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Gaspare Invrea (alias Remigio Zena)
La bocca del lupo

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  • VIII
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VIII

 

Un'altra croce per la Bricicca: Angela aveva trovato il galante nel garzone del calzolaio di via Assarotti. A forza di vedersi da tanto tempo quand'essa andava a restituire il lavoro in bottega, s'erano intesi, e fin qui niente di male, la Bricicca li avrebbe sposati e arcisposati subito per cominciare a levarsi un fastidio dal cuore; il male era nei parenti di lui che non volevano sentirne parlare. Si capisce, gente d'alto bordo di quella specie, si sarebbero sporcati colla figlia d'una bisagnina, e per lo meno si aspettavano una principessa; i denari per combinazione li avevano lasciati sulla finestra e un buffo di vento se li era portati via, bisognava tirare la carretta da lunedí al sabato, il padre facendo da portiere in uno scagno di Banchi, le figlie lavorando in una fabbrica di coralli, ma tant'è, la figlia di una bisagnina non la volevano.

Il giovane protestava che non era per questo, e che la superbia non c'entrava; tutti i giorni verso sera veniva da Angela e in quei momenti, montandosi la testa, gridava che chi doveva prendere moglie era lui e non suo padre, né sua madre, né le sue sorelle, che li mandava tutti a farsi scrivere, e contenti o non contenti, avrebbe sposato Angela e nessun'altra, però il sacco non si stringeva mai. Non era buono lui a far quello che diceva né a levarsi dissotto alle sue sorelle che gli avevano messo il piede sul collo, e che a San Vincenzo dove stavano, erano conosciute come la fame; bastava dire le Testette, perché tutti parlassero del loro naso e della loro prepotenza.

Il giorno di Pentecoste, che, erano andati tutti insieme a passarlo sui terrapieni, verso la porta di San Bernardino, la Bricicca, la Rapallina, le figlie, i galanti, i mariti, un reggimento insomma, lui sul piú bello, mentre si mangiava e si beveva, non aveva piantato la compagnia, solo perché quelle pettegole ch'erano venute anch'esse con un'altra comitiva, lo guardavano da lontano in cagnesco? I giovinotti, il parrucchiere del Pontetto e perfino il marito della Rapallina che era un polentone buono nient'altro che a fare scatole di cartone, erano stati su per insegnargli il modo di trattare; gli uomini dell'altra comitiva s'erano alzati essi pure, e sarebbe successa Dio sa che strage, se colle buone, pregando e supplicando, le donne non si fossero intromesse.

Dopo questo, chi l'avrebbe piú voluto un salame cosí? Ma Angela gli si era affezionata perché in fondo in fondo era un bravo giovine, di lavoro e senza vizi, pianse per due o tre giorni filati e poi riattaccò di nuovo, la Bricicca non ebbe il coraggio di mostrargli il passo della porta, pensando che in giornata i galanti delle figlie è meglio tenerli che lasciarli andare, e tutto finí con un discorsetto del signor Costante.

Se la Bricicca riusciva a impastarlo il matrimonio d'Angela con Giacomino, una messa per le anime la faceva dire, ché con una figlia di meno alle costole, anche lei avrebbe potuto accomodarsi le ossa con un buon partito. Nella Pece Greca uomini non ne mancavano, che l'avrebbero sposata tutte le mattine che si svegliava, e poi non c'era solo la Pece Greca a Genova per trovare degli uomini, ma lei, se si maritava, voleva maritarsi bene, anche per mettere a posto quelle invidiose che le contavano i bocconi in bocca.

Queste erano parole che avrebbe fatto bene a tenersele nella gola invece di lasciarsele scappare col terzo e col quarto, tanto che nella Pece Greca tutti la mettevano alla berlina, le donne come gli uomini, e lei, per non sapere con chi pigliarsela, se la pigliava col galante di Angela che non era buono neppure a tirarsi su i calzoni.

Una volta che Angela le era tornata a casa piangendo e quasi colle convulsioni perché dalle porte dell'Arco aveva incontrato una delle Testette e sulla strada, davanti a tanta gente le era toccato di sentirsi dire tutti gli improperii, che si possono dire, la Bricicca usci fuori del seminato. Quando verso sera, secondo il solito, capitò colla giacca sulle spalle e la pipa ai denti quel coso bello di Giacomino, appena lo vide in fondo della salita traversò la piazzetta e gli andò incontro come se avesse voluto mangiarselo, gridando forte da far venir fuori il vicinato. Tutto quello che le venne sulla lingua, glielo sputò in faccia: muso da pugni, pancia da vermi, monaca falsa, ché se non fosse stato una monaca falsa, per prima cosa non avrebbe lasciato che quella sporcacciona della Testetta insultasse le figlie oneste che andavano tranquille pel loro cammino. Che uomo era? di cartapesta? perché veniva da Angela a fare il patito, se non era capace di difenderla dalle sue sorelle? Dargliene tante alle sue sorelle che se ne ricordassero per un pezzo prima di mettere il becco negli affari degli altri, invece niente, e in santa pace aspettava che il Padre eterno gli mandasse la manna in bocca; avrebbe finito per mandargli la gragnuola il Padre eterno, ché se lui, Giacomino, credeva di menarle per il naso lei e Angela, si sbagliava di grosso, e Angela ne avrebbe trovato tanti galanti da sotterrarlo!

Ci sarebbe voluto un tappo di natta per farla tacere la Bricicca quand'era in furia, ma Giacomino tappi di natta non ne aveva, e pigliato cosí a tradimento quando meno se lo aspettava, restò in mezzo, sulla riga di mattoni, come una lasagna. Non sapeva nulla lui; perché gli facevano quello scandalo? S'era ammucchiata gente e tutte le finestre erano guernite; la Bricicca, sempre piú scaldata, gridava sempre piú forte, gesticolando e cercando di levarsi d'attorno sua figlia che si affannava per portarla via, e lui, piú giallo d'un limone, voleva rispondere e le parole non gli venivano e non era nemmeno buono a scappare. Tutta la ragione che seppe farsi fu di buttare in terra la pipa, e fracassarla, tirando giù una riga di bestemmie, e allora subito, visto che l'uomo pigliava fuoco, due o tre se lo presero a bracetto e lo levarono di , mentre l'altra seguitava a condirlo per le feste. Quella settimana le donne della Pece Greca giuocarono tutte l'89 che è il numero della donna arrabbiata.

Però, se timido com'era, davanti a tante persone e in mezzo della strada, Giacomino non aveva saputo dire le sue ragioni, appena arrivato a casa dovette fare una di quelle scene che fanno epoca, perché il giorno dopo la Bricicca, tornando colla verdura comprata in piazza, si trovò nei piedi il padre di Giacomo insieme all'altro figlio piú grande, che era stato soldato e freddo agli occhi non ne pativa. Quattro parole in croce e ben dette, senza darle il tempo di rispondere: che essi scandali non ne volevano, che se lei si pensava di mettere su quel minchione contro di loro, se lo levasse pure dalla testa, ché se un'altra volta lo vedevano tornare a casa coi vapori e con delle idee di padronanza, ci mettevano rimedio essi, in cinque minuti, e la padronanza spariva subito, e in quanto a quelli che gli soffiavano nelle orecchie era meglio che soffiassero nei loro stracci per levarci la polvere. L'aveva capita o no che essi ne avevano le tasche piene, e che non si lasciavano imporre né dalle piazzate, né da altro, e che se la figlia voleva dei galanti, era meglio per tutti che se li cercasse da un'altra parte? Dunque basta! E senza aver gridato, dopo il loro discorso, le voltarono le spalle tranquillamente.

La Rapallina gliel'aveva cantato in musica alla Bricicca che quel colpo di testa le avrebbe fatto piú male che bene, il signor Costante pure, e la Bricicca che s'era creduta, alzando la voce, di mettere l'uomo colle spalle al muro e di tirarselo a sé, barba soffia, restò cucinata in regola. Tutto andò a monte; nella Pece Greca Giacomino non si vide piúvivorisorto, e Angela non lo trovò nemmeno piú dal calzolaio dove le dissero che s'era licenziato per cercarsi un altro principale che lo pagasse meglio. Questo fu l'ultimo colpo; ci si vedeva chiaro il maneggio delle Testette, due vere teste d'asino che non si sarebbero rotte manco a batterci sopra con un martello di bronzo, e che col fratello grande dalla loro, un prepotente anche lui, erano riuscite a montare la macchina, a darle fuoco e farla scoppiare.

Cosa aveva da fare Angela, povera creatura? piangere; e la Bricicca? inghiottire amaro e sputar dolce e raccomandarsi per aggiustare la faccenda in qualche modo. Questo è quello che fecero tutte e due, e Angela ne versò tante lagrime che in una settimana era diventata pelle e ossa e pareva un'ombra; non mangiava piú, non sortiva piú, e siccome voleva lavorare lo stesso, dal gran piangere gli occhi le bruciavano appena prendeva l'ago. Tutti suggerivano a sua madre di mandarla al paese a cambiar aria e la Bricicca l'avrebbe spedita senza farsi pregare, ma lei s'era rivoltata fino dal primo momento, colla scusa che a Manassola i nonni non potevano mantenerla avendo già sulle spalle Battistina, e che se andava via non ci restava nessuno per tenere i conti e prendere le giuocate. Una scusa, perché il vero motivo era quello di non lasciare sua madre, che colla fissazione che aveva del matrimonio, sarebbe stata capacissima d'imbarcarsi in qualche brutto pasticcio, appena si fosse girato l'occhio.

Per imbarcarsi, la Bricicca s'imbarcava, questo era sicuro, ché certi sensali dell'agonia le avevano fatto diverse proposte, una peggio dell'altra, e per essere libera e far presto, metteva in moto tutta Genova: dal parroco, dal signor Costante, dalla Rapallina, andava da tutti a pregarli di persuadere i parenti di Giacomino, massime le Testette, ma né il parroco, né gli altri volevano prendersi di queste gatte da legare. Dopo quello che c'era stato, non conveniva mischiarcisi, e una volta il parroco glielo disse chiaro, che lei, alla sua età, avrebbe dovuto aver piú giudizio e levarsi dal capo certi fumi e certe idee bislacche, e capire che quando una famiglia diceva di no, era no. Cosa bella, buona, santa, maritare le figlie e, colla grazia di Dio, maritarle bene, ma quando non si poteva, non si poteva; scappato un giovine, la meglio cosa era di rassegnarsi e aspettare che il Signore ne facesse sortire un altro.

E se quest'altro non fosse sortito? Ecco il punto; e fosse anche sortito, sarebbe stato lo stesso, ché Angela, fuori di Giacomino, non voleva sentir parlare di nessuno. O Giacomino o niente. Senza farsi scorgere, senza spasimare come certe ragazze della Pece Greca che quand'erano innamorate parevano tante gatte, a poco a poco gli si era affezionata a quel bel soggetto e tanto affezionata che piuttosto di pensare a un altro, sarebbe morta. Era fatta cosí, tranquilla, di poche parole, rispettosa, ma fissa come la Lanterna sullo scoglio. Quando la domenica, tornando colla Rapallina da San Cipriano o da Belvedere, Marinetta le raccontava che lassù aveva visto Giacomino in buona compagnia, era una coltellata al cuore che le dava, e sua madre si metteva a sgranare il rosario: che lei nei panni d'Angela avrebbe voluto diventare orba e matta, ma un galante cercarselo subito, anche un lustrascarpe, perché non si potesse dire che non aveva piú trovato un albero da appiccarsi. «L'albero della morte che è il piú forte», rispondeva Angela, «questo lo troverò sempre».

Intanto la ruota girava, e gira, gira, dalle ciliegie eravamo arrivati alle castagne, dalle castagne ai broccoli, e Natale era venuto. Ma che Natale, santa Maria Maddalena benedetta! Un mortorio piuttosto, ché per passarlo allegro e contento come lo passano tutti, c'erano troppi fastidi di cuore e di tasca, troppa bile in corpo.

Già da due mesi, giusto dopo i Santi, la Bardiglia non aveva avuto il coraggio di impiantare anche lei nella Pece Greca un banco di verdura, a due passi dalla Bricicca? Malignità e nient'altro, per la faccenda del seminario che le avevano preso, e nella Pece Greca lo capivano perfino le galline che era malignità vera, perché la Bardiglia di fare la bisagnina se ne intendeva tanto come di fare cappelli da prete e la roba la dava giú, quasi regalata, che pareva presa di contrabbando. A vendere in quel modo finiva per lasciarci l'anima, naturale, ma purché il suo punto andasse avanti, alla perdita non ci badava, e le persone compravano da lei ché ci avevano la loro convenienza, e la Bricicca a guardare colle mani sulle ginocchia e col rodimento interno di vedersi marcire nelle ceste quella poca verdura. Prima, nella Pece Greca non ce n'era nessun'altra come lei per gridare tutto il giorno la mercanzia e chiamar la gente che venisse a comprare, ora teneva la bocca cucita, ché tanto sarebbe stato lo stesso. Cosa volete che gridasse, possiate anche voi farvi santi? un arcibecco che vi spacchi?

E al signor Costante, quando veniva, gli diceva che cosí non poteva durare e che pensasse lui a metterci rimedio, ma il signor Costante, rispondendo sempre di , rimedi non ne trovava mai, sicché la Bricicca era tentata di dar ragione alla Rapallina quando questa pretendeva che quel brutto barbone non coprisse altro che una faccia falsa.

Fino dall'estate, dopo una grande amicizia, la Rapallina e il signor Costante erano diventati cane e gatto, chi diceva per la sorella di lei che era scappata dal marito, chi diceva per lei stessa in persona che, conosciuto il signor Costante, l'aveva quasi rotta col parrucchiere del Pontetto e poi era rimasta burlata, insomma affari scuri, e le cose erano arrivate al punto che essi non si parlavano piú e dietro la schiena si leggevano la vita continuamente. La Bricicca, per non guastarsi con nessuno dei due usava politica, anzi sarebbe stata contenta di accomodarli di nuovo; al signor Costante i suoi torti glieli dava, ma quando la Rapallina veniva a contarle che era questo, che era quello, che metteva Marinetta sul candelliere per farsi col tempo una vigna, non voleva crederle e gridava scandalizzata che era impossibile. — Impossibile!? e gli occhi dove gli aveva la Bricicca? Date da bere al prete ché il chierico ha sete, e il signor Costante beveva lui, domandando pel chierico, e non c'era uno che non avesse mangiato la foglia; bastava interrogare le persone, Angela per la prima. Fortuna che Marinetta teneva colla Rapallina, ché se avesse tenuto con quell'altro, oppure fosse rimasta come sua madre, né di me né di te, addio signori!

Da un Natale all'altro, Marinetta era venuta su come un trionfo. Che avesse solo quattordici anni appena compiti, nessuno voleva crederlo; bianca e rossa, piuttosto grassotta, se non era ancora del tutto quello che si dice una donna da marito, cominciava a dare nell'occhio e vicino a lei che era una mela granata, Angela pareva una castagna secca. I signori delle Strade Nuove e dei Ferri della Posta, vedendola passare, Marinetta, piena di salute, pulita, colla sua veletta aggiustata bene in testa e la frangetta di capelli incollata sul fronte, si mettevano a fare da merli, zt, zt, voltandosi a guardarla dopo che era passata, e se avesse dovuto rispondere a tutti i complimenti che sentiva, sarebbe stata fresca. Nella Pece Greca si vedeva di rado perché da un certo tempo aveva messo giudizio e capito che il meglio era di profittare della sua arte, ma quando compariva, i giovinotti trovavano subito un pretesto per parlarle, e la domenica, mentre giuocavano alla palla nella strada, qualche burletta gliela dicevano volentieri, e lei alla burletta ci stava, e i maligni, ché dei maligni ce n'è sempre, s'erano sognati che ci fossero già dei mezzi innamoramenti per l'aria, sicché il signor Costante veniva dalla Bricicca, invetrato e coll'anima inversa.

Si poteva sapere cosa le aveva fatto lui a Marinetta, che lo schivava come le pistole corte? lui, va bene, aveva promesso di occuparsene e di tirarla su, ma se ora che era venuto il momento buono, non gliela lasciavano produrre, se non poteva mostrarla a quelle persone di riguardo che l'avrebbero messa alla luce del mondo, tanto valeva grattarsi le ginocchia per farne della polvere da schioppo. Lo pigliavano a calci, ecco il pagamento, dopo tutto quello che aveva fatto per pura carità! Volere o non volere, il lotto alla Bricicca gliel'aveva impiantato lui, e senza contare i regali, perché alla roba regalata ci pensava come alla sua prima camicia, se Marinetta aveva potuto prendere la comunione, lui c'era entrato per qualche cosa. C'era entrato o non c'era entrato? E siccome la Bricicca, sulle spine, cercava di persuaderlo e di scusare Marinetta, il signor Costante Marinetta la compativa, sapeva benissimo che essa girava come volevano che girasse e che sotto c'era la zampa del gatto, ma allora il meglio era di sposarla subito col primo rompicollo, giacché cominciava a fare il bocchino con tutti, o spedirla a Manassola, da Battistina, cosí tutto era finito. E lui se ne lavava le mani, ché in fondo chi ci perdeva erano gli altri, non lui; però se lo toccavano nel punto debole, anima di legno! al gatto gli tagliava la coda senza tanti discorsi; e gli levava anche la pelliccia per farsene una berretta!

L'imbroglio era che la Bricicca doveva tenerselo caro il signor Costante e dargli delle buone parole, per via del seminario; se gli saltava di pigliarglielo, lei era una donna persa, ché quell'inverno, delle giuocate se ne facevano molte, e raspare, poco o tanto si raspava. Tutto il venerdì e gran parte del sabato fino ad un'ora o alle due dopo il mezzogiorno, veniva gente col terno, coll'ambo, coll'estratto, e Angela che annotava i numeri, il suo da fare ce l'aveva; dippiú bisognava stare bene attenti, ché se per combinazione fosse passata una guardia o una spia, Dio liberi. Il sabato sera il signor Costante ritirava note e denari per portarli al principale, il lunedì mattina tornava col denaro delle vincite, ma era già successo diverse volte che certe vincite non aveva voluto pagarle, colla scusa che i numeri erano stati annotati male, e la Bricicca per non fare scandali e pubblicità, aveva dovuto mettersi le mani in tasca e sborsare del suo. Il signor Costante era al coperto, gettava tutto sulle spalle del principale, però si sapeva che pei pagamenti piccoli aveva carta bianca, e il principale, sebbene nessuno lo conoscesse, per sentir dire era una bravissima persona, ricco come il mare, che a Genova e in riviera aveva piú di cinquanta donne che tenevano il giuoco per conto suo, e non si abbassava a rubare ai poveri quei pochi franchi guadagnati.

 

 




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