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Gaspare Invrea (alias Remigio Zena) Le Pellegrine IntraText CT - Lettura del testo |
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CITERA
Dimmi tu, Venere: quando Son discese a queste rive Le galanti comitive
Che partirono, invocando Te regina, te divina, Sulla nave pellegrina,
Un mattin di primavera, Imbarcate da Watteau Fra le ariette e fra i rondò,
Alla volta di Citera?
Ben rammento: sui pennoni Orifiamme e banderuole Sventolanti in faccia al sole;
Rose e mammole a festoni, Un giardin d'aerea flora Verso poppa e verso prora;
E dei zeffiri al sospiro Pronta l'ala gloriosa, Ala immensa, immensa rosa
Sovra l'acque di zaffiro.
Ben rammento: variopinte Brigatelle audaci e liete, Cui rideva sulle sete
La letizia delle tinte, La gioconda varietà Di farsetti e falbalà;
Pastorelli, pastorelle Della scena e della rima, Emigranti ad altro clima
Senza aver mai visto agnelle.
(Rosalinde, Cidalise Nel capriccio sol costanti, Nemorini e tutti quanti,
Qual capriccio vi conquise? Qual promessa di chimera V'ha imbarcato per Citera?
Bimbe e bimbi, ancora alunni Dell'amor, vi dico questo: Come presto, come presto
Qui galoppano gli autunni!)
Chiedo a te, Venere: quando Son discese alle tue rive Le galanti comitive,
Salutarono esultando Questi monti aridi ed irti, Senza rose e senza mirti?
Qui le danze inghirlandate Hai tu visto e i dolci idilli? Hai udito d'Amarilli
Barcarole e serenate?
Non a te, che sulle calve Roccie stai, perfido spettro, Fra i rottami del tuo scettro,
Non a te dicono salve I nepoti qui rimasti Dei pirati iconoclasti,
E non qui nel tuo squallore Vengon l'anime defunte, Che da te furon congiunte
Nel dittongo dell'amore.
Cerigo |
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