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Gaspare Invrea (alias Remigio Zena) Le Pellegrine IntraText CT - Lettura del testo |
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IL CAMPO ABISSINO
Ogni sera si facevano esperimenti di luce elettrica omandavano atterriti:questi italiani hanno il sole anche di notte? Rapporto del Capitano ***
Vien Re Giovanni Con Ras Alula Nella pianura Di Saberguma.
Fanti e cavalli Scendono a mandre, Giunge, si spande La rea falange.
Al sol che infoca, Prepara e arrota Sciabole e lance;
Coi rombi truci Degli archibugi Presi all'Italia,
Saluta l'alba Della battaglia. — Chi è che salva Farà l'Italia?—
Guarda in cagnesco Le nostre scolte, Urla: assai presto Da noi la morte,
Forse domani Altro Dogàli!
Forse domani Di vostre navi Vedremo i fari,
Vedrem le fiamme Sulle capanne, Massaua in fiamme, Massaua in fiamme!
E nel delirio Dell'esterminio Danza, subissa, Scivola, guizza.
In aria ondeggiano Lembi di sciamma, Scoccano, frecciano Sguardi vampirei, Ragli fulminei Di scimitarra.
Guarda Giovanni Con Ras Alula I suoi ramarri Nella pianura,
Guarda ed approva L'occhio di falco: A quando l'ora Di dar l'assalto?
*
In larghi cerchi Le donne cantano, E non si stancano Nei loro esperti Gorgheggi e trilli.
Cantano gli inni Del Re, la serie Di lunghe nenie Funebri, bieche,
E in quel si godono Metro monotono, Irrequiete Notturne saghe.
Altre, briache Di tègg, esultano Danzando in coro, Girano, s'urtano, Pestano il suolo,
Insiem si avvolgono, Cadono, sorgono, E nell'audacia Della selvaggia Ira malvagia,
Come baccanti Levan le braccia, Ed imprecando Sprizzano lampi Dagli occhi strambi.
Altre frattanto Sedute in giro, Batton con impari Colpi sui timpani Tetro motivo.
Ma Re Giovanni Con Ras Alula Questi bizzarri Ludi non cura
Par che non muova L'occhio di falco: A quando l'ora Di dar l'assalto?
*
È notte. Ardono Nel campo i lumi, Fino alle nubi Le fìamme salgono Di mille roghi.
Stridono i fochi Presso le tende, Il campo è ardente Come una bolgia.
Negli ignei crepiti Sempre più i fremiti Senton dell'orgia Le turbe amariche.
Nelle sataniche Luci del sabba, Sotto la fiamma D'immensa torcia Divampa l'orgia,
Freme la ridda D'uomini e donne Nella marmitta Di Belfegorre,
E più infernale Squilla l'orchestra Le sue fanfare.
Per la liturgica Orrenda festa Dai sotterranei Regni tartarei Belial rigurgita Nuova Babele D'anime nere,
Oscene Psilli Dai nudi femori, Satiri, demoni, Befane, Erinni.
*
Ma qual prodigio, Quale artificio Lassù riverbera Altro bagliore, E in cielo sperpera I rai del sole?
Di lume turgido, Un globo fulgido Dai monti irradia.... — È il sole? è il sole?
Così l'Italia Nel tenebrore Delle sue notti, Accende il sole?
Feriti gli occhi Dai fasci candidi, Son mute e tremano Le ciurme d'ebano.
L'argentea torcia I fochi languidi Spegne dell'orgia,
Fanti, cavalli Corrono in fuga Nella pianura Di Saberguma.
E Re Giovanni Grida ad Alula Con voce bieca: Falso profeta, Perchè mi sgarri?
Ben altro, ieri Mi promettevi; Son questi i cani Vinti a Dogàli?
E si rifugia Nel padiglione Che il dardo abbrucia Del nostro sole. |
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