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Gaspare Invrea (alias Remigio Zena)
La bocca del lupo

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XXII

 

Verso gli ultimi d'agosto il solito usciere, ch'era già venuto due volte, portò alla Bricicca un'altra citazione, e in via d'amicizia gliela lesse lui punto per punto, spiegandole bene che si trattava del dibattimento davanti al Tribunale, ripetendole il giorno preciso e l'ora in cui doveva comparire, se le premeva di non essere condannata senza fare le sue difese. Al Tribunale! ed essa che nell'interno del suo cuore si figurava che i giudici si fossero scordati di lei e il suo processo fosse rimasto nel fondo del cassone, perché dopo i due interrogatori non l'avevano piú disturbata! Tempo otto giorni, e come quella povera donna che aveva visto, anche lei seduta su quella maledetta panca in mezzo ai carabinieri, guardata dal pubblico come la biscia all'incanto, avrebbe dovuto rispondere a quelle tre macchie d'inchiostro lassú sul trono, piú nere del tabarro del diavolo, che si chiamavano giudici e prima di venire a sedersi a tavolino, le condanne le avevano già nella manica! Tempo otto giorni, non c'era rimedio, la pigliavano per la gola senza misericordia, senza concederle un minuto per poter pensare con calma ai casi suoi, e la portavano dritta al macello!

Piuttosto che andare dall'avvocato Raibetta la Bricicca avrebbe preferito inghiottire un bicchiere d'olio di noce, ma se non ricorreva a lui, che era stato pagato e conosceva la faccenda, chi le dava aiuto? Il signor Costante, dopo l'ultima intemerata che le aveva fatto? Non serviva a niente, ma tutti gridavano che l'avvocato ci voleva, e cosí, certa e sicura di sorbirsi una ramanzina peggio di quell'altra, si presentò alla porta dello scagno, lei sola, perché Angela era colla solita febbre, e Pellegra probabilmente l'aveva ipotecata il signor Costante.

Nella prima sala si trovò a sedere vicino a una signora che insieme ad altre persone aspettava il suo giro e che vedendola imbarazzata sulla porta, senza conoscerla le aveva fatto un po' di posto, una signora grassa, con dei baffi da militare e una faccia rossa a fuoco, che solo d'accostarle un zolfanello si sarebbe acceso; vestita di seta nera, con una mantiglia a falbalà seminata di perlette, e al collo un medaglione d'oro largo come il fondo d'un bicchiere con dentro il ritratto d'un tizio, e braccialetti ai polsi e anelli ai diti, doveva essere la moglie d'un impiegato grosso del governo a giudicarla dal modo forestiero di parlare o lombardo o napoletano, uno dei due. Cominciarono a discorrere sottovoce del gran caldo, poi della seccatura d'aspettar tanto prima d'essere ricevute, e una parola tira l'altra, passando il tempo sarebbero venute le confidenze, se sul piú bello non fosse uscito dallo studio l'avvocato, col cappello in testa, dicendo forte a tutti che doveva trovarsi di premura in Tribunale e per quel giorno non poteva piú dare udienza a nessuno fino dopo le quattro, se pure riusciva a sbrigarsi.

Tanti saluti a casa; era un destino di non potergli piú parlare! Rimasta l'ultima ad andarsene per consegnare al giovine di scagno la citazione che la facesse vedere al principale e l'avvisasse del dibattimento, la Bricicca gli domandò al giovine, cosí per pura curiosità, chi era quella signora grassa, che le pareva all'incirca di conoscerla di vista, e non aveva avuto paura di sporcarsi a stare vicino a una povera donna come lei e a intavolare discorso; si vedeva subito una persona di famiglia alta, ma una persona bene educata, senza la superbia dei ricchi... Il giovino di scagno, un burlone se ce n'era uno, alzò la testa dalle sue carte bollate, guardando in faccia la Bricicca, fissandola serio nel bianco degli occhi: non conosceva quella signora? capperi! la vedova d'un ministro, una forestiera di vaglia, principessa o baronessa a dir poco, che se guadagnava la lite difesa dall'avvocato Raibetta, coi suoi milioni faceva la barba a tutti i signori di Genova e d'Italia; era già molto ricca, spendeva somme dell'altro mondo, ma se guadagnava la lite che aveva contro la regina d'Inghilterra...

Nientemeno! press'a poco come lei, Francisca Carbone, ch'era in lite continua coi cavurrini, e quel giorno, finiti di consumare gli avanzi della famosa sottoscrizione, litigava coll'appetito addirittura! non un cane, nemmeno sua figlia Marinetta, che volesse aiutarla, nemmeno il signor Costante, che passava duro e non si voltava piú dalla sua parte. Per giunta, Angela inferma: tornata a casa, la trovò mezzo strangolata dalla tosse, colla bocca sul bacino pieno di sangue schietto.

Non era la prima volta, ma sono improvvisate che spaventano sempre. Corse sulle scale a chiamar le vicine, mise dell'acqua al fuoco non sapendo neppure perché ce la mettesse, tanto per fare qualche cosa. Un medico ci sarebbe voluto! Intorno al letto d'Angela, le donne suggerivano di mandarla all'ospedale di Pammatone; Angela, collo stomaco rotto, la faccia affilata come una lama e gli occhi stralunati, faceva segno di no colla testa: non voleva andarci all'ospedale, non voleva! Le Testette avrebbero dovuto vederla in quello stato, e il loro degno fratello Giacomino, che erano la causa di tutto! Per fortuna, con dei senapismi ai piedi, gli sbocchi di sangue cessarono, e quando il medico venne, ché una vicina era andata a cercarlo in fretta girando tre o quattro spezierie, non trovò piú che una grande debolezza, scrisse due righe di ricetta e scappò via, raccomandando riposo e buoni brodi.

Sicuro, ma per farli i buoni brodi, la Bricicca poteva mettere a bollire nella pignatta un paio di scarpe! Venuta Marinetta a cambiarsi, dopo un battibecco che come quello tra madre e figlia non c'era mai stato, riuscí ad avere qualche franco; ma niente di piú, perché Marinetta protestò di non possedere altro, anzi dopo tutto quello che in casa si era fatto per lei, ebbe l'ardimento di rispondere con arroganza e minacciare che se la seccavano ancora, pigliava la porta e nella Pece Greca non compariva piú manco dipinta; se col suo lavoro guadagnava tanto da vestirsi, adesso si figuravano che camminasse sui marenghi? E non diceva mica bugia protestando d'avere pochi denari in saccoccia: di mano in mano i suoi risparmi li consegnava all'avvocato Raibetta, che non solo si era incaricato di tenerglieli, ma le pagava pure i frutti.

Quantunque sempre debole e martirizzata dalla tosse, Angela questa volta in pochi giorni mise ancora una pezza al suo male, tenuta su da un coraggio da leone e dalla ferma speranza che Giacomino le ritornasse: lei lo conosceva Giacomino, aveva troppo buon cuore e le aveva dimostrato troppo bene per abbandonarla cosí; era impossibile che il Signore vedendola soffrire tanto non glielo restituisse. E si lusingava e aspettava con fede un miracolo, non sapendo nella sua ignoranza e nella sua semplicità che Giacomino non solo si era voltato da un'altra parte, ma le sue sorelle l'avevano deciso a rompere con lei perché era saltata fuori la figlia d'un oste di Portoria e il matrimonio era quasi concluso. Tentò perfino di rimettersi a lavorare per venire in aiuto di sua madre, e nei momenti brutti cercava di consolarla: i giudici non erano cristiani anch'essi? se erano cristiani, se avevano famiglia, almeno per compassione l'avrebbero lasciata libera; ma non per compassione, per giustizia sacrosanta! con tanti assassini e tanti ladri al mondo, il Signore non poteva permettere che mandassero in prigione una madre di famiglia disgraziata, che non aveva ammazzatorubato.

Certi giorni il Signore chiude gli occhi, oppure tiene altre faccende per le mani; se dovesse pensare alla direzione della giustizia veramente giusta in questo mondo, oltre i fastidi e il cattivo sangue, non gli resterebbe piú tempo per il resto. Con tutto ciò, siccome è meglio averlo amico che nemico, e se vuole, i giudici può illuminarli, la mattina del giorno stabilito pel dibattimento, la Bricicca andò in chiesa con Angela a sentire una messa in suffragio delle anime del purgatorio, e Angela volle confessarsi e comunicarsi all'altare della Madonna della Guardia, restando piú d'un'ora inginocchiata sul marmo a pregare e a piangere: bella Madonna cara della Guardia, essa si metteva piena di confidenza sotto il vostro manto e la sua speranza era tutta riposta in voi sola!

Anche la Bricicca infilò con divozione i suoi paternostri e le sue avemarie, sebbene in fondo fosse molto meno inquieta di quello che si sarebbe creduto, dopo che l'avvocato, essendosi finalmente degnato di riceverla, le aveva promesso la sua assistenza per la trattativa, non perché lei se la meritasse, ma perché non era solito a mangiarsi la parola. Ben lontano dall'assicurarle una felice riuscita, dal momento che essa colla sua confessione a sproposito si era tagliata le gambe, nondimeno le aveva fatto coraggio, spiegandole che alla peggio, dopo la sentenza del Tribunale, ci sarebbe stato l'appello e avrebbe sempre avuto davanti a sé qualche mese, prima di dover entrare in Sant'Andrea. E non solo questo: l'avvocato Raibetta, con bella maniera, aveva pure messo fuori la probabilità d'ottenere a Roma mediante impegni speciali la grazia dal re, tanto pel3 carcere come pel pagamento della multa; ad un patto però, ossia che essa, Francesca Carbone, si rassegnasse a dichiarare all'udienza d'avere accusato a torto nell'interrogatorio del giudice istruttore, il signor Costante Giroffo; non c'era altra strada d'uscirne; doveva dire d'averlo accusato in un momento d'eccitazione, non sapendo cosa si facesse, per certi suoi motivi privati, e nient'altro. — Una vera figura da cioccolattiere che le toccava fare alla Bricicca, ma nella lusinga della grazia, messa alle strette dall'avvocato proprio la vigilia della causa, aveva chinato la testa, che a forza di chinarla per obbedire a dir di , a momenti la molla del collo si rompeva in due pezzi, piegata sempre pel medesimo verso.

Al palazzo Ducale l'accompagnarono Angela e Pellegra, dopo un sorso di caffè in casa e un bicchierino d'acquavite d'anici dal liquorista per confortarsi gli spiriti, senonché Pellegra, essendo citata come testimonio, appena si trovò sopra nel vestibolo del Tribunale, dovette andarsene sola in fondo al corridoio, nella stanza che le fu destinata da un usciere. Marinetta aveva dichiarato di non voler venire: col suo temperamento sensibile, non era fatta per assistere ai processi, specie quando si trattava di sua madre, e solamente di vedere i giudici si sarebbe sentita mancare il cuore; tanto, quel giorno era troppo occupata, troppo carica di lavoro per potersi prendere mezza vacanza.

Tutto il tempo d'aspetto prima che la sua causa fosse chiamata, la Bricicca lo passò con Angela in un bugigattolo, pieno di toghe e di cappelli appesi al muro, dove l'usciere della quarta sezione l'aveva accomodata alla meglio, lei e sua figlia, per levarle dal vestibolo che all'ora delle udienze cominciava a popolarsi; in quella babilonia d'ogni sorta di gente, due donne sole, ferme, nei piedi degli avvocati e dei procuratori, non ci stavano bene, massime una ragazza, e l'usciere ch'era uomo anziano e padre di famiglia anche lui, queste cose le capiva, e potendo usare una cortesia o un'opera di carità, l'usava volentieri di sua propria idea. Per essere usciere, era una brava persona, Dio gliene renderà merito, ma intanto dentro ci si soffocava dal caldo; Angela, colla testa in seno, pregava sottovoce, la Bricicca non poteva star quieta, agitandosi, sbuffando, masticando, ora frenetica pel ritardo, ora sulle spine per la paura d'essere chiamata all'improvviso, ché se la mattina le sembrava d'essere forte e coraggiosa, adesso, venuto il momento, aveva il cuore in mezzo a due pietre. Capitò l'avvocato Raibetta a farle le ultime raccomandazioni: si ricordasse bene di ciò ch'erano rimasti intesi circa il Costante, e non dubitasse di nulla, c'era lui ad assisterla, e al resto ci pensava lui. — Aveva bel dire l'avvocato colla sua faccia fresca da padre guardiano! pensava al resto! e se la condannavano, era lui forse che pensava ad andare in prigione? bella assistenza! l'assistito davvero era il signor Costante, che potesse morire sulla forca!

Quando venne l'usciere a prenderla per accompagnarla in sala d'udienza, con tutto il caldo che faceva si senti un brivido dalla testa ai piedi, come se le avessero gettato sulla pelle nuda un lenzuolo bagnato d'acqua fredda. Angela ebbe la forza d'aggrupparle sotto la gola il fazzoletto di seta, poi le si buttò al collo abbracciandola stretta e baciandola in uno scoppio di pianto; lei non aperse bocca, si lasciò guidare al suo destino, traversò la folla senza vedere nessuno, sedette dove le dissero di sedere. Pareva insensata. Ferma al suo posto, colle braccia in croce, gli occhi fissi sui tre giudici, non pensava che a una cosa sola, a quella donna che aveva visto seduta in mezzo ai carabinieri sulla stessa panca dov'era lei, col figliuolo attaccato al petto, e la sua gran paura era che i carabinieri comparissero da un minuto all'altro per ammanettarla e portarla via. Dietro le sue spalle il pubblico si accalcava contro la balaustra di legno, per quanto piano si sentiva nella sala un susurro generale, mentre i giudici chiacchieravano tra loro e con quello che faceva da fisco, aspettando l'avvocato. La Pece Greca si può dire che c'era tutta quanta, segnatamente le donne; Angela, piena di vergogna, se ne stava in fondo, appoggiata al muro, col fazzoletto contro la bocca, mordendolo forte coi denti per soffocare i singhiozzi che la strangolavano. Quando l'avvocato fu a posto, il presidente suonò il campanello, diede un'occhiata a certi suoi foglietti e disse: «Carbone Francisca, alzatevi; come vi chiamate?» La Bricicca non intese e non si mosse. «Carbone Francisca, alzatevi; come vi chiamate?». Lei si alzò e rispose «Francisca Carbone».

In prima riga c'era la Bardiglia, gongolante, con tanto d'occhi larghi e d'orecchie spalancate, sempre a tirare per la manica una delle sue vicine o a parlare cosí alto da farsi imporre silenzio dall'usciere. Finalmente, prima di morire, l'aveva avuta la consolazione di vedere in giustizia la Bricicca a combattere coi superiori e sul punto di pagarle tutte! Eccola che adesso le avevano tagliato la lingua e per rispondere alle domande del presidente inghiottiva ogni volta un litro di saliva e arrancava le parole, essa che nella Pece Greca trinciava e squartava a fette l'universo! dov'era andata la sua presunzione?

Un ometto, il presidente, che a soffiarci addosso spariva sotto la tavola, ma si vedeva che la sapeva lunga: senza barba, con una vocina da donna, ma confessava l'amica adagio adagio, e l'amica era obbligata a baciare in terra.

Ci fu nel pubblico un po' di bisbiglio quando l'avvocato Raibetta si alzò in piedi e fece domandare alla Carbone Francisca, dopo ch'essa aveva pienamente confessato colla scusa di non sapere di far male, se il giuoco lo teneva lei come lei, a suo rischio e pericolo, oppure per conto di terze persone, e la Bricicca, annaspando le parole, s'ingarbugliò in un bosco d'ortiche da non potere piú andare avanti né indietro, voltandosi verso l'avvocato come per supplicarlo di suggerirle lui quello che doveva rispondere. Il pubblico non capiva: ci voleva tanto a distendere le carte in tavola? peggio per chi le aveva sporche, e non c'era nessuno che non sapesse il nome della persona che aveva le carte sporche piú di tutti; e capí ancora meno all'uscita della Bricicca, tirata fuori colle tanaglie parte dal presidente parte dal difensore, cioè che lei il giuoco lo teneva per conto suo, roba da poco, si sa, perché le mancavano i mezzi, e che al giudice istruttore aveva detto una bugia coll'accusare un certo signor Costante Giroffo d'essere il vero provveditore dei fondi. Le donne strabiliavano: che capriccio da matti, di caricarsi sulle spalle tutta la colpa, anche quella che non le spettava? era chiaro che per farla parlare a quel modo il signor Costante le aveva ingrassato con dei bravi biglietti il canale della gola, ma l'avvocato, l'avvocato Raibetta ch'era tutt'altro che una talpa, perché lasciare che essa si cacciasse da sé in bocca al lupo? — La Bricicca, non avendo piú altro da dire, sedette di nuovo, stanca morta come se tornasse a piedi da un viaggio a San Giacomo di Gallizia, e si cominciarono a sentire i testimoni, il maresciallo e le guardie che avevano operato la contravvenzione.

 

 




3 "per" nel testo. Effettuata la correzione dopo verifica con edizione Treves 1892 [nota edizione elettronica Manuzio]






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