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Gaspare Invrea (alias Remigio Zena)
La bocca del lupo

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  • XVIII
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XVIII

 

Pigliarla a legnate e assassinarla, erano esagerazioni, ma una buona dose di prepotenza le Testette l'avevano. Pel comodo loro bisognava che tutte le mattine Angela si partisse dalla Pece Greca e andasse fino a San Vincenzo, rimpetto al Manicomio, dove stavano di casa, e facesse da infermiera alla sua futura suocera; così essa, ipotecata nel giorno, non poteva piú guadagnarsi un centesimolavorare in quella poca sua biancheria nuovaannotare le giocate del lotto, che la Bricicca il sabato veniva matta a cercarsi un segretario. Non basta: col pretesto di non gettare i denari dalla finestra, non avevano voluto che Giacomo regalasse alla sua sposa i soliti ori, che li regalano i piú disperati e per regalarli fanno dei debiti; niente collana, niente placca, niente altro che un tocco d'anello, uno, per non sbagliarsi, misero misero, che se non era di ferro o di stagno indorato, era di quell'oro col bollo del moro, come si suol dire.

Pitoccate da aver vergogna dell'aria, da farsi tirar dietro le panche! Giacomino, che in fondo era un buon figliuolo, di nascosto le aveva dato ad Angela una paio d'orecchini discreti, ma quando le sue sorelle erano venute a saperlo, ché un regalo come quello non si poteva nascondere, avevano gettato fuoco e fiamme, accusandolo lui di lasciarsi menare per il naso, e Angela di volerlo spogliare da capo a piedi. Nel discorrerne Pellegra non se ne capacitava proprio che la Bricicca sopportasse queste prepotenze e non ci mostrasse i denti alle due Testette, ma si! se si dovessero mostrare i denti a tutte le persone che ci tengono un piede sul collo o si divertono e godono del nostro male, i denti li avremmo sempre scoperti e prenderebbero della polvere.

Giusto quella mattina, la Testetta piccola era capitata a fare con Angela i conti precisi delle somme che la sottoscrizione aveva fruttato fino allora, del denaro già incassato e speso e di quello da incassare, brontolando e lamentandosi che per cosí poco non valeva la spesa d'incomodarsi. Chi gliel'aveva detto di venire? e con che diritto, in definitiva, contava i denari nella tasca degli altri? nella tasca degli altri, perché i benefattori li avevano dati per Angela, non per lei o la sua bella faccia, né per sua sorella né per Giacomino, ché non si sognavano nemmeno che fosse al mondo, Giacomino! e se erano pochi, già si sapeva prima senza tanti calcoli, e non si poteva farli crescere. Ebbene, la Bricicca si era messo il lucchetto alla bocca, a rischio di scoppiare, mandando giù le mortificazioni come se fossero state granatine di riso, fingendo di non capire le frecciate velenose all'indirizzo d'Angela.

Parlandone con Pellegra diverse ore dopo, si meravigliava essa stessa d'aver avuto tanta pazienza, ma quel giornomiracoloera piuttosto di buon umore perché si vedeva capitare molta gente pel giuoco, e pensando a quel po' di guadagno, il cuore l'aveva meno nero del solito. Frate Elia, il celebre frate della Madonnetta che dava i numeri infallibili, era morto la domenica avanti, e tutta la popolazione, manco a dirlo, ci aveva studiato la cabala sopra, tanto che se i suoi numeri uscivano, il 66, il 15 e il 23, miseria a Genova non se ne conosceva piú, e se invece restavano nel sacco, il governo si beccava un tesoro, e anche il principale del signor Costante, con quaranta o cinquanta donne che tenevano il giuoco per lui, una sommetta discreta poteva mettersela a frutto. Ecco, se avesse voluto, ecco chi sarebbe stato in grado d'aiutare la povera Angela senza pericolo di rovinarsi, ma con che coraggio presentarglisi davanti a dirgli: «sono qua io?». Fra le altre cose, se nella Pece Greca si susurrava il suo nome, se qualche donna pretendeva di conoscerlo di vista, chi fosse questo signore non si era mai riesciti a saperlo in modo certo, dal Costante meno che da tutti gli altri.

E la gente veniva nel portico, ch'era un piacere. In mancanza d'Angela annotava i numeri sopra un libretto unto e bisunto il figlio piú piccolo di Pellegra, mentre la Bricicca che non era buona a fare un O neanche con un bicchiere, ritirava i denari delle giuocate e si serviva d'una cassettina apposta, mascherata nel fondo d'una cesta dalle foglie di cavolo. Sembrava d'essere in uno scagno. Sul 66 — gli anni —e sul 15 — la processione, perché a frate Elia gli era venuto male durante una processione — nessuno discuteva, il punto debole era il 23; i piú lo giuocavano perché la morte era stata il giorno 23 del mese, ma tanti altri giuocavano invece il 26, l'abbaco del frate, e altri l'abbaco del morto che parla, ossia il 50, oppure l'84, quello della chiesa, secondo le giuste regole della cabala. Ogni tanto qualcheduno se ne rideva: nella cabala non ce n'è che una sola, di regole: aver fortuna e giuocare il numero che ha da venire.

Quel tale, mezzo calderaio e mezzo stagnino, che aveva dato nell'occhio alla Bricicca, passando sulla piazzetta si fermò, com'era solito, a comprarsi una libbra di ciliegie e a far quattro ciarle. Era con un altro della sua specie, e fra tutti e due facevano un bel paio di teste di pipa, già affumicate, che consolavano, Quando vide l'amico, la Bricicca diventò gongolante, sempre piú persuasa che venisse da quelle parti solo per lei e i ferri cominciassero a scaldarsi davvero; non capiva perché si fosse tirato dietro quel compagno che fino allora essa non aveva mai visto, e mentre pesava le ciliegie e per una libbra gliene dava due chili, gli domandò se era suo fratello quel giovinotto, ché cosí di profilo si somigliavano un poco. Fratello no, era un suo patriota: la settimana entrante sarebbero andati a lavorare insieme nello stabilimento Ansaldo di Sampierdarena e intanto lo accompagnava a spasso per fargli vedere la città; quando non si ha cliente per le mani, girando di qua e di faticano le gambe, ma la testa si riposa e almeno si piglia dell'aria.

Combinazione, in quel momento la Bricicca era sola col ragazzetto, che non avendo da far altro, si divertiva dal passo della porta con uno specchio rotto a gettare negli occhi dello donne che cucivano alla finestra, l'imbatto del sole Non le sembrò vero di poterne profittare per discorrere in libertà col suo nuovo cicisbeo, informarsi sul conto suo e tirargli giú i taglierini, usando politica come sapeva usarla lei nelle cose delicate, quantunque un po' imbarazzata dalla presenza di quel terzo incomodo, un candelliere muto e stecchito, che a fabbricarlo apposta non riusciva cosí preciso. L'individuo bisognava prenderlo alla larga, si sa, per non dargli sospetto, ma negli affari di quel genere non era buona la Bricicca a cominciare colle barche di Voltri per finire coi salami di Chiavari e il discorso, presa subito la piega pel suo verso, cominciava a filare d'incanto, quando venne a interromperlo una voce arrabbiata dalla finestra di rimpetto: «Bricicca, ditegli che la finisca e tirategli un po' le orecchie a quell'angoscioso che ha giurato di farmi diventare orba, altrimenti scendo giù io!» e nello stesso momento capitò una serva «Bricicca, scusate: 15, 50, 66, mezzo franco, ambo e terno».

La Bricicca, seccata, soffiò come un mantice tutta l'aria che aveva nella pancia: bastava cominciare una conversazione importante per essere disturbati da qualche rompiscatole! Fece un passo verso il suo segretario coll'idea di menargli uno schiaffone, ma il ragazzo, traversata d'un salto la piazzetta era già a gambe levate giú pel vicolo, allora essa che aveva altro da pensare che corrergli dietro, presi i denari dalla serva, tirò fuori dissotto a un mucchio di foglie il libretto e la cassetta. Un lampo! con uno strappo improvviso, libretto e cassetta il calderaio li aveva già nelle unghie!

Rimase come stupida: era matto? cosa gli saltava, adesso? ma la serva che aveva piú comprendonio di lei, era scappata fuori, gridando per la Pece Greca, da farsi sentire fino in Carignano: «aiuto!... le guardie... le guardie!...» capí tutto essa pure e si mise a urlare ancora piú forte. Il finto calderaio e il suo compagno, tenendola per le braccia, cercavano di tapparle la bocca; giusto! tanto valeva tappare una spingarda. Si affollò subito gente, e intanto che i primi arrivati domandavano se alla Bricicca, per subissare cosí il mondo, le avevano dato fuoco al paglione, ecco un reggimento di guardie travestite, che da dove sieno sbucate non si sa, arrivare al galoppo, invadere il portichetto per impedirne l'entrata. Non ci volle altro: la piazza si riempí come un uovo, di donne specialmente: un susurro generale, un'agitazione burrascosa contro i poliziotti o doganieri che fossero, appena si sparse la voce di che cosa si trattava, e la Bricicca, tutta abbaruffata, cogli occhi fuori della testa, venne a farsi vedere sulla porta, continuando a dibattersi e a strepitare. Col tradimento l'avevano presa, col piú infame tradimento! manco i tedeschi, manco i turchi, un'azione vile come quella! per quattro palanche marcie, che il governo non lo facevano diventarepiú riccopiú povero, la mandavano in galera e la cacciavano sul lastrico a morire di fame, lei e la sua famiglia! E volevano ancora che tacesse! volevano che tacesse, quegli sbirri, dopo averla ridotta alla disperazione! gridava piú forte, invece, e domandava vendetta a Dio, e solo una cosa le rincresceva, di non aver tanta voce da farsi sentire da tutta Genova e perfino da Vittorio Emanuele, che le avrebbe reso giustizia!

Le piú accanite a prendere le sue parti, le piú infuriate pel tranello dello stagnino, erano le donne; non si contentavano di alzare la voce, ma all'indirizzo delle guardie si lasciavano scappare ogni sorta d'improperi, e ce n'era di quelle, risolute, che venivano fino a mettergli i diti sotto gli occhi, con certe unghie affilate che parevano d'acciaio. Una sola, che per dare l'esempio, avesse cominciato a servirsene delle unghie, tutte quante le altre, giovani e vecchie, avrebbero preso fuoco come la polvere, nessuno sarebbe riuscito a tenerle; altro che rivoluzione! un macello sarebbe successo. Fortuna che le guardie, usando prudenza, stavano zitte e fingevano di non sentire e di non vedere, mentre il maresciallo, ossia il finto stagnino o calderaio, scriveva il verbale della contravvenzione. Quando se ne andarono via, coll'aiuto dei cappelloni municipali che col bastone aprivano il passo in mezzo alla folla, urli e fischi da oscurare l'aria, imprecazioni da far venir freddo, a tutto un reggimento di cavalleria, e appena giù pel vicolo, patate e pomidori e torsi di cavolo nella schiena.

Passato il primo sfogo, se al mondo c'era una donna avvilita, era la Bricicca: avvilita per la contravvenzione, ché si trattava nientemeno d'andare per qualche mese all'ombra di Sant'Andrea a baciare lo staffile, e ancora di piú per essersi lasciata mettere in trappola a quel modo cosí goffo, da un poliziotto travestito, che aveva saputo abbindolarla coi fiocchi, pigliandola pel suo debole. E c'era cascata, essa., che per tener gli occhi aperti, per stare attenta a non ricevere i numeri da chi non conosceva o in presenza di gente estranea e a nascondere il libretto e i denari delle giuocate, non c'era l'eguale, e il signor Costante stesso certe volte l'accusava d'avere troppi scrupoli e troppe paure! Qualche anima buona, di sicuro, le aveva fatto il servizio, perché la macchina era stata preparata e messa su a poco a poco con tutta la malizia e dentro ci si vedeva chiaro lo zampino di persone bene informate, che per sapere chi fossero, bastava salire le scale della Bardiglia o della Rapallina. Dopo averla disonorata sul Castigamatti, dopo aver fatto prendere il volo a Bastiano, la cacciavano a marcire in prigione! perché non venivano a succhiarle il sangue? e il Padre eterno non l'aveva una saetta per quelle spie?

Fu una brutta giornata per la Bricicca. Solo Angela si mise a piangere con lei; prima Marinetta, poi le Testette la maltrattarono senza compassione, anche Pellegra venne a farle una lavata di testa, e le donne del quartiere, che davanti alle guardie l'avevano difesa, ora le davano addosso, mortificandola, pungendola, come se del crepacuore essa non ne avesse avuto abbastanza. Non poteva neppure rispondere, colla gola stretta da una tenaglia e una lastra di piombo alla bocca dello stomaco, cogli occhi asciutti, era strangolata da una convulsione di pianto.

E la sera, quando venne il signor Costante! quando gli raccontarono l'improvvisata dello stagnino! Ah! la signora Bricicca illustrissima l'aveva fatta la frittata? se la mangiasse e buon appetito! lui non se ne mischiava punto né poco; l'aveva trovato il galante? le toccava per questo andarsene in villeggiatura in Sant'Andrea e pagare al governo duemila lire di multa? gli rincresceva tanto, ma non poteva piangere e ancora meno andare lui in prigione al suo posto e sborsare i due biglietti bianchi. Cosa c'entrava, lui? l'avevano preso sul fatto? Ma che fatto d'Egitto! era un onesto cittadino, e grazie a Dio, colla polizia e la pubblica sicurezza non aveva mai avuto niente da spartire. Non ci mancava altro che l'innocente si sacrificasse per il colpevole! Era già sacrificato abbastanza col rimetterci di sua tasca le giuocate della settimana, ché al principale non poteva certamente raccontargli i pasticci della Bricicca e su per giú la somma incassata bisognava che la tirasse fuori lui. Questo era il suo guadagno, il frutto d'aver sempre cercato di fare del bene al prossimo! Grazie! spariva da quella maledetta Pece Greca, e chi s'è visto, s'è visto: parola del Costante, parola di re!

E la sera stessa, quando nella Pece Greca arrivò il listino delle otto ruote con due numeri del frate usciti fuori, il 15 e il 23, sulla ruota di Torino, un ambo guadagnato da mezza Genova, se la Bricicca non si fosse chiusa in casa, le donne ch'erano andate a giuocare da lei e avevano vinto, le avrebbero levato gli occhi. Per causa sua la loro vincita se ne andava in fumo. Giuocare tutte le settimane dell'anno, indovinarla una voltacombinazione da scriverla col carbone bianco — e quella volta restare a bocca asciutta!. Ebbene, no: esse il Costante non lo conoscevano e del sequestro fatto dalle guardie non se ne incaricavano; non conoscevano che la Bricicca: il loro ambo! il loro ambo lo volevano, ci avevano diritto e lo volevano a qualunque patto.

 

 




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