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Gaspare Invrea (alias Remigio Zena) La bocca del lupo IntraText CT - Lettura del testo |
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C'era di buono che Pellegra entrava da un liquorista e i dispiaceri li scrollava come le pulci. D'inverno perché aveva freddo, d'estate perché aveva caldo, il mattino per mettersi qualche cosa nello stomaco vuoto, la sera per digerire quel poco, un bicchierino di acquavite ci stava sempre, e tra lei e suo marito che il petrolio l'aveva in cima di casa anche lui, si condivano per le feste. Se uno era Cicchetta, l'altro era il mio cuore, uno non faceva torto all'altro, tanti ne venivano tanti se ne andavano, e avanti la fame, ché per la sete ci pensavano essi. La signora della Misericordia doveva avere il naso tappato perché non s'era mai accorta di niente, ma gli altri il vizio di Pellegra lo sentivano un miglio da lontano, e quando lei si raccomandava ai benefattori colla sua aria di santificetur non me ne imbarazzo, e prometteva che avrebbe sentito una messa pei loro morti, ce n'era di quelli che glielo dicevano sulla faccia, che lei messe non aveva bisogno di sentirne perché ne celebrava piú di venti al giorno. Basta, lí dai quattro canti di Portoria, uscendo dal liquorista, vide fermo, sotto un lampione, il signor Costante che studiava a memoria il bollettino delle otto ruote, fresco, fresco. Si misero a discorrere: se era buona a star zitta, a non parlarne con nessuno, veramente con nessuno, lui le diceva una cosa: voleva sapere da chi se l'era presa la coltellata, Giacomo? dal Parrucchiere del Pontetto, l'amico della Rapallina. Il signor Costante lo sapeva in modo positivo e sapeva anche che la questione era venuta giusto per la Rapallina. Le sue informazioni non sbagliavano mai, il Costante parlava poco, ma parlava bene, e quando diceva una cosa, era lo stesso come se l'avesse detta la Gazzetta Ufficiale. Francamente, la Rapallina coi suoi annetti sulle spalle, una bella figura non ce la faceva, e invece di andare a ballare e di dar la corda ai figli di famiglia, come Giacomo, che avevano ancora il latte in bocca, avrebbe dovuto chiudere l'armadio e portare la chiave al Municipio per levarsi le tentazioni. Era uno scandalo; il marito, mezzo scemo, non vedeva niente, non capiva niente fuori delle sue scatole di cartone e stava delle settimane intiere senza sortire di casa, lei e il parrucchiere si attaccavano e si distaccavano tutti i momenti come le mosche di Milano, e fin qui dovevano pensarci essi, ma arrivare al punto di mettere le budella in mano a un povero giovine che non sapeva neppure se il pane gli facesse bene, passava i limiti; a che giuoco si giuocava, Cristoforo!? Colla bocca aperta, Pellegra stava a sentire il signor Costante e gli dava tutte le ragioni del mondo, e camminando insieme su per Ponticello voleva tirargli fuori da chi le aveva sapute queste cose, ma il signor Costante faceva il prezioso e tornava a battere sulla Rapallina. Era contento che fosse andata cosí; la Bricicca avrebbe visto chi era il vero amico, essa che si lasciava mettere su contro di lui dopo i servizi che le aveva reso, e l'avrebbe visto da lí a pochi giorni quando fosse riuscito con dei buoni argomenti, solidi e persuasivi, a levare lo scoglio delle Testette. L'amica sarà stata la Rapallina, nevvero, vecchia come il cucco, che cercava i bocconi teneri, impipandosi prima del marito, che da un occhio non ci vedeva e dall'altro era guercio, e uccidendo a tradimento una povera creatura mezza tisica? Meglio aver da fare con dei galeotti, ché i galeotti almeno si sa che sono galeotti e le persone oneste stanno sul guardavoi! Gli faceva piacere al signor Costante d'avere incontrato Pellegra, per potersi un poco sfogare. All'ultimo degli ultimi, gli scappava la pazienza! Lui insomma aiutava tutti senza far figli e figliastri e Pellegra era testimonio che in tasca non gli veniva un soldo. — Voleva mettersi un po' di caldo nello stomaco, Pellegra? Senza complimenti, un bicchierino, colla tramontana fredda che soffiava, non poteva rifiutarlo. Brava donna, Pellegra; si conoscevano da antico, lei capiva subito le cose, lui aveva il cuore in mano — lo dicevano tutti e lo diceva anche lui perché era la verità — e sarebbero andati insieme d'amore e d'accordo; una donna che le si potevano fare delle confidenze, senza paura di essere compromessi. Quanti anni aveva Carlotta? bella ragazza; peccato che fosse un po'... con un occhio che guardava dalla parte di levante, e peccato che alla sua età non guadagnasse ancora quasi niente; bisognava metterla come cameriera in qualche casa grossa, con un buon salario, e se ne incaricava lui. Che ringraziamenti d'Egitto! Se ne incaricava e basta; parola del Costante, parola di re. Il giorno dopo, nella Pece Greca fino i gatti sapevano che il parrucchiere aveva dato una coltellata al galante d'Angela per causa della Rapallina. Questo non era vero; la coltellata sí, perché trovandosi sulla festa da ballo, tanto l'uno come l'altro avevano bevuto come spugne e s'erano messi a litigare per uno straccio di serva che faceva l'occhietto a tutti e due, ma la Rapallina c'entrava come lo sbirro a goffo, ché al ballo c'era stata cinque minuti e Giacomino non l'aveva nemmeno visto, e della baruffa sapeva solo quel poco che le aveva detto il parrucchiere la mattina del sabato contando le cose differentemente da come erano successe, sicché quando le portarono la notizia che l'amico era stato impacchettato per Sant'Andrea, fu la prima a cascare dalle nuvole. Il colpo piú secco toccò alla Bricicca e quello che è peggio, ad Angela, che col suo male non avrebbe avuto bisogno d'altre scosse, appena intesero da Pellegra il come e il perché della coltellata. La Bricicca saltò addirittura fuori della grazia di Dio, e se non fosse stato per la figlia che era lí piú morta che viva, le avrebbe dato lei alla Rapallina la medaglia di ghisa e la patente che si meritava. Lasciamo andare Giacomo che era un asino calzato e vestito e il suo castigo l'aveva avuto, ma la Rapallina, piú vecchia del cane di San Rocco, dopo tanta amicizia e tante belle parole, dopo che lei, Bricicca, le aveva messo la casa in spalla e se ne fidava piú che d'una sorella, farle un tiro cosí nero? Non c'era giustizia al mondo, ché se ci fosse stata giustizia, per una infamità di quel genere ci sarebbe voluto la forca piantata in mezzo della piazza di San Domenico, perché tutti quanti potessero assistere all'operazione! E non serviva a niente che la Rapallina, rossa come una cresta di gallo, protestasse che quello che si diceva nella Pece Greca sul suo conto era un'invenzione chi sa di chi, messa in giro per farle perdere il credito, e giurasse che voleva morire senza sacramenti se c'era tanto cosí di vero; aveva ancora il coraggio di negare il pasto all'oste col maccherone sulla lingua? Non lo perdeva piú di sicuro il credito né dentro della Pece Greca, né fuori, ché l'aveva già perso da cinquant'anni e non si ricordava nemmeno piú come fosse fatto! Quella domenica, di andare all'ospedale a trovar Giacomino non se ne parlò; Angela era troppo senza forze e capí anche lei che non sarebbe stata in caso di mettere le gambe fuori del letto. Prima di sera venne il signor Costante, tutto allegro: aveva visto Giacomino, aveva, parlato col medico di guardia, colla monaca della sala, perfino colle Testette, e le cose marciavano sul velluto; una bella ferita nel collo, non sul braccio come aveva detto la Rapallina, proprio nel collo, sotto l'orecchia, anzi mezzo dito piú in su o piú in giú, non si ricordava bene, e felicissima notte, ma per fortuna i medici erano riusciti a stagnare il sangue, e siccome il taglio era piú largo che profondo, in quindici o venti giorni all'incirca si sarebbe chiuso, e Giacomino, fasciato stretto che pareva un bambino da latte, se lo pigliava in ridere. Se rideva lui che c'entrava piú di tutti, gli altri dovevano piangere, caramba? A proposito delle Testette, il signor Costante che gli piacevano le cose alla svelta, era entrato subito in argomento e aveva cominciato a cacciar là qualche parola, anche in presenza del fratello piú grande; alla prima botta, si sa, esse avevano fatto come il riccio che si ristringe e non mostra altro che le punte, ma non erano mica cosí intrattabili come si diceva, il fratello grande neppure, e con una corda di pasta reale si sarebbero lasciate tirare fino in California. Lui ne aveva tirato delle peggio. Purché non ci si mischiasse la Rapallina! Ma la Rapallina, dopo la Savoia che l'era toccata, non ci si mischiava e doveva starsene nella cuccia e pensare ai casi suoi e battersi lo stomaco con un mattone: oh mio caro e buon Gesù, non vi posso offender piú. — Ora si pensava ad Angela, poi si sarebbe pensato a Marinetta per metterla in grado di profittare del suo talento e del suo personale, e se prima lui non avesse avuto le braccia legate, già da un pezzo l'avrebbero vista, non si dice con carrozza e cavalli perché lui fin lí non ci arrivava, ma in posizione di farsi onore e di non aver bisogno di nessuno. Dopo questo, aiutato da Pellegra, il signor Costante era salito di nuovo di due metri nella stima della Bricicca, però Marinetta che se l'intendeva sempre colla Rapallina, seguitava a non poterlo soffrire e ora meno che mai, e una sera che lui le offerse di portarla con Pellegra e Carlotta al Carlo Felice a vedere il Ruy-Blas, sua madre e Pellegra e Angela stessa dovettero pregarla come un santo perché si decidesse. Quando ci fu al teatro, non avrebbe piú voluto andar via, si capisce, ma la soddisfazione di dire che era contenta, al signor Costante non gliela diede e lassù dal pollaio guardava fissa il palcoscenico, oppure le signore dei palchetti, com'erano pettinate e che vestiti avevano, senza aprire mai bocca né alle meraviglie di Carlotta che andava in estasi, né alle barzellette del signor Costante che spiegava l'opera e faceva ridere i vicini alle spalle di Pellegra carica di sonno. Pellegra era fatta cosí, bastava che sentisse cantare per restare cotta e tanto erano le litanie come la piú bella opera del mondo, che anzi all'opera non ci capiva quel che si dice niente. Dopo il primo atto il signor Costante sparí e non tornò che in tempo del ballo, un ballo con un nome strano, dove certi momenti fra uomini e donne ci saranno state in scena, a dir poco, piú di mille persone. A Pellegra il sonno le era passato per incanto; di balli ne aveva visto un subisso nei primi anni che era maritata, quando suo marito alzava il telone al Doria, e le sembravano tutti eguali, anzi preferiva i giunchi dei cavalli, ma questo era un ballo speciale che a guardarlo ci si sarebbe stati anche morti. C'era di tutte le bellezze: una fontana d'acqua vera che saltava su all'improvviso in mezzo di un giardino, e reggimenti di soldati colle bandiere, che non finivano piú, e la prima ballerina che usciva dall'acqua senza bagnarsi e tutte le statue di marmo del giardino le faceva diventare donne vive, di carne come noi, e una torre che bruciava proprio sul serio e si vedevano i pezzi di legno infuocato che si distaccavano, e il mare in burrasca con un gran bastimento dove s'era imbarcata la figlia del re vestita da turca, e le ballerine colle ali come le farfalle, e la prima ballerina in cima della torre, che se ne stava ferma lassù colle braccia larghe, col fuoco da tutte le parti. — Marinetta si sentiva male al cuore e una grande malinconia addosso, ché anche lei, se le cose fossero andate alla maniera che dovevano andare, avrebbe potuto essere là, vestita di rosso o di bianco o di giallo, coi fiori in testa, come tutte quelle ballerine che sgambettavano allegramente. Quello che le piaceva di piú era quando di riga venivano avanti tutte insieme dandosi la mano, dondolandosi come se fossero state in barca, e alzavano a tempo la gamba come per misurare un calcio al pubblico. Colla loro faccia di letizia, le pareva impossibile che dovessero fare la vita disgraziata che si diceva; che gran disgrazia andare tutte le sere al teatro, mettersi le maglie e ballare e divertirsi? E stava attenta tenendo il respiro, e invece di rispondere a Carlotta, che era sempre lí con dei gridi e con delle domande senza sugo a tirarla per la manica, cercava di distinguere la ballerina sua amica, ma in mezzo a tante non poteva pescarla e tutte le parevano quella, poi nessuna, e diceva piano a Pellegra che si facesse dare il cannocchiale dal signor Costante, ché lei non voleva domandarglielo. Il signor Costante esse l'avevano alle spalle, ma troppo lontano per potergli parlare, e se ne stava in piedi dietro le panche, appoggiato al muro, a discorrere con un signore. Pareva che lo facesse apposta; ogni poco Marinetta, che al cannocchiale ci teneva, girava la testa e lui fermo, e tutte le volte ecco che il signore che era con lui la fissava come se avesse voluto impararla a memoria, tanto che Pellegra e perfino Carlotta se ne accorsero. Avrebbero pagato due soldi per sapere chi era quel signore e perché era venuto in compagnia del signor Costante; laggiù in fondo, quasi nell'ombra e senza godere il ballo, si capiva che non voleva affacciarsi per non essere visto in pollaio colla canaglia, e un nobile lo era certo o almeno una persona di rispetto, coi guanti, il cilindro in mano e il cappotto nero tutto abbottonato che gli pareva cucito alla pelle, però le bellezze le aveva solo nella scorza, ché una faccia piú gialla e piú antipatica era impossibile trovarla, con quattro peli rossicci di qua e di là sotto le orecchie e la testa quasi pelata. Aveva i fanali sul naso e se li levava per pulire i vetri col fazzoletto, ma coi fanali o senza, gli occhi li teneva sempre piantati su Marinetta, che all'ultimo non poté tenersi e glielo disse a Pellegra; cos'aveva quel brutto beccamorto da guardarla tanto? E Pellegra, donna furba che sentiva l'erba nascere, non seppe nemmeno lei che risposta darle, quantunque fosse già stata avvisata a quattr'occhi in bella maniera, di non mettere i bastoni nelle ruote, anzi procurare di levarli, ché non ci avrebbe avuto niente da perdere. Tornando a casa, Marinetta l'aveva ancora col beccamorto, e il signor Costante perdette la pazienza. Voleva finirla? un beccamorto che lei si sarebbe leccata le dita, cinque e cinque dieci, se si fosse degnato di beccarla, un signore di quelli che ai denari ci davano dei calci e non era né conte né marchese, ma tutti i marchesi di Genova e i loro palazzi se li faceva passare sotto gamba; e niente superbo, alla mano come un fanciullo, sempre pronto ad aiutare i poveri, i poveri veri, s'intende. Un po' paolotto, questo sí, ma senza mischiarsi se gli altri andavano a messa o non ci andavano, se erano cattolici o protestanti o ebrei, e se tutti i paolotti fossero stati come lui, c'era da augurarsi che al mondo non comandassero piú che essi. — Questi elogi il signor Costante da quella sera si mise a ripeterli con molta prosopopea, aiutato da Pellegra che gli faceva il contrabbasso: Marinetta e sua madre avrebbero dovuto parlarne con rispetto di quel signore e baciare in terra dove posava i piedi, che se sapevano prenderlo pel suo verso era disposto a sborsare una somma pel matrimonio d'Angela e poi a far del bene anche agli altri che restavano in casa. Precisamente il giorno dopo, Marinetta pettinando la sua ballerina, scoprí quel brutto scimmione in un ritratto che aveva sempre visto senza farne caso, piantato insieme agli altri nella cornice dello specchio tra il legno e il cristallo. La ballerina, che era in relazione con tanti signori per averli conosciuti al teatro o in qualche casa particolare, conosceva pure questo qui del ritratto, e incamminato il discorso, Marinetta ne intese una nuova: ch'egli pativa d'un certo male, quello che si chiama mal caduco, e l'aveva nel sangue da non poter piú guarire, e quando gli pigliava, cadeva lungo e disteso, colla bava alla bocca, urlando come una bestia e mordendo le persone che volevano aiutarlo; roba da far venire i capelli dritti, e la ballerina una volta ci si era trovata presente, proprio nella stanza, e se non avesse fatto presto a ritirarsi, coi denti le avrebbe portato via una mano, e un'altra volta le aveva messo tanta paura in corpo ch'era rimasta senza fiato per piú di quindici giorni, colla tremarella d'essersi presa anche lei quel male birbante, che è un male birbante che si attacca solo di vederlo. A queste notizie, Marinetta si sentí venir freddo, e siccome da allora in poi non era piú padrona di mettere il naso fuori senza che quel signore se lo trovasse davanti a ogni canto di strada, certe volte col signor Costante, certe volte solo, che la guardava fissa con due occhi che fulminavano come la sera del teatro, appena lo vedeva da lontano scappava colle gambe in spalla, tremando che gli saltasse il capriccio di correrle dietro per darle la caccia. Era una persecuzione! No, no, lei certi spettacoli non voleva vederli; il signor Costante e Pellegra avevano bel mostrarle il diavolo nell'ampolletta, lei non ci si lasciava pigliare, e al signor Costante, dopo un pezzo che durava quella sinfonia, finí per cantargli chiaro una ragione che le aveva insegnato la Rapallina: che della sua pelle era padrona lei e alla sua pelle ci teneva piú che alle vignette degli altri; se capiva, bene; se non capiva, andasse a farselo spiegare dal vescovo Magnasco!
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