoscere presto, ed a voi una forte stretta di mano dalla
aff. vostra Zaira.
Se in quel momento fosse stato presente quel biricchino di Cirillo, avrebbe detto certamente: Eccolo fra due fuochi di bengala, il primo lo seduce, il secondo non gli è discaro. Ma Cirillo non v'era ed Alfredo, se ne inquietava assai, amandolo sempre vicino, quale il suo miglior consigliere. L'ho chiamato da Napoli tre volte, sclamò, ma lui, dice, che vuol finire il suo Narciso statua commessagli da un ricco inglese. Probabilmente un altro originale. Narciso..... mi pare di aver letto nella mitologia che morì specchiandosi nella fonte, quando riconobbe sè stesso bellissimo e perciò di sè medesimo innamorato. Sarà dunque un quid del nosce te ipsum dei remoti filosofi. E vada al diavolo anche la sua statua.
A questo punto la portinaia, l'unico cameriere promiscuo di Alfredo, reca ridendo una lettera; una sola, oggi, dice, miracolo. Meglio, sorse a dire Alfredo, che così potrò rispondere alle precedenti di maggiore impegno. Vediamola dunque, anche questa unica lettera:
Gentile Signor Alfredo,
Da Montecarlo, fine Settembre 18... Stanco ormai di logorare la vita e la borsa, bazzicando in questi paraggi, conto passare un paio di settimane alla nostra Capitale, e se voi me lo permettete, verrò a visitarvi, quando sappia il vostro domicilio.... Io farò ricapito al Caffè Grande di Piazza Colonna, ove fanno da Camerieri le Kellnerin. Conto arrivare Venerdì sera... Vi ricordate del nostro duello stravagante, risolto tanto soavemente? D'allora voi mi siete diventato simpaticissimo e per questo vorrei berne un bicchiere insieme. Tanti rispetti alle signorine.
Vostro C. Aringa.
E Cirillo, avrebbe soggiunto, se fosse stato presente anche a quest'ultima lettera. Eccolo ora fra tre fuochi. La pelle è in pericolo.
Se non chè, in questo momento (pare che non la finisca più) entra nello studio di Alfredo, un fattorino del telegrafo. Che c'è di nuovo disse un po' seccato Alfredo e lesse: Alfredo. Partito Cuneo, arrivato qui ora. Compagnia distinta operette, quattro prime donne assolute, giovani, dieci coriste, uomini sette, brava gente, io Direzione. Ti aspetto trattoria Ramolaccini stassera ore 9. Ceneremo compagnia tutti. Bacio. Tuo Golasecca. Alfredo, fu contento di questo telegramma perchè il Sig. Golasecca egregio bevitore eragli stato un buon amico a Torino, sempre allegro ed un po' matto. Vi andrò, disse, senza fallo, dopo la nostra cenetta, e sarò felice di pagar da cena a quelle ventidue persone di provato appetito e di sicura giocondità. Comincio a comprendere, sebben tardi, che col denaro si possono avere delle curiose soddisfazioni, e si possono acquistare qua e colà simpatie ed importanza. Fra noi artisti poi, si va presto d'accordo. Quanto al Commendatore, vo' preparargli un ricordo in brillanti, senza punto lesinare sulla spesa, perchè mi preme che egli faccia un po' di chiasso fra le sue conoscenze....
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10 «In che consiste l'adulazione? Nel tacere ai grandi ed ai ricchi, i loro difetti onde non perderne il favore.» (Trascrizione da un libro, di cui non si ricorda l'autore). |
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