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Arturo Bianchi
I ladri della pace

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  • PARTE SECONDA
    • CAPITOLO V.   Non impedir lo suo fatale andare
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CAPITOLO V.

 

Non impedir lo suo fatale andare

 

(Dante Inferno Canto V.).

 

Per nessuna forza il Mondo si arresta, ma procede invece, senza tregua, turbinoso, imperterrito. Il Mondo cammina, cammina.... Si rinnova, si riproduce, si trasforma ad ogni ora del dì e della notte.... Procede col sereno e colla pioggia, col caldo e col gelo, collo scirocco, col vento, col turbine, durante la calma e durante la tempesta, e sfida perfino la potenza del mare. Il mondo cammina dunque sempre tanto nella prospera, che nell'avversa fortuna. Egli oblia il passato, guarda con indifferenza il presente, e cerca ansioso l'avvenire. E guai se così non fosse! Guai se dopo un disastro, una strage, una ingiustizia, una battaglia perduta, una pena morale un disinganno, un'epidemia struggitrice delle vite umane, un incendio, una innondazione, una carestia, tutto il mondo si abbandonasse all'abbattimento, all'inazione, all'inedia.... Il mondo invece passa indifferente, con coraggiosa calma, dinnanzi al piacere ed all'angoscia, dinnanzi alla vita ed alla morte. La Scienza, le Arti, i mestieri, gli Uffici, le Feste, i Teatri, i balli, il travaglio dei campi, i riti, la salute e l'infermità, il bene ed il male, la pace e la guerra, la ricchezza e la miseria, la gioventù e la vecchiaia, la bellezza e la mostruosità, il riso ed il pianto, il lavoro e l'ozio, la virtù ed il vizio, passano vertiginosi, si scontrano, si urtano, si risvegliano, si confondono fra il sonno e la veglia de' mortali. Qua si ride là si muor, dicea un poeta, ed un filosofo scrivea: Chi muore giace e chi vive sì da pace. Questo è il mondo, questa è la vita... La lealtà è vinta dalla ipocrisia. L'ateo ed il religioso credono entrambi di aver ragione. Chi si è arricchito, gode, chi andò in malora, maledice al destino!

La tirannide odia la libertà, e questa, sebben tardi, l'abbatte. Il sanfedista, finge di abborrire il libero pensatore, ma poi in segreto lo apprezza. La lussuria deride il buon costume, ma poi lo invidia.... È una lotta accanita che dura da secoli, ma il mondo cammina sempre. È un continuo, febbrile, fare e disfare. La quaresima succede al carnevale, la quiete all'orgia. La musica, il canto, la danza, succedono ai funebri, e talora ne sono contemporanei.

Lo spettacolo babilonico, allieta, stordisce, spaventa, e soltanto lo stoico, che l'ha compreso, nè è tranquillo.

 

Qual meraviglia pertanto, se otto giorni dopo la infausta nuova, del naufragio toccato ai miseri Cirillo, Jon, Zaira, Alfredo, nessuno più discorreva del fatto? Perfino gli amici ed i conoscenti ne erano già filosoficamente persuasi, per l'egoismo innato della propria pace e conservazione! Ma Alfredo che aveva perduti tre cari amici, ne era inconsolabile, e decise perciò di fuggire dal tumulto delle grandi città, per ritornare alla quiete villereccia, ed all'antica sua modesta dimora. Violetta pure conobbe dai giornali la catastrofe, e sentì in petto una dolcezza arcana quando lesse le parole: Il solo Pittore Blandis è salvo. È abbattuto, ma si spera ristabilirlo in breve nelle sue primiere forze.

 

La sventurata Zaira, nella mattina stessa della imbarcazione, era triste triste, senza conoscerne la vera cagione; era forse presaga della sua prossima fine? Credette perciò d'essere antiveggiante e provvida, nascondendo in seno il suo brevissimo testamento olografo, che diceva: Lascio ogni mio bene mortale al mio caro Alfredo Blandis. Un milioncino all'incirca, senza passività. Il vagheggiato di lei progetto, da qualche tempo, era di sposare Alfredo, ma fino a che, non seppe maritata Violetta, lo serbò in cuore.

 

 

Ma di che farne, diceva sospirando Alfredo, io nacqui e vissi molti anni povero, lavorava per vivere ed era più contento. Il cuore non ha d'uopo di tesori. Il mio buon Cugino, morendo, mi lasciò altri quattro milioni, così io, sarei padrone in complesso di venti milioni. Quando siete ubbriachi, tutti vogliono darvi da bere gratis. Io non so spendere, io non ho le esigenze, le ambizioni di molti, e la ricchezza anzichè rallegrarmi, mi ha mortalmente annoiato.... Darei ogni mia dovizia per la vita dei miei preziosi amici, rapiti da morte precoce e crudele. Darei la mia vita, per essere riamato un'ora sola da Violetta.....

Noi diffatti, abbiamo letto una volta, che «l'oro è un vano tesoro, qual viene se'n va». Non possiamo dirvi l'autore del proverbio, perchè non lo ricordiamo più. Possiamo garantirvi, del resto, che quel proverbio non l'ha fatto un banchiere.....

Ad uno, ad uno, siccome i rami di una vecchia quercia, sparivano i più cari amici di Alfredo. Presto anche le sue sorelle, andranno a Catania, spose a due ricchi industriali, gente onesta e di felicità promettente, per cui fra poco, Alfredo sarà solo al mondo col suo fido Lord appena, che sendo anch'esso già vecchio, potrebbe andarsene all'asilo dei suoi colleghi trapassati..... dove non si mangiano più salami

 

 

 

 




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