Eoliamente
vibrano tra i lauri
L'arpe
invisibili.
Scalpitando galoppano i Centauri
Dalla Tessaglia
profughi.
Vibrano l'arpe come cuori ed anime
Di verginelle
Impaurite,
nelle bronzee tenebre
Senza pace di
stelle.
E i Centauri
galoppano, fuggente
Ruina, all'erebo
Dove Alcide li
spinge onnipotente,
Negli abissi di Calcide.
Alto, lungo
clamor, urli di spasimo
E di terrore:
Ei c'insegue,
c'insegue! Ercole! Ercole!
Ercole
vincitore!
Quadrupetanti spezzano le pietre
L'ugne e si spezzano,
Nel scintillìo pestando archi e faretre
Delle percosse silici.
Rendi a lui,
rendi a lui, Nesso, l'adultera
Sua Deianira!
Tu, rapitore,
le innocenti vittime
Non puoi salvar
dall'ira?
Ansano i petti,
le pupille accese
Par che
saettino,
Flagellate dai
rami e al ciel protese
Larghe le
braccia implorano
Come di donne
trascinate ai tumuli
Dell'ecatombe.
Indarno,
indarno! il fato inesorabile
Sovra i
fuggiaschi incombe.
E i fuggiaschi
galoppano. Morente
Un d'essi incespica,
Passano gli
altri, sotto l'ugna ardente
Calpestando il
cadavere.
Dove, o
infelici? Tra gli scogli, prossime
Fremono l'onde
Del gorgo Eubeo - Alcide incalza - agli ibridi
Il tenor le nasconde.
Non ha per voi Cibele antri e caverne
Nelle sue
viscere?
Non han rifugi sulle cime eterne
Le montagne
dell'Attica?
Alto, immenso
clamor :Ercole! Ercole
Giunge, ci
afferra!...
Unico scampo,
il mar apra i suoi vortici
Poichè iniqua e la terra.
E dalla rupe
negli abissi il branco
Cieco precipita,
Dall'irte, punte
lacerato il fianco,
Come mandra di
pecore.
In vista di Negroponte.
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