La seconda volta che fu chiamata
dal giudice istruttore per sentirsi ripetere all'incirca le stesse domande, la
Bricicca andò con Pellegra, ché senza Pellegra non poteva piú muoversi, a
consultarsi dall'avvocato Raibetta, ma il giovine di scagno, entrato nello
studio, dopo un momento tornò e le disse d'aver pazienza, ché il principale era
occupatissimo in un congresso con altri avvocati. Erano già tre o quattro volte
che bisognava aver pazienza: ora pel congresso, ora pel Tribunale o la Corte,
ora pei clienti, senza contare quando si trovava fuori di Genova, coll'avvocato
era impossibile parlarci. Sarà stata una combinazione, però qualcheduno che lo
conosceva bene, gliel'aveva detto alla Bricicca, di risparmiare i passi, perché
dopo essersi levata il pane dalla bocca per fare il suo dovere e pagare
anticipatamente, sarebbe sempre arrivata a sproposito, sicura d'essere messa
alla porta.
Sul pianerottolo usciva
dall'agenzia di pegni il signor Costante: era un benedetto uomo che aveva degli
affari dappertutto. Viste le due donne che se ne andavano brontolando, scese
con esse le scale e le accompagnò fino in piazza Nuova, nell'atrio del palazzo
di giustizia, cantando in musica alla Bricicca di mantenersi per amor del cielo
sulla negativa come nel primo interrogatorio. Anche l'avvocato Raibetta, che
per questo genere di cause potevano dargli la privativa, non era stato capace
di darle un altro consiglio, e l'avvocato Raibetta quando diceva una cosa...
per esempio, la Bricicca aveva torto di lamentarsene: un uomo con tante
occupazioni, assediato dalla mattina alla sera, pretendere di trovarlo
disponibile a qualunque ora pel gusto di rubargli i minuti, era un pretendere
troppo; voleva un avvocato per lei sola? con pace e pazienza, il giorno della
trattativa della causa l'avrebbe avuto tutto a sua disposizione, e dopo averlo
sentito parlare, non avrebbe rimpianto i suoi denari.
Ma dove uscí fuori dei gangheri
il signor Costante, fu quando la Bricicca saltò su a ripetere come un
pappagallo una calunnia senza senso, inventata per gelosia di mestiere da
qualche furfante d'avvocato dalle cause perse, ossia che l'agenzia di pegni
sullo stesso pianerottolo dello scagno, marciava in segreto per conto dello
stesso signor Raibetta, che a questo modo guadagnava dal tappo e dalla spina
sui poveri clienti, con una mano ritirando il pegno come ebreo e coll'altra
ripigliandosi subito gli stessi denari come avvocato. S'infuriò tanto che
sembrava ci fosse mischiato lui pure, e per castigo non volle piú salir sopra a
parlare di Francisca Carbone al procuratore del re, come aveva promesso; se ne
andò via stritolando coi denti un pezzo di sigaro, facendosi accompagnare da
Pellegra.
Forse avrà voluto spedirla in
via Fieschi, dalla signora Barbara, per qualche commissione sua particolare,
oppure da Marinetta, ché Pellegra gli serviva moltissimo al signor Costante, un
vero corriere di gabinetto, prudente, ubbidiente, e per la necessità era come
lo schioppo di prete Piglia che tirava perfino ai grilli. Ma dove l'abbia
spedita, noi non ci riguarda; fatto è che la Bricicca, rimasta sola in quel
gran palazzone, in mezzo a tanta gente che saliva per le scale, si trovò
imbrogliata a riconoscere il suo cammino, e arrivata al primo piano, ch'era un
laberinto, invece di prendere la scaletta a sinistra del corridoio, infilò un
vestibolo pieno zeppo di persone d'ogni genere, affaccendate a darsela da intendere,
a correre su e giú con dei fasci di carte; signori che fumando e gesticolando
passeggiavano con un manto nero sulle spalle e certe lasagnette bianche appese
al collo, altri signori che facevano conversazione in circolo, qualche madama
unta e bisunta, dei preti, dei tipi sul gusto del Costante, degli individui
originali che andavano e venivano colle mani in tasca e si capiva che la loro
occupazione era quella di perdere il tempo. Tutti i momenti un usciere si
metteva a gridare forte con una voce da cannone, come per farsi sentire a
Sampierdarena da un reggimento di sordi, e ogni tanto, a buffate, pareva che ci
fossero dei predicatori in lontananza.
Per levarsi di lí, ché non era
il suo posto e tutti l'urtavano e le pestavano i piedi, profittò della porta
aperta piú vicina, si cacciò in una sala stretta e soffocata, dove al principio
non vide quasi niente, tanto era scura, colle tendine verdi abbassate sulle
finestre per non lasciar passare il caldo, quantunque lo lasciassero passare lo
stesso e ci si crepasse. Là in fondo c'erano tante ombre ammucchiate e in mezzo
a un gran silenzio si sentiva chiara e distinta la voce d'uno di quelli che
predicavano. Facendosi largo tra il poco pubblico, abituandosi all'oscurità, la
Bricicca poté distinguere i giudici, in faccia a loro l'avvocato, e seduta
sopra una panca, tra due carabinieri, una donna con un bambino da latte nelle
braccia. Una donna! cosa aveva fatto? Si sentí stringere il cuore pensò subito
che anche a lei le sarebbe toccata quella figura di doversi sedere lí in mezzo,
sulla panca della vergogna.
I giudici, col caldo che faceva,
intabarrati nella loro zimarra, coi gomiti sulla tavola, pareva che dormissero
d'amore e d'accordo sotto la direzione del presidente, mentre l'avvocato si
spolmonava, e la donna, ancora giovane e vestita pulitamente, non gli levava
gli occhi d'addosso all'avvocato, pallida come una candela. Cosa aveva fatto?
Quando il presidente, aperti gli occhi, le domandò se aveva niente da
aggiungere alle parole del difensore, essa si alzò in piedi e con uno
stranguglione di pianto nella gola, stentando a parlare, giurò d'essere
innocente sul capo di suo figlio, e prese a testimonio il crocifisso appeso al
muro in faccia al ritratto del re!
Senza averla mai né vista né
conosciuta, la Bricicca si sentí pigliare da una grande compassione per quella
disgraziata coi carabinieri al fianco e un bambino al petto; credette subito
alle sue proteste d'innocenza, e se fosse stata lei giudice, l'avrebbe mandata
a casa, libera, non sapendo neppure di che delitto era accusata, ché certi
avvocati, per dire la verità, quando predicano si capiscono poco. Mentre i
giudici eran spariti dietro un paravento, s'informò da vicino: era accusata
d'aver rubato gli ori alla pigionante che le affittava la stanza, e d'averli
venduti, ma lei negava, prove non ce n'erano, e i testimoni, compresa la
padrona degli ori, s'erano imbrogliati; il fisco le aveva parlato contro perché
il fisco c'è apposta e il suo mestiere è di mandare tutti quanti in galera, gli
innocenti ancora piú presto dei colpevoli veri, però aveva battuto la campagna
cercando le prove colla lanternetta senza poterle trovare, e c'era da
scommettere la mano dritta che con una sentenza di due righe i giudici
l'avrebbero messa fuori.
Ebbene, né la mano dritta né la
mano sinistra e neppure un'unghia, perché i giudici, invece di metterla fuori,
con una sentenza piú lunga del passio la misero bravamente dentro per un paio
d'anni. La Bricicca si sentí gelare il sangue: se avevano condannato questa
povera donna, e l'avevano condannata senza le prove del delitto e ridendosi dei
suoi giuramenti, senza compassione per quel povero figliuolo che teneva in
braccio, lei, Bricicca, cosa poteva aspettarsi? A rigore, per essere giusti,
lei bisognava che la mandassero sulla forca! Le prove c'erano tutte, cosí non
ci fossero state, e ne cresceva da sotterrarla, bambini al petto da mostrare ai
giudici non ne aveva; restava la negativa: bella risorsa! avrebbe servito, con
quel vento che tirava, a farla condannare piú presto! La chiamavano giustizia
l'arte di saper leggere in un libro grosso e di castigare i birbanti! ma che
giustizia! ma che giustizia! non ce n'era giustizia, non sapevano manco come
fosse fatta né dove abitasse di casa, e nel libro ci leggevano dentro quello
che gli piaceva di leggerci, e castigavano o premiavano secondo la luna! —
Cosí, esaltata come era, quando un momento dopo si trovò davanti al giudice
istruttore, finí per confessargli tutto, raccontando dal principio in che modo
erano andate le cose, spifferando nomi e persone. Tacere o parlare, quei
signori, facendo finta di dormire nella loro zimarra, la siringavano lo stesso,
e almeno si levava un peso dallo stomaco, prima dell'operazione.
A mente fredda, se ci avesse
pensato due volte, probabilmente avrebbe aspettato a confessarsi in punto di
morte, e dal prete, mai dal giudice, ché in definitiva, il primo danno se lo
faceva a sé medesima, anzi tutti quanti i danni erano sua esclusiva
beneficiata. E il signor Costante, che alcuni giorni dopo gli era toccato andare
in giustizia anche a lui a sentirsi esaminare, non glielo mandò a dire alla
Bricicca, glielo disse netto e preciso, senza complimenti: aveva voluto
pigliarsela la soddisfazione di raccontare ai superiori la storia del lupo, e
far dei nomi, e tirare in ballo chi non c'entrava? lui, poco male; era
corazzato a prova di bomba, aveva risposto secondo la sua coscienza onesta, e
nel sacco non solo non ci si era lasciato ficcare, ma ci aveva ficcato dentro
il giudice colla testa avanti, e se non basta il giudice, anche il segretario,
però quando fosse venuta l'ora di sborsare le duemila lire di multa o marcire
in prigione, cerca il Costante di qua, cercalo di là, sarebbe partito per una
scampagnata sui monti. Se le aspettava ancora da lui o dal principale le duemila
lire, osteria! poteva aspettarle per un pezzo, questo era poco ma sicuro; e
glielo diceva a quattr'occhi, e glielo cantava su tutti i toni, e glielo
stampava sui giornali, e glielo faceva scrivere da un usciere in carta bollata!
— Siccome l'avvocato Raibetta a un dipresso avrebbe tenuto lo stesso linguaggio
cosí la Bricicca per non dargli questa seccatura, non si lasciò piú vedere nel
suo scagno, da una parte, pentita d'aver parlato, dall'altra, di non aver detto
abbastanza, restando delle giornate intiere a piangere e bestemmiare con Angela
o a consultarsi con Pellegra.
Essa dunque dall'avvocato non ci
metteva piú i piedi, ma in compenso, a sua insaputa, ci andava qualche volta
Marinetta. Andava a trovarlo per informarsi come stava, nessuno ne dubita, per
lei, se non era sempre aperta la porta dello studio, quella del salottino lo
era sempre. Fra tanti affari diversi che maneggiava e di tante persone,
l'avvocato Raibetta forse trattava pure quelli della signora Barbara di via
Fieschi, perché la signora Barbara gli capitava spessissimo nello scagno, e
Marinetta l'aveva conosciuto in casa della signora Barbara, dove un bel giorno
si era decisa a farsi accompagnare da Pellegra, tornandoci poi sola, dopo che
aveva imparato la strada.
Quando si dice che l'aveva
conosciuto in via Fieschi, è un modo di dire, perché dopo tanti mesi non si
ricordava quasi piú d'una relazione momentanea fatta al teatro durante una
festa da ballo, ma la conoscenza vera, la prima, era piú antica, ossia dagli ultimi
giorni di carnovale: a quel veglione famoso che il Costante non avrebbe tanto
criticato se avesse saputo la fodera del mistero, la ballerina sua amica,
ch'era intima di tutto l'universo, gliel'aveva presentato essa l'avvocato, e se
si pensa che finito di ballare e di passeggiare su e giú in platea, sul
palcoscenico e nel ridotto, ci fu il supplemento d'una magnifica cena nella
trattoria del Genio, Marinetta non avrebbe dovuto avere la memoria cosí
corta, segnatamente dopo quella gran paura di non poterla digerire la cena,
fino al punto di scappare a Manassola. Sarà stata benissimo una relazione
momentanea, quasi a vapore, ma non si era perso tempo, l'avvocato non era uomo
da scordarsene, e rinnovata la conoscenza, con Marinetta ne discorreva volentieri
e sapeva descriverle il costume da bersagliera del Flicche Floc, avuto in
prestito dalla ballerina, e quello della ballerina stessa che voleva figurare
la luce elettrica e sembrava invece una macchina da caffè allo spirito, e la
Rapallina, vestita da serva col mezzaro, che ballava a corpo perso con tutti i
turchi e tutti gli spagnuoli del veglione.
La casa della signora Barbara
era un porto di mare, e dopo aver conosciuto per primo quel certo tale, che
appena tornata da Manassola se l'era visto girare intorno un'altra volta,
persuadendosi che il mal caduco può essere un male serio per chi l'ha e non per
gli altri, Marinetta aveva avuto occasione di trovarsi con persone molto
distinte, abituate a non guardare le somme che spendevano, ma tant'è l'avvocato
Raibetta le andava piú a sangue degli altri. Il perché non lo sapeva neppur
essa: gli altri, piú o meno, le davano tutti soggezione, con lui invece era
entrata subito in confidenza, quasi sul piede d'amicizia, uno di quegli uomini
che appena visti s'imbroccano pel loro verso, allegri, senza sussiego, e hanno
l'abilità di farsi voler bene per forza. Chi è che diceva ch'era rustico, di
brutte maniere? non lo conoscevano; nello scagno, si sa, doveva essere serio e
misurare le parole e qualche volta, con certi seccatori, prendere una faccia
brusca, ma fuori di scagno, un giovinotto piú affabile di lui era difficile
trovarlo; non si ricordava piú d'essere avvocato né di aver degli affari,
spendeva e si divertiva. Anche a lui Marinetta gli era entrata nella manica fin
da quando l'aveva vista cosí di scappata la prima volta, e rinnovata la
conoscenza, s'era messo a proteggerla a spada tratta.
Non ch'essa ne avesse bisogno,
ché coi suoi occhi furbi e la sagoma svelta del suo corpo si proteggeva
abbastanza da sé, ma da uomo positivo com'era, l'aveva persuasa ad aver
giudizio, a barcamenarsi con prudenza, e sopratutto a non fare colpi di testa
arrischiati, che se ne sarebbe pentita appena voltato il canto. Un padre non
avrebbe potuto consigliarla meglio: non muoversi dalla Pece Greca, lasciare i
grilli di lussi e di divertimenti, e giacché aveva un mestiere per le mani,
tenerselo buono per ogni evenienza e anche per ripararsi agli occhi del mondo,
dietro una specie di paravento; non rovinarsi, questo era l'importante; credeva
lei che fosse oro tutta la roba che luce per la strada? divertirsi a tempo e
luogo, va benissimo, ma senza scandalo, in modo da non rimetterci mai per
nessun verso e guadagnarci sempre.
Cosí, fra tante croci, per la
Bricicca era almeno una consolazione quella di vedere di nuovo sua figlia
incamminata sulla buona strada, come prima d'andare a Manassola; consolazione
di cuore e di tasca, infatti non le toccava piú pensare a vestirla — ed era un
bel profitto e quasi neppure a mantenerla. Dove le avesse trovate, in quella
stagione deserta, lei non lo sapeva, ma i fatti parlavano chiaro, Marinetta era
riuscita a ingegnarsi tanto da stanare delle buonissime poste, e col suo
talento e colla sua abilità a farsi benvolere, sicché spesso le capitava,
stando alle sue parole, che ora una signora o l'altra per certi lavoretti se la
tenevano in casa tutto il giorno e l'obbligavano a sedersi alla loro tavola;
dei regali non se ne parla, ogni momento ce n'era dei nuovi, roba fina, non
roba da bazar a quarantanove centesimi, e roba utile, se non altro per portarla
al Monte in un caso di necessità. Se andava avanti cosí, colla fortuna che le
soffiava di poppa, in quattro e quattr'otto si metteva da parte la dote e
niente impediva che pensasse a incaricarsi di sua madre e di sua sorella, e a
levarle dai patimenti; dopo averla portata esse, piangendo a lagrime di sangue,
la croce ora doveva portarla lei, che camminava in mezzo ai garofani.
Questo era un altro discorso:
Marinetta aveva da pensare a sé, e solamente il vestito si mangiava piú della
metà del guadagno, ché se mettendo in pratica i consigli dell'avvocato
Raibetta, non faceva nessun lusso da dare nell'occhio e al fumo ci aveva
rinunziato, pure l'obbligo suo era d'essere sempre pulita e provvista, massime
nella biancheria e nella calzatura, le due cose a cui teneva di piú fino da
bambina, e nei busti che costavano l'incredibile, e non passava giorno che non
rompesse una stecca. Se diverse volte la settimana, per accomodarsi lo stomaco
guasto dai minestroni di sua madre o perché aveva fatto tardi, profittava
dell'invito e si fermava a pranzare dalla signora Barbara, il suo scotto
bisognava bene che lo pagasse! che grandi economie le restavano? ad ogni modo,
dato che ne avesse, i suoi guadagni voleva tenerseli perché non si sa cosa
possa succedere da un momento all'altro; a caricarsi la famiglia sulle spalle,
prima non c'era obbligata, poi aveva troppi impegni per sé. — Nel sentire
queste ragioni, Pellegra finiva per approvarle, ma in realtà, senza
accorgersene, Marinetta era diventata avara come una pigna, e di giorno in
giorno, covando il suo mucchietto, gongolava, di vederselo crescere sotto gli
occhi.
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