XIX
Volerlo era un conto e pigliarlo
era un altro. Con quei chiari di luna, la Bricicca poteva farsi tagliare a pezzi, e le donne,
che pretendevano la loro vincita, pagarle a libbre di carne. Eppure, tutta la
domenica e i primi giorni della settimana fu un martirio continuo, un venirle a
domandare colle mani sui fianchi se intendeva si o no di sborsare le somme
guadagnate, minacciandola, insultandola come una ladra, facendosi belle d'aver
rischiato per lei d'essere ammanettate. Una processione continua e un vero
martirio. Con mille proteste d'amicizia, col suo fare butirroso e agro di
limone, anche Pellegra, che aveva vinto un ambetto di pochi franchi, s'era
messa della partita: sempre lí, piantata in casa, a battere il chiodo del
pagamento, tanto che Angela, allargando le braccia nella stessa maniera che si
vede dipinta la Madonna
della Misericordia, la supplicò d'un poco di carità, essa almeno ch'era quasi
della famiglia! non lo sentiva il rimorso nella coscienza, di tormentare cosí,
d'accordo colle altre, una povera infelice, miserabile all'ultimo punto, alla
vigilia d'essere chiamata in giustizia e chiusa sotto chiave chi sa per quanto?
La chiamata in giustizia era
venuta, ché quella stessa mattina un usciere aveva portato alla Bricicca
l'intimazione di presentarsi l'indomani a mezzogiorno davanti al giudice
istruttore per essere interrogata, e la Bricicca non sapendo a chi domandare consiglio,
lei che in giustizia non c'era mai stata in vita sua, aveva mandato Pellegra
colla carta della citazione, a chiamare il signor Costante. Verso sera il
signor Costante arrivò, soffiando nel barbone piú del solito: che consigli
poteva darle, adesso che lei era nella bagna fino al mento? un consiglio solo,
quello di negare, negare tutto fino all'ultimo; confessando d'aver tenuto il
giuoco, la condanna le cascava addosso a piombo senza speranza, negando invece,
era condannata lo stesso novantanove volte su cento, ma ad ogni buon fine una
porta aperta le rimaneva sempre. Lui era pratico di queste cose: davanti ai
giudici, solamente i minchioni confessano, hanno un bel mostrarsi pentiti, ne
escono colle corna rotte; chi la sa lunga sta fermo sulla negativa, grida che i
testimoni sono bugiardi; l'avvocato, s'intende, batte forte sopra questo tasto
impiegandoci tutta la sua abilità, l'avvocato Raibetta per nominare uno di
quelli piú in voga, e siccome anche in tribunale la fortuna aiuta i furbi, cosí
succede che ogni tanto qualche schiuma di canaglia se la passa liscia.
Sopratutto, la Bricicca
non doveva lasciarsi scappare il nome di lui né in un modo né in un altro, lui
non esisteva, se ne ricordasse bene, ed era venuto apposta, senza farsi
pregare, per ficcarle nel cervello quest'avvertimento: il Costante lei non
doveva sapere chi fosse neppur di nome, e tener duro, qualunque cosa nascesse.
Egli s'impegnava a farle versare dal principale la multa a cui sarebbe stata
condannata, ma a questa condizione, altrimenti se ne lavava le mani come
Pilato. Aveva capito?
Aveva capito benissimo, ma era
rimasta poco persuasa, ché il gusto maligno di trascinarsi dietro nella rovina
il signor Costante, da una parte la
Bricicca avrebbe voluto levarselo. Pena in comune è mezzo
gaudio, dice il proverbio, e se c'era uno che se lo meritasse il castigo in
comune con lei, uno che aveva sempre speculato alle sue spalle senza mantenere
le promesse, cacciandola in un mare di guai, trattandola continuamente peggio
di una schiava, era proprio il signor Costante. Se la vedeva brutta, adesso, e
per paura d'essere mandato in collegio, l'amico cambiava registro, e diventato
quasi umile, si raccomandava a mani giunte. Aspetta, aspetta: la battuta ora
l'aveva lei, lo accomodava per le feste.
Però, andato via il signor
Costante con cinquanta giuramenti in saccoccia di non essere compromesso e
assicurando da parte sua che questa volta avrebbe fatto vedere sul serio di che
cosa era capace, Pellegra le diede il consiglio alla Bricicca di sentire un
avvocato, prima d'incamminarsi sopra una strada che poteva portarla in
perdizione. L'avvocato Raibetta era il meglio, un avvocato celebre per quella
specie di cause, che lo stesso signor Costante l'aveva suggerito promettendo di
pagarlo lui, quello che aveva difeso il parrucchiere del Pontetto nel suo
processo di ferimento. E all'indomani mattina Pellegra e Bricicca andarono
insieme sulla piazza della Gatta Mora da questo avvocato Raibetta, titubanti,
vergognose, ché non sapevano da dove cominciare per raccontargli il loro caso.
Trovarono invece d'un vecchio
come si aspettavano, un giovinotto prosperoso e molto elegante, colla lingua
sempre in moto, ma una persona di polso, un uomo istruito, che capí subito la
faccenda, appena Pellegra, piú coraggiosa, aperse la bocca. Le fece sedere:
lotto clandestino, tre mesi di carcere e duemila lire di multa, affare serio.
Com'era andata a lasciarsi prendere? non avevano usato le precauzioni
necessarie? Quando sentí la storia del finto calderaio, diede un pugno sulla
tavola: affare serio, molto serio, tanto piú per la fla... fra... — disse una
parola latina che è qui sulla punta della lingua e non vuol venire — insomma,
la contravvenzione improvvisa, ma con tutto ciò non disperava d'uscirne.
L'importante era di negare sempre — lo stesso consiglio del signor Costante —
senza scrupolo di dire delle bugie: i denari trovati nella cassetta? che
domanda! vendendo frutta e verdura, dei denari dovevano essercene per forza; il
libretto coi numeri scritti? ma era un libro di conti, oppure il libro d'abbaco
delle figlie; una persona non era piú libera di scrivere dei numeri sopra un
pezzo di carta, per esercitarsi? Dunque, negare con costanza e sangue freddo,
senza lasciarsi imbrogliare dalle interrogazioni del giudice; al resto,
l'avvocato ci pensava lui.
La Bricicca si sentiva
alleggerire l'anima da un gran peso. Se non si trattava d'altro, era a cavallo:
le bugie non l'avevano mai intimorita dacché il mondo è mondo, e per negare con
faccia franca il pasto all'oste, poche donne la superavano. Parlando del signor
Costante all'avvocato Raibetta, che prendeva degli appunti, e spiegandogli chi
era e chi non era e per conto di chi le aveva dato il giuoco da tenere, si
provò un momento ad affacciare l'idea di buttargli addosso a lui tutta la
colpa, ma l'avvocato le disse subito di guardarsene bene perché prove contro di
lui non ce n'erano né grosse né piccole, naturalmente si sarebbe disgustato,
poi in caso di condanna non avrebbe fatto pagare la multa dal suo principale e
alla... come si chiamava? Francisca Carbone, benissimo — alla Francisca
Carbone, per scontarla la multa, le sarebbe toccato ogni tre franchi restare in
prigione un giorno di piú!
A proposito, in quanto alle
spese, ché delle spese non ne mancavano certo e la giustizia c'ingrassa sopra,
poteva la Carbone,
oppure la sua compagna, anticipare qualche piccola cosa? un po' di fondo non
guasta mai, ma se non l'avevano, poco male, l'avrebbero portato con comodo, piú
tardi o il giorno dopo. — Dunque, era tutto inteso, di quest'affare l'avvocato
se ne occupava con impegno come di un affare suo proprio e quasi garantiva il
buon esito; tenergliela a' denti al giudice istruttore, e lasciarsi vedere il
piú presto possibile per le spese e la relazione dell'interrogatorio.
Al palazzo Ducale, arrivata
un'ora prima di mezzogiorno la
Bricicca aspettò fino alle tre nell'anticamera, seduta sopra
una panca, in compagnia di ladri e di carabinieri. Quando venne il suo turno,
quando si sentí interrogare da un signore burbero, di poche parole, che le
cacciava gli occhi al fondo dell'anima, mentre un vecchiotto scriveva a una per
una le sue risposte, vatti a far benedire, perse la tramontana, e volendo
negare tutto, s'impantanò in un garbuglio di giri e rigiri e di contraddizioni.
Ci fosse stata Pellegra ad aiutarla, ma Pellegra non c'era e non ci poteva
essere, e quel tomo d'un giudice, senza scaldarsi, colle sue domande precise,
insistenti, la chiuse in una botte di ferro. Prima di licenziarla volle darle
un ammonimento paterno, ossia di non cercare d'ingannare la giustizia, ché la
giustizia non s'inganna, e di confessare il suo fallo, ché sarebbe stato meglio
per lei.
Il giudice parlava da giudice,
ma la Bricicca
tenne duro e non confessò niente; si mise a piangere, strepitò contro quelli
che le volevano male e per rovinarla del tutto le avevano fatto a torto la
spia, e siccome era già tardi e incamminata sul capitolo dei suoi nemici, non
la finiva piú, — tutte cose che al giudice non gli facevano caldo né freddo —
il cancelliere con buona maniera; la spinse fuori della porta. —Mai un minuto
di respiro; tornata a casa dopo quel supplizio, l'aspettava, al solito, la
persecuzione delle vicine.
Il motivo di quella
persecuzione, c'era: da dove venuta e da chi, non si potrebbe dire, ma nella
Pece Greca si era sparsa la voce che Angela aveva ottenuto dalla duchessa di
Galliera, per il suo matrimonio, un sussidio forte, cinque o seicento franchi.
Con tanti denari nel comò, la
Bricicca si faceva venir male e cantava miseria? commedie per
non pagare i debiti; si capisce che le comodava di piú tenerselo nella custodia
il gruppetto, e accendergli la lampada, però ad aprire il giuoco nessuno
l'aveva obbligata, le vincite erano sacrosante, e dal momento che i denari non
le mancavano, o mangia questa minestra o salta questa finestra, bisognava
rimborsarle.
Non seicento, non cinquecento
franchi, ma duecento ne aveva, avuto Angela in quei giorni per intercessione
del parroco e del marchese Spinola, ch'era parente della Duchessa, e li aveva
riscossi la domenica mattina, senza dirne niente alle Testette, per paura che
volessero metterci il naso dentro come l'avevano messo negli altri. Un tesoro
piovuto dal cielo, che né lei né sua madre non se l'aspettavano; dopo tanti
patimenti, dovevano spogliarsene e gettarlo nella gola di quelle cagne
affamate, che subito ne avevano sentito l'odore? Chi poteva averne parlato, se
la cosa era rimasta segreta, all'infuori della Bricicca e di Marinetta, tra
Angela e il parroco?
Marinetta giurava di non aver
detto una parola; sarà stato vero, ma la sua amicizia colla Rapallina era
troppo stretta per poterle credere, si facevano troppe confidenze in tutte le
ore del giorno che passavano insieme, e se la Rapallina sapeva del
sussidio, felicissima notte: divulgando la notizia ai quattro venti le era
sembrato di guadagnarsi l'indulgenza, plenaria. Intanto la persecuzione
diventava sempre piú accanita, Angela e sua madre appena comparivano in strada
si sentivano salutare dai fischi della ragazzaglia e dai complimenti delle
vicine che le trattavano addirittura di ladre matricolate, senza contare le
satire a mezz'aria e le occhiate in cagnesco degli uomini. Non veniva piú un
cane a comprare tanta roba per due centesimi. Marinetta predicava che l'onore
doveva passare davanti a tutto il resto e che essendoci i denari bisognava
servirsene per levar via i debiti sporchi e soddisfare chi doveva essere
soddisfatto, ché lei di portare la testa bassa per causa degli altri e vedersi
segnata come figlia di ladri, non se la sentiva. Il tracollo lo diede Pellegra,
annunciando d'aver inteso una voce che sul Castigamatti della prossima
domenica qualcheduno che sapeva tenere la penna in mano si sarebbe divertito.
Questo fu l'ultimo colpo.
Umiliazioni, fame, prigione, ma sul Castigamatti, no! Spaventata, Angela
prese Pellegra per un braccio, la trascinò in casa, le aperse il tiretto sotto
gli occhi: non volevano finire di tormentarla lei e la sua povera madre, di
farle morire a fuoco lento? ecco i denari della Duchessa, duecento franchi
rotondi, in quattro1 biglietti da cinquanta; bastavano a chiudere la
bocca alla gente? erano le sue ricchezze, erano i suoi tesori, quelli che
l'avrebbero aiutata finalmente a sposare piú presto Giacomino: bastavano? non
ne aveva altri, erano tutti lí; Pellegra se li pigliasse pure, li portasse via,
li dividesse a suo piacimento tra quelle che pretendevano la vincita dell'ambo
e ci avevano diritto, glieli abbandonava, non voleva piú vederli, ma per amor
di Dio che fosse finita, che fosse finita, che fosse finita!! A ricompensarle
tutte quante, dalla prima all'ultima, della loro carità, il Signore ci avrebbe
provvisto lui!
Era pallida in faccia da dare
dei punti alla cera vergine, la sua voce secca veniva giú come tanti colpi di
martelletto sopra una tavola di marmo, le labbra e le mani le
tremavano2, mentre cacciava in tasca a Pellegra i suoi poveri
biglietti. Dopo aver gridato cosí forte, ora faceva dei complimenti, Pellegra?
dicono che il coccodrillo si mangia gli uomini e poi piange. E sua madre perché
si strappava i capelli, perché bestemmiava a quel modo? non aveva paura che il
Signore la castigasse? I denari essa non li avrebbe tirati fuori a nessun
conto, avrebbe lasciato subissare la Pece Greca piuttosto, scoppiare il Castigamatti
e chi ci scriveva sopra, ma lei, Angela, l'intendeva diversamente, e basta;
all'ultimo degli ultimi duecento franchi piú, duecento franchi meno...
Ma le venne uno scoppio di pianto anche a lei, si buttò
in terra vicino a sua madre, gemendo e singhiozzando; Pellegra, colla
tremarella in corpo d'essere richiamata e dovere restituire la somma, infilò la
porta, e giú per le scale a rotta di collo, saltando gli scalini a quattro per
volta, che pareva un grillo.
Duecento franchi piú, duecento
franchi meno, si fa presto a dirlo, ma può dirlo solo chi è sicuro di averli in
tasca tutte le mattine che si sveglia, e per noi, poveri infelici, tra il meno
e il piú c'è una bella differenza, la stessa differenza che c'è tra il mettersi
a tavola e andare in letto a pancia vuota. Dopo essersene spogliata in un
momento d'eccitazione di nervi, lasciando che la Bricicca strillasse a
perdere il fiato, ecco che Angela ne era già pentita e versava delle secchie di
lagrime, eppure se fosse dipeso da lei sola, un minuto prima avrebbe buttato
dalla finestra anche il resto dei pochi soldi della sottoscrizione, che teneva
sua madre. Ora che il profitto del seminario era sfumato purtroppo senza
remissione, e abbasso, in quei giorni, non si vendeva piú niente, come si
sarebbe fatto a trovare un boccone di pane? e per quanto piccolo, il fondo che
l'avvocato Raibetta domandava per le spese del processo, da dove si sarebbe
fatto sortire?
Ad ogni modo, le acque erano
molto basse, cosí basse che l'avvocato fece una smorfia quando si vide posare
davanti sui fasci di carte bollate, due miserabili straccetti da uno scudo
l'uno. Non li toccò nemmeno, domandò alla Bricicca, ch'era venuta con Angela,
chi fosse quella giovine, si grattò la testa per un quarto d'ora, masticando e
facendosi fresco col fazzoletto. Aveva per le mani tanto di quel lavoro, tanti
processi da difendere in Tribunale e alle Assise, che non sapeva davvero se
avrebbe avuto tempo d'occuparsi di quel negozio; doveva pure andare a Chiavari,
poi a Milano e forse a Roma... basta, si sarebbe provato, non per altro che per
un atto di carità, già che la
Carbone e sua figlia lo supplicavano di non abbandonarle.
Anche il signor Giroffo, che pel passato aveva avuto occasione di conoscerlo in
diverse circostanze, il signor Costante Giroffo era stato da lui il giorno
prima a raccomandargliele caldamente.
Intanto, per cominciare, si fece
dire e annotò di mano in mano il nome e cognome delle persone della Pece Greca
che al dibattimento in Tribunale potevano essere citate come testimoni di
difesa. Senza dubbio questi testimoni erano importantissimi, ma bisognava
parlarsi schietto: occorrevano dei certificati di buona condotta, occorreva la
fede di morte del marito e dell'unico figlio maschio, occorrevano, in poche
parole, tante carte assolutamente necessarie, non tenendo calcolo delle ruote
che si dovevano ungere, e lui, come l'aveva già detto e cantato in musica, le
spese non poteva anticiparle; faceva l'avvocato per vivere, non per suo
piacere, e se fosse stato ricco, invece di rovinarsi la salute a studiare gli
affari degli altri, se ne sarebbe andato in campagna a caccia e a fumare dei
sigari. Meno d'una cinquantina di franchi non ci voleva. Capiva che anch'esse
le tiravano verdi, lo capiva tanto bene che per sé non domandava nulla, ma
senza voler entrare nei loro interessi, qualche collana, qualche catenella
d'oro l'avranno posseduta... la giovine, per esempio, aveva alle orecchie un
paio di orecchini... perché non li vendevano, o se a lei le rincresceva troppo
disfarsene, perché non li impegnavano?
Impegnarli!? Angela si sentí
dare una stilettata al cuore e le passò come una nuvola davanti agli occhi.
Senza andar tanto lontani, sullo
stesso pianerottolo della scala, a mano destra, forse l'avevano vista c'era
un'agenzia di pegni; per far presto, se volevano profittare, l'avvocato si fermava
in scagno fino a mezzogiorno — mancavano venti minuti — e le aspettava, se
invece pensavano d'accomodarsi diversamente, tanto meglio, ma lui l'indomani
mattina partiva per Chiavari e non sapeva quanti giorni si sarebbe fermato. O
si o no: dovendo fare i suoi calcoli, prendere le sue misure, non poteva
aspettare i comodi degli altri e pregiudicare i suoi interessi, per cui gli
occorreva una risposta, sul tamburo.
Il serviente in chiesa cosa
risponde al prete che dice la messa? con spirito tuo; così la Bricicca
per non provocare degli altri guai e restare abbandonata. Pensando d'essere
costretta a spogliarsi degli orecchini di Giacomo, l'unica sua ricchezza e
l'unico regalo, meno l'anello, Angela fu presa sul pianerottolo da una specie
di convulsione; per persuaderla, sua madre si mise a pregarla come una santa
nella nicchia, ch'era questione di un giorno o due, anzi di qualche ora
solamente per non disgustare l'avvocato e non fargli perdere del tempo; Giacomo
non ne avrebbe saputo niente, e coi denari che avevano ancora in casa, gli
orecchini si sarebbero disimpegnati subito, quel giorno stesso. — Se non saliva
qualcheduno su per le scale, madre e figlia combattevano fino a notte,
piangendo tutte due come fontane; spaventate dai passi, si cacciarono in fretta
nell'agenzia, e una volta dentro, gli orecchini sparirono nel pozzo di San
Patrizio.
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