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Gaspare Invrea (alias Remigio Zena)
Le Pellegrine

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  • L'IDUMEA
    • DOGÀLI
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DOGÀLI

 

Stendi, Croce invincibile,

Stendi le eterne braccia,

E all'ombra tua le ceneri

Dei gloriosi dormano.

 

Da questo colle, vigile,

Alla tribù selvaggia

Tu, non placata, asseveri

Che i nostri morti tornano.

 

Crescon di sangue vivide

Sotto i tuoi piè l'euforbie,

Vengon fin qui di Niobe

A supplicarti i gemiti;

 

Il ciel, fugata l'iride,

Non ha misericordie;

Urlano i venti: etiope,

Rendici i primogeniti.

 

Lungi i fratelli acclamano

Nella materna Italia,

Sul bronzo i nomi incidono,

Danno corone e carmini;

 

All'universo imparano

La perfida battaglia,

Alta vendetta scrivono,

Gridano: osanna ai martiri!

 

Ma qui — dove in un turbine

Passò come meteora

L'angiol dell'esterminio

O bagnata di lagrime

 

Palma del vinto, fulmine

Del vincitor, l'aureola

Non chiedon del martirio

Le porporate anime.

 

Qui dove il vento agita

L'orfane ossa, vengono

Sull'espiata roccia

ad altro sangue anelano;

 

Oranti, nella tragica

Notte, ai tuoi piedi attendono

Sull'uccisor la pioggia

Del tuo perdono e sperano.

 

O Croce beatissima,

Sull'arsa terra d'Africa

Discenda il refrigerio

Da questo novo Golgota.

 

Tu le tenebre dissipa,

Fuga l'iniqua raffica,

E se imminente è il prelio,

Sulla bandiera sfolgora.




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