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Arturo Bianchi
I ladri della pace

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  • PARTE SECONDA
    • CAPITOLO X.   Altri ladri della pace, anche dopo morte
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CAPITOLO X.

 

Altri ladri della pace, anche dopo morte.

 

I capi ladri della pace, amore, gelosia, ambizione ed invidia, dopo la morte di Alfredo, sono ritornati alla macchia, in agguato per altri passeggieri. Ma rimasero in giro ancora la maldicenza istigata dall'avarizia e dalla ingratitudine. Per queste, anche i morti, non si lasciano tranquilli, in onta al parce defunctis.

 

Già i resti mortali dell'infelice Alfredo riposavano da quarant'otto ore sotto terra all'umido e fra le tenebre, e già i vermi gustavano di quelle esigue carni rimastegli dopo sì lunga anemia. Nemmeno i suoi quindici milioni, cresciuti a venti per recente eredità l'hanno potuto salvare dalla dissoluzione a tutti comune ed imparziale, (ammenochè i cadaveri non siano cremati).

 

«Contro morte crudel ah! che non vale.»

«Nemmen l'Eccelsa dignità Papale.» - 15

 

In paese, come di solito, se ne discorreva quasi più. I poveri erano abbastanza contenti della voce sparsasi di un vistoso lascito a loro favore. Ma il Coadjutore della Parrocchia Don Barnaba Pancetti, soprannomato gomma elastica, a cagione delle sue forme piccole, sferiche e floscie, quantunque d'indole mansueta, non sapea celare il proprio malcontento, avendo udito dai portinai di Alfredo, informatissimi, come, sebbene nel testamento, qualche cosa vi fosse riferibile al suo prediletto oratorio femminile, pure, vi stava la condizione della promiscuità, essendo così, dicevasi, meno facili gli inconvenienti.

In detto testamento infatti era scritto; Che certe segregazioni, sono sospette e peggiori della promiscuità. La moralità accampata da talun fariseo, dilettante di segregazioni privilegiate, putenti di feudalismo, e di costumanze turche, è talora polvere negli occhi agli ingenui. Cristo predicava il suo Vangelo salutare alle turbe nel deserto ascoltato dai maschi e dalle femmine insieme, nè la storia riferisce di immoralità durante quella mescolanza, accorsa ad apprendere il non fare agli altri, quello che non vorreste fosse fatto a voi stessi... La più sicura moralità è quella che emana dall'esempio dei più costumati, e ve ne sono!! Libertà in ogni cosa, quando discreta. La schiavitù, ossia la privazione della libertà, genera il desiderio. L'uomo, creato per la libertà del pensiero e dell'azione, costretto dalla catena, reagisce.

Ed in quel testamento si conchiudeva che tali erano i principii di Alfredo dalla nascita alla morte, continuamente intesi ad abbattere la Bastiglia dell'ipocrisia.

 

Nella farmacia Brichetti, divenutone proprietario con Donna Tullia, per la morte del titolare, riunivansi, quasi ogni giorno a conversazione, come è l'uso dei piccoli Comuni, alcuni loro conoscenti fra i quali il sig. Balena lingua salata, il giovane abatino, magro, vivace, ed il Coadiutore suaccennato. Ed appena fuori dal negozio, stava per caso, un gruppo di artigiani in vacanza, perchè era lunedì. E qui comincia all'interno della farmacia la consueta diffusione delle notizie a sensation della giornata, ed una discussione in dolce-brusco, fra i tre amici sullodati, presenti i coniugi Brichetti, in memoria del seppellito.

Comincia Balena. Il proverbio: sventure, spie e tavola degli osti sono sempre pronte, non sbaglia. Stamattina correva in paese, con insistenza la voce, che il Comm. Aringa siasi ucciso ier l'altro nel teatro di Montecarlo, dopo una grossa perdita al giuoco. Ed io sapeva per vie indirette, come il fu Alfredo, alla vigilia del suicidio di Aringa, e della propria morte, spedisse all'amico senza richiesta di sorta, ma così per sua istintiva filantropia, ed in conseguenza di uno strano presentimento, lire cinquantamila da pagarsi a Nizza marittima, sul Banco Meliards. È stata una vera maledizione, dunque, perchè quella manna, non sarà giunta certamente in tempo, e Aringa, superbo, per antica sua dovizia, delicato, non ha chiesto o non ebbe in tempo l'aiuto. Giuoco e donne. Aringa giuocava troppo, Alfredo amava troppo, ed entrambi sono morti alquanto precocemente. Sempre così, i due estremi si toccano, ma anch'io, miei signori ho il mio estremo, cioè il ventre conico, che mi cagiona non poca noia. Io vorrei che la notizia del suicidio di Aringa fosse una fiaba, ma temo assai, perocchè le brutte nuove, si avverano più spesso delle buone.

E da questo esordio, si passa dai congregati ad altro, in cui comincia Don Barnaba Pancotti, come sopra.

Don Barnaba - Quella buona lana di Alfredo Blandis, e già s'intende parlando come se fosse vivo, portava una deplorevole avversione al matrimonio, mentre da giovanotto poteva ammogliarsi confortevolmente, su ogni rapporto, e da quella sua avversione conseguirono i dispiaceri che lo tradussero a morte precoce... Che ne dicono loro signori?

Balena - Faceva benissimo a pensare così. Anch'io sono rimasto celibe, forse per la mia pesantissima struttura. Conveniamo che un matrimonio felice in giornata, è una quaterna al lotto.

Abatino - Anch'io accedo al parere del Sig. Balena, e così la pensava anche il mio caro nonno: La donna egli diceva, è bensì un prezioso oggetto della Provvidenza, siccome leggesi anche nei Libri dell'antico Testamento.....

Balena - E viceversa.

Abatino - Ma il mio buon nonno le paragonava (mi ricordo come se fosse oggi) alle puledre puro sangue. È difficile domarle, esclamava, e si finisce col restare domati nel fossato. Quel caro vecchio, soggiungeva, che le donne sono le Imperatrici di tutto l'orbe, e quanto non ottengono colla forza, lo ottengono colla malizia. Dunque le donne non sarebbero il sesso debole, come dicono i naturalisti cerimoniosi, ma sibbene il sesso forte.

Don Barnaba - Lei, via, se ne intende un po' troppo della materia. Tanto giovane ed anche Reverendo, dovrebbe, per riserbo, tacere intorno ad argomenti che non sono del suo ministero!

Abatino - Piano, piano, io, relata refero, e non parlo perchè me ne intenda. Giacchè si era in discorso, e stante la loro discrezione, o signori io narrai le cose de' miei vecchi, scordando un istante il mio carattere. Ma chi siamo noi che non possiamo interloquire su certi argomenti siccome fa tutto il mondo?

Balena - Bravo Abatino. Lei mi piace, è sincero, e dice benissimo, rammentandosi forse del contegno della sua Perpetua, emigrata in causa della rispettiva incompatibilità di carattere.

Abatino - Sempre caustico il signor Balena.

Don Barnaba - Lei dovrebbe chiamarsi fortunato, perchè fra pochi giorni andrà parroco nel migliore dei nostri paeselli di montagna. Fortunato, fortunato, sì davvero.... mentre avrebbe potuto incorrere anche.... basta così.

Balena - Anch'io, per esempio, ricordo di avere avuto al servizio un Fattore, disgraziato colla moglie, di cui era geloso. Battibecchi seri ad ogni momento. Lui sgridava, ella graffiavalo. Egli la cacciava di casa, ella poco dopo rientrava dalla porta dell'orto. Un giorno la chiuse sul granaio, ed essa fuggì pei tetti. In somma, una moglie, come il faut. Ed ora che me ne risovvengo quella donna, aveva un altro difetto, per es. quando voleva una cosa, diceva no, quando non la voleva diceva si.

Donna Tullia - Perdonino se interloquisco anch'io, mentre non lo dovrei essendo loro ben poco gentili con noi donne ma Don Barnaba da un certo lato credo abbia ragione quando parla del defunto Signore. Il compianto Alfredo, a cui auguro il Paradiso, o per lo meno il Purgatorio, avrebbe voluto che due amanti, faccessero all'amore a guisa dei gatti sui tetti, con grave disturbo del vicinato. Egli faceva talvolta l'apologia degli amori dell'antichità. Secondo lui, anche Didone, Messalina, Semiramide, Cleopatra, e compagnia bella, erano state donne ammodo. ed in ogni caso, compatibili in forza dei costumi dell'epoca remota, e del clima; ma vi pare? Egli non sapeva tollerare i sensali di matrimonio, necessari sempre e vieppiù se appartengono ai famigliari. Egli voleva l'amore spontaneo, eccelso, l'amore prodotto dalla corrente elettrica, simpatica, senza ambizione od interesse, senza troppa ingerenza dei congiunti. Odiava i matrimoni-contratto. Da qui il torto marcio della buon'anima del fu Sig. Alfredo. Conviene uniformarsi ai tempi! Che ne dici mio Galeno? (Donna Tullia era navigatissima).

Brichetti Galeno il vice-speziale - Sicuramente, a fare siccome i gatti, si potria cadere dal tetto e rompersi l'osso sacro.

Quanto ai Figari, è un mestiere come un altro, talvolta è utile, talvolta frutta bastonate, chi lo fa per ricompensa, chi lo fa ad honorem.

Balena - Bravissimo Bricchetti, anzi Sig. Bricchetti io non la giudicava di tanta esperienza in materia.

Bricchetti - Udite questa, che è caratteristica. Il defunto Alfredo, discorrendo con me in argomento, faceva dell'amore tre categorie, e mi pare, avessero la desinenza in oso. Sicuro ora mi rammento appuntino. L'amore pomposo, l'amore lucroso, l'amore ritroso.

Balena - Benissimo, l'amore per ambizione, l'amore per avarizia e l'amore pudico. Quest'ultimo, lo si ritiene il più santo e durevole, perocchè a forza di stentare nel manifestarlo, non finisce più.

Don Barnaba - Così, quella egregia creatura del fu Sig. Alfredo, colla sua pittura e colla sua poesia, è morto, non vorrei, quale un ateo. Fu con molti larghissimo, non mancò di filantropia, ma nel suo testamento olografo, quindi poco sicuro (?) mi fece delle restrizioni affatto superflue, riguardo al mio oratorio, che assolutamente egli lo volea maschile appena.

Comprendo che io non gli ero troppo simpatico, nè saprei il perchè, mentre qui l'abatino, futuro Parroco, l'aveva in cuore, tanto è vero che legò mille lire alla ex sua governante. Ma Dio l'abbia ugualmente nella sua infinita gloria. E dopo una breve pausa, Don Barnaba, il quale si sentiva probabilmente nel gozzo qualche rimasuglio ripigliava:

- Il Sig. Alfredo in vita sua, era, inoltre assolutamente un'immenso eccentrico!.... Udite.... Trovandomi, io negli ultimi giorni di sua esistenza, in buona relazione con lui, arrischiai proporgli un piccolo Triduo.....

Balena. - O dentro, o fuori, ma in fretta.

Don Barnaba -....onde ottenesse più facilmente la la sua guarigione, e naturalmente aggiunsi che era costume di suonare le campane a distesa. Non lo avessi mai fatto! che, egli, inquieto, mi pregò di rinunziare al progetto, non tanto pel Triduo, sul quale era indifferente, ma pel suono delle campane, le quali egli, diceva, rompono il timpano, ed io amo la musica gentile, quella dell'arpa a mo' d'esempio. Lasciatemi quieto, soggiungeva, almeno in questi ultimi istanti.

Io lo consigliai di altre belle cose, ma lui dichiarò che vi era più tempo che vita. Finirò col dirvi che riportai sempre impressione sinistra a di lui riguardo, ogni qual volta il fu Sig. Alfredo, discorrendo, usava un linguaggio ironico, caustico, quantunque lo colorisse di umorismo. Pareva sempre che colui avesse del fiele da sputare, ed io non ne indovinava la cagione.

A questo punto Balena, che da mezz'ora tratteneva a stento il fiato, dandosi qualche legger pugno sul ventre, scoppiò gridando a tutto polmone: È una malignità, una calunnia!!... Sarà stato uno de' suoi soliti miti lamenti, specialmente negli ultimi giorni di sua vita. Un sistema innocuo, consentito dalle sue sventure, antiche e recenti. Sarà stata la naturale reazione degli individui sinceri, di cuore, d'ingegno, per vedersi maltrattati più d'una volta ed in diverse tristi maniere, dal destino. Anche Gesù morendo, si lagnò di essere abbandonato dal suo Divin Padre.

Il disgraziato Alfredo, intanto, non ha recato danno ad alcuno. Ha fatto del bene; nè del suo oro fece cattivo uso. La sua vendetta fu quella soltanto di obliare.

Quasi un'ingenuo, non seppe piegarsi alla odierna «inferma etade»16. Ha tentato di correggere l'altrui mala fede, ma indarno. Così, con quella sua non comune franchezza, si è creati nemici ed ingrati, e sopratutto invidiosi. E voi Don Barnaba, non ricordate, si vede benissimo, delle due bisaccie di Socrate. In quella davanti noi teniamo i difetti altrui, in quella di dietro, i nostri, e Balena eccitato continuò:

Alla fin fine io credo che il fu Blandis, ad onta dei suoi difetti, fosse un uomo giusto, siccome il Cristo che egli spesso additava agli amici. Ed è inoltre probabile che egli conoscesse, in vita, parecchi de' proprii difetti. Nosce te ipsum, dei quali talvolta, in società, non faceva mistero!... Che ne dite caro Don Barnaba?

Allora, stupito finalmente, il buon Reverendo, per la inaspettata dottrina dell'incolto agricoltore Balena, chiuse la sua valvola della maldicenza, e si turò il naso con mezz'oncia di Caradà grosso.

Tutti quei conferenzieri escirono una buona volta dalla farmacia, permettendo così ai beati coniugi Brichetti una più attenta confezione delle polveri del Dower, efficaci tanto agli uomini che alle bestie.

Se non chè, il gruppo di operai in vacanza, come sopra, avendo tutto ascoltato, si permise di fischiare sonoramente il già mortificato Don Gomma elastica.

E il povero Alfredo che non è più fra i vivi? Tutti, meno Balena, contro di lui, anche dopo morto, mentre è di prammatica, che ogni defunto, sia stato invariabilmente ricolmo di tutte le virtù.

 

 

 

 




15 Questo distico è scritto sulla Cappelletta dei morti, lungo la via per Fosio (Sarnico).



16 Ferrari - La Satira e Parini.

 

I MARTELLIANI di Paolo Ferrari

La Satira e Parini - Commedia.

 

.............. La Satira cos'è

È un istinto invincibile ch'ogni coscienza invade

D'aborrimento ai guasti usi d'inferma etade,

Se questo istinto è in alma cui la virtù non frena,

Che affetta essa pur sia dalla comun cancrena,

Ecco la turpe satira, verme vil che si pasce

D'altri vermi, e dilata la cancrena ond'ei nasce:

Se invece è in alma nobile, ecco allora l'urbana

Satira, eroico caustico, che abbrucia ma risana

Quello d'invidia e d'ozio nacque, prole bastarda,

Quanto l'ozio e l'invidia neghittosa e codarda:

Questa operosa e ardita in lealtà somiglia

La virtude e lo studio, ond'ella è ingenua figlia;

Come i bastardi quella nome non porta, e come

D'un delatore il figlio, nasconde il proprio nome;

Secura e altera questa; sprezza le insidie e l'onte,

Chè d'un padre onorato mostrar può il nome in fronte;

L'una è sempre l'infido pugnal del traditore,

Cade, e del suo padrone divien l'accusatore;

L'altra è spada impugnata in legittima gara,

Che altrui porta i suoi colpi e i colpi altrui ripara:

Quella nessun corregge, perchè offende sol uno;

Questa ammaestra tutti perchè non guarda alcuno:

Là fu tema il vizioso, qui la virtude è il tema;

Là morirà un libello, qui resterà un poema!






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