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Gaspare Invrea (alias Remigio Zena)
La bocca del lupo

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  • XXVIII
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XXVIII

 

Da quella sera le Testette, o insieme o una volta l'una e una volta l'altra, non mancarono piú di andare a trovar Angela tutti i giorni, avendo avuto un permesso speciale di portarle degli aranci e fermarsi qualche ora ad aiutarla a passare meno male che fosse possibile il tempo penoso d'una malattia senza rimedio e senza speranza. Era un'opera di carità, quantunque in certo modo ne avessero l'obbligo per riparare i loro torti, ché adesso i loro torti li confessavano, principalmente dopo che avevano potuto conoscere i meriti della nuova cognata, un fico d'India tutto spine, venuta in casa colla testa gonfia di lussi e di divertimenti e di prepotenze, a portare la rivoluzione. Dall'altra parte, se non fosse stato per esse, Angela sarebbe rimasta abbandonata o quasi, ché sua madre aveva troppe occupazioni e Marinetta del tempo da perdere ne aveva ancora meno.

Già, il signor Costante l'aveva cantato in musica fino dal principio che per Marinetta non era prudenza, alla sua età, mettersi a contatto d'una tisica, e questa ragione levava di mezzo tutte le altre; ma se ci fosse passata sopra e non avesse guardato al pericolo d'attaccarsi il male andando a vederla, l'avrebbe fatta guarire sua sorella? La Bricicca poi non l'avrebbe fatta guarire nemmeno lei, pure, perché i maligni della Pece Greca non l'accusassero secondo il solito, due o tre volte un ritaglio di tempo per una corsa all'ospedale l'aveva trovato, non sapeva come, e altre due o tre volte per mandare a sua figlia delle castagne bollite, ch'erano sempre state la sua passione, si era servita di Pellegra. Non si crederebbe: i maligni l'avevano accusata lo stesso!

Se il Signore avesse voluto fare le cose giuste, prima di distendere Angela sui quattro ferri d'un letto, per esempio avrebbe potuto aspettare che gli sposi fossero andati in chiesa e al municipio e la festa fosse finita in santa pace, oppure avrebbe potuto pigliarsela in paradiso con sé qualche mese prima, quella benedetta creatura, ma dal momento che aveva giudicato diversamente, bisognava bene adattarsi! Di tirarla in lungo, tanto Marinetta come Pollino Gabitto non volevano saperne manco per ombra, la Rapallina, il signor Costante, e in generale tutti quelli che per amicizia s'interessavano al matrimonio, compreso perfino l'avvocato Raibetta, la loro opinione non la nascondevano: per una che oggi o domani ha da morire, e non c'è piú medicina a pagarla né a peso d'oro né a peso di sangue, si deve disturbare tutto il genere umano? si dovevano far fermare le ferrovie e i telegrafi e chiudere le botteghe, perché Angela aveva già in tasca il passaporto? — Pellegra non sarebbe stata lei se non avesse criticato, ma le critiche di Pellegra contavano come quelle del frate laico di San Barnaba, brodo lungo e seguitate, e per ammorbidirla bastava una paio di bicchierini d'anice.

Buttar via i denari dalla finestra per fare mezza giornata la figura di principi e principesse e l'indomani trovarsi sulla paglia, no; farsi ridere dietro le spalle e farsi chiamare spilorci o miserabili, neppure; cosí Marinetta, che sapeva il costo dei biglietti da cento e dei biglietti da cinque, si era consultata con chi aveva pratica di mondo, e le cose dello sposalizio le aveva regolate lei, lasciando cantare gli altri. L'alloggietto di via Fieschi piú o meno era pronto, i mobili in ordine, le pubblicazioni fatte, e un sabato, nel dopopranzo, se ne andarono tutti al palazzo Tursi, divisi in due squadre per non dare nell'occhio, prima il Gabitto col signor Costante e il fuochista suo cognato, poi a dieci minuti di distanza, Marinetta, vestita pulitamente con una veste nuova a quadretti scozzesi, ma senza nessuna idea di lusso, accompagnata dalla sua amica indivisibile. La Bricicca l'avevano persuasa di non venire, colla scusa che al municipio il sindaco le avrebbe domandato, per scrivere sul registro, nome, cognome, domicilio, e via discorrendo, e sarebbe stata obbligata a scoprire le sue magagne e a confessare in pubblico che il suo domicilio dalla Pece Greca era sulle ruote per stabilirsi in un palazzo del governo.

Probabilmente il sindaco, un marchese alto e grasso, coi baffi bianchi, la Bricicca non la avrebbe neppure guardata, tutto occupato com'era a sbrigare matrimoni uno dopo l'altro, ché quel giorno ce n'era una processione, anzi diede appena un'occhiata a Marinetta, e piuttosto burbero, la sua filastrocca gliela lesse a vapore, mangiandosela mezza, senza farle né auguricomplimenti. Due parole d'augurio il sindaco dovrebbe essere obbligato a dirgliele alla sposa! Aveva bel predicare il signor Costante, e difendere le leggi del governo! una cerimonia fredda, a rotta di collo, dopo tre ore d'aspettativa sotto le colonne del porticato; che necessità d'una sala colle poltrone di velluto rosso e le tendine di damasco e dell'oro da tutte le parti, se non si faceva altro che traversarla come le figure della lanterna magica? Una cosa che il signor Costante non poteva difendere era il sussiego e la superbia dei servitori nella loro marsina turchina coi bottoni d'argento, che andavano avanti e in dietro, spingevano senza riguardo le persone, comandavano alto e basso, peggio che se fossero stati essi i padroni di casa. L'unico complimento, se si può prendere per un complimento, Marinetta l'ebbe in fondo dello scalone, dove essendole caduto il ventaglio, un pompiere di guardia, che lei non si ricordava d'avere mai visto in vita sua, nel tirarlo su e nel porgerglielo, non le disse altro che questa parola, a mezza voce: «peccato!» senza spiegare se la sua compassione era per il ventaglio rotto o per la santa verginità della sposa.

L'indomani in parrocchia la funzione riuscí benissimo, non come funzione, ché il parroco quella mattina anche lui si era alzato col berrettino storto e non approvando quel matrimonio col Gabitto, non aveva fatto preparare né l'organista né due candele di piú, ma almeno in chiesa e sulla piazza la popolazione della Pece Greca era venuta tutta. Marinetta non domandava altro: farsi vedere! già che aveva speso le sue economie per un vestito di seta, ultimo figurino arrivato da Parigi, d'uno di quei colori di moda che non si sa precisamente che colore sia, tra il grigio, la pulce e il caffè-latte, e possedeva degli orecchini di brillanti, degli anelli, e un braccialetto e una catena coll'orologio, alla sua comparsa ci teneva; bene o male, dalla Pece Greca ne usciva per sempre e si preparava a battere le scarpe per non portarsi via manco la polvere delle strade, però voleva che le invidiose e le cattive lingue se ne ricordassero di lei finché campavano! Sua madre, infagottata alla meglio in una veste antica della Rapallina, che sembrava un casotto dove si vendono i giornali, voltandosi davanti e di dietro e vedendo tanto concorso, pensava a un altro trionfo, a quello della prima comunione di Marinetta, e non poteva capire perché allora si sentisse nel cuore un altro godimento, una contentezza tutta diversa!

Avrebbero potuto dirglielo le Testette il perché, e sotto un altro punto di vista la stessa Marinetta, ma le Testette non c'erano, e Marinetta, in vetrina sull'inginocchiatoio di damasco, s'infilava i guanti bianchi; a rigore, se l'avesse domandato, gliel'avrebbero detto tutti quelli che si trovavano in chiesa, cominciando da Pellegra, e sulla provenienza della veste elegante, degli orecchini e del braccialetto non avevano piú niente da imparare. Sebbene non si suonasse l'organo, se la Bricicca non avesse avuto le orecchie foderate di ghisa, la musica l'avrebbe sentita egualmente, da qualunque parte si fosse voltata, piena orchestra su tutti i toni e su tutte le arie.

Lui pure sui cuscini dell'inginocchiatoio, che non sapeva come starci, Pollino si arricciava i baffi guardando di qua e di , fingendo d'essere distratto per paura di sembrare troppo religioso, e ci fu un momento che i suoi occhi essendosi incontrati con quelli della Rapallina, rimase distratto per davvero e colla candela accesa che teneva nella mano sinistra diede fuoco al pezzotto di Marinetta. Un lampo e nient'altro, ché della gente per precipitarsi in un attimo a spegnere la fiamma non ne mancava, anzi il movimento successe cosí presto che ci fu pochissimo subbuglio e l'ultima ad accorgersi del pericolo fu la stessa Marinetta. Con questi pezzotti di velo, cosí sottili come si usano a Genova, svolazzanti sulle spalle, se non si sta attenti a tener dritta la candela invece di guardare i begli occhi delle Rapalline, ch'era una marcia vergogna, si corrono dei brutti rischi, e il Gabitto, almeno per rispetto umano, almeno per quel giorno che si trovava davanti al prete, un po' di giudizio avrebbe dovuto mostrarlo! — Pellegra pensò subito ai numeri del seminario che doveva giuocare: 71 e 63.

Finita la messa, buttata giú alla svelta proprio per obbligo, senza uno straccio di discorso, gli sposi uscirono a braccetto in mezzo a due righe di popolo, lei col suo pezzotto completamente bruciato e il tulle a sbuffi del colletto bruciato per metà, pallida, con una faccia che non era quella né della salute né della contentezza, lui indifferente, tirando fuori la paglia da un sigaro virginia. Tant'è, l'aria della sposa non contentava nessuno; vedendola passare, la gente non capiva dove lei avesse preso tutto in una volta quella cera che non era mai stata la sua e quegli occhi spiritati: cominciava presto a pentirsi, il marito poteva stare allegro, quantunque in fondo non si mostrasse troppo tenero neppur lui, e la Bardiglia e sua figlia la Linda lo cantavano piano e forte senza rispetto al luogo sacro: il tempo delle tenerezze tanto l'uno come l'altra l'avevano fatto passare, condito in tutte le salse.

Sulla piazza, poche congratulazioni e poche ciarle volendo far tappa in un caffè per mettersi qualche cosa di caldo nello stomaco, non c'era tempo da perdere se si teneva a partire per Busalla col diretto. Questa gita a Busalla l'aveva ideata il signor Costante: le solite scampagnate degli sposalizi in cinque o sei landò a Nervi o a Sestri, erano scampagnate per modo di dire, costavano un subisso di denaro, sempre in vista del mare, nella polvere della strada battuta, e la vera campagna non si sapeva cosa fosse; a Busalla invece ci si andava sul treno, si spendeva la metà della metà viaggiando in seconda classe come tutte le persone che si rispettano, e arrivati, non solo si respirava una bella boccata d'aria sana pigliandosi una vista delle colline e del fiume Scrivia, ma si poteva contare d'essere quasi in Piemonte.

Tanto è vero che si era quasi in Piemonte, che pareva d'esserci del tutto, e sotto le gallerie faceva già un freddo diabolico. Gli uomini non lo sentivano o per lo meno pretendevano di non sentirlo, ma le donne, non parlando di Marinetta che a portarsi scialli e casacche per coprire il suo vestito da sposa non ci aveva pensato di sicuro, la Bricicca, la Rapallina, la sorella del Gabitto, gelavano vive e non finivano piú di prendersela col signor Costante: non l'aveva letto il lunario? non lo sapeva d'essere in novembre e che in novembre non è stagione da cacciarsi sui monti? Per esse poco male, il peggio era per Marinetta, vestita come d'estate: tremava e aveva la faccia colore della cenere e le labbra pavonazze; a tirarle una parola dalla bocca ci volevano le tanaglie. Secondo la sua eterna abitudine, a tutte le domande rispondeva di non aver niente, eppure si capiva che non stava bene, e la Rapallina avrebbe scommesso volentieri uno scudo che piú del freddo in ferrovia era lo spavento della mattina, quando in chiesa si era vista avviluppata dalle fiamme, la causa principale di quel malessere; sulle prime pareva che non se ne fosse quasi nemmeno accorta, che tutto fosse finito subito senz'altro danno all'infuori del pezzotto, ma per quanto si sia fatto presto a spegnerlo, il fuoco aveva avuto tempo di vederselo addosso e di sentirlo, ché la frangetta dei capelli sulla fronte l'aveva bruciata, e pretendere che sia rimasta impassibile e il sangue non le abbia dato un tuffo, era pretendere troppo.

Il piú bello è che usciti dalla galleria lunga dei Giovi, trovarono la neve che veniva giú allegramente come Dio la mandava. Questa non se l'aspettavano. A Busalla, appena scesi, dovettero rifugiarsi nella sala dei bagagli, ché con quel velluto per terra e quei fiocchi sbattuti dalla tramontana, non era il caso di portare in giro pel paese gli stivalini inverniciati e le sete leggiere; il capo-stazione diede a Marinetta, che se lo mettesse sulle spalle, il suo cappotto da inverno, una montagna col pelo cosí lungo, che le sembrò un ricovero piovuto dal cielo. Erano queste le delizie di Busalla? Il signor Costante si faceva in quattro per scusarsi: non era profetafiglio di profeta; a Genova, prima di partire, un tempo grigio, ma non troppo fresco, non troppo caldo; poteva indovinarla la neve al di dei monti, nel mese di novembre che fino a nuovo ordine era sempre stato un mese d'autunno? Ebbene, ecco una novità, un divertimento fuori del programma: volevano avere un'idea della Svizzera? tale quale: montagne e neve, neve e montagne; tornata a Genova, la sposa poteva giurare in coscienza d'aver fatto il suo bravo viaggio di nozze fino in Svizzera!

Mentre la comitiva batteva le bullette sotto la tettoia, ecco arrivare col treno d'Alessandria l'avvocato Raibetta, armato del fucile da caccia e la carniera in tracolla. Da qualche mezza paroletta del signor Costante, l'aspettavano e non l'aspettavano, ossia, sapendo che possedeva a Busalla una casetta di campagna, Marinetta aveva subito capito ch'era stato lui a suggerire la scelta del luogo, e se essa sperava di vederselo capitare e il Costante rideva nel barbone colla sua aria furbesca, la Bricicca, che ne aveva soggezione, non si sarebbe niente disperata se fosse rimasto a casa, mentre Pollino Gabitto e la Rapallina non volevano concedere a nessun patto che un signore come lui, negli affari fino agli occhi, avrebbe avuto tanta degnazione d'incomodarsi. Invece, eccolo saltar giú, ilare e trionfante: tornava dalla Corte d'Appello di Casale, e profittando della neve per fermarsi due giorni nella sua bicocca a caccia d'uccelletti, era troppo felice d'offrire alla sposa i suoi auguri e passare insieme la giornata, se essa glielo permetteva.

Figurarsi se essa non glielo permetteva; solamente, l'avvocato Raibetta non riusciva a darsi pace di vederla cosí avvilita, presa dal freddo, con tutta la montagna del capostazione sulle spalle. Si mise a darle la berta: mezz'ora prima era gelato un asino carico di polenta calda! Fuori burla, una fatalità essersi intoppati il giorno delle nozze in quel tempo da lupi, ma non l'aveva mai vista la signora Bianchina? lui, cacciatore, dentro la neve ci sgambettava come un grillo nell'erba; questione d'abituarsi; non potendolo cambiare il tempo, o manipolarlo a piacimento, la meglio cosa era d'accettarlo con disinvoltura, senonché l'avvocato non tardò molto ad accorgersi che per Marinetta non era questione d'abituarsi al freddo o di disinvoltura, e bisognava levarla subito di se a lui e agli altri premeva che non si buscasse un malanno serio: tremava sempre piú, sempre piú colore della cenere, battendo i denti insieme come se fossero stati martelletti. Non c'era altro da fare che metterla in carrozza, la prima che si trovava, e se non si trovava, fare attaccare apposta, e portarla di corsa davanti a un buon fuoco, nella locanda del Cavallo rosso.

E una bella fiammata in una stanza chiusa e un uovo sbattuto nel marsala furono pel momento la medicina migliore. Sul principio si era parlato di mandare a chiamare il medico, poi, per fortuna, le cose essendosi messe bene e piú presto di quello che si credeva, invece del medico si pensò a chiamare il cuoco della locanda, ch'era un personaggio piú allegro e piú importante, ma su questo capitolo del pasto il signor Costante si era già preso lui carta bianca da una settimana. Nell'aspettativa, Pollino, suo cognato il fuochista e due barabba, amici e conoscenti di Pollino, che non si sapeva da dove fossero usciti e chi li avesse invitati, non erano gente da chiudersi in una stanza a contare le mattonelle del lastrico, se la diedero a gambe per la campagna, rotolandosi nella neve peggio dei ragazzi, facendo battaglia, e andando a finire in un'osteria, dove tra il giuoco delle carte e i litri di vino, insieme a certe altre nuove schiume della medesima risma, ci volle la lanterna per poterli pescare. In quanto alle donne, dire d'esser venute a Busalla senza aver messo il naso fuori per paura della neve, secondo il signor Costante sarebbe un farsi tirare nella schiena tutti i limoni spremuti della Pece Greca: la palazzina dell'avvocato, sopra una montagnola al di del ponte, bisognava visitarla, solo per vedere le pitture e gli uccelli imbalsamati, che ce n'era piú d'un migliaio in vetrina, di tutti i colori e di tutte le specie. Cosí anche la Bricicca e le altre si adattarono a uscire, sebbene ne avessero poca voglia, e il Costante si prese l'incarico di fare gli onori di casa. Si capisce che per prudenza Marinetta rimase in locanda e l'avvocato si fermò a tenerle compagnia.

Seduta al caldo in una bella poltrona elastica, larga e imbottita, cosa gli abbia detto al suo angelo custode e l'angelo custode cosa le abbia detto a lei, è difficile saperlo, perché nessuno era presente. Attraverso i vetri della finestra di faccia avranno guardato insieme il presepio, le montagne alte in lontananza e le collinette piú vicine tutte bianche, seminate d'alberi intirizziti e ai piedi il fiume Scrivia, grigio come la poca fetta di cielo che si vedeva, oppure dall'altra finestra, a mano dritta, il gruppo delle case cogli abbaini neri sul bianco dei tetti, le palazzine isolate dei villeggianti, verdi, gialle, rosse, nella bambagia perché non si guastassero, e il campanile della chiesa che in mancanza di divoti da chiamare, non aveva da far altro che la guardia ai fumaioli, tutti col berrettino da notte. Probabilmente, dopo aver guardato un pezzo quel quadretto della malinconia e della solitudine, si saranno stancati, Marinetta non avrà potuto tenersi dal raccontare il pericolo in cui si era trovata di bruciar viva e quella specie di male che aveva addosso senza saper dire che male fosse, una grande stanchezza nelle gambe e nelle reni, la testa balorda; avrà anche fatto all'avvocato le sue piccole confidenze, che oltre essere un buon amico, con lui i segreti erano inutili, e cosí tra un discorso e l'altro passando il tempo, tornate a casa le donne, tirati fuori gli uomini dal loro buco, sarà venuta l'ora di pranzo.

Ma, purtroppo, al pranzo la sposa fece poco onore; si vedeva chiaro che non stava ancora bene: dopo i primi bocconi non mangiò piú nulla, malgrado le suppliche e le preghiere, appena appena inghiottí qualche sorso d'un vino di Spagna, accendendosi come una bragia e poi tornando piú pallida di prima, rispondendo e no, nient'altro, quando si degnava di rispondere. Un mortorio! e sarebbe stato peggio se neppure gli altri avessero avuto appetito, ché si trattava d'un pranzo veramente di nozze, ordinato dal Costante per conto dell'avvocato Raibetta, con vini imbottigliati e pietanze d'ogni qualità, servito secondo tutte le regole; ma gli altri stavano benone, e se non c'era altra allegria, almeno si sentiva quella dei piatti e delle forchette e la voce del signor Costante. Fino al dolce, Marinetta era riuscita a farsi forza, aggrappandosi agli specchi per resistere, combattendo il male con quella volontà di ferro ch'era una delle sue specialità, poi all'ultimo dovette arrendersi buttò via il tovagliuolo quasi con smania, si alzò, e mentre faceva per incamminarsi nell'altra stanza, subito seguita dalla Rapallina, le traballarono le gambe e cadde in terra svenuta.

Successe quello che succede sempre in questi casi, i soliti strilli delle donne, la solita confusione del primo momento, il pranzo interrotto, acqua di camomilla e di fior d'arancio, piagnistei da una parte, consigli e buone parole dall'altra, la chiamata del medico e il resto dietro. Gli uomini, quasi subito si misero di nuovo a tavola, ma per farla corta, successe pure che venuta l'ora della partenza, Marinetta si divincolava sotto le lenzuola, assistita da sua madre e dalla Rapallina, e piú tardi, nella notte, le toccava una di quelle disgrazie che sogliono capitare alle donne in seguito a uno spavento o a un colpo improvviso qualunque.

Inutile cercare il pelo nell'uovo, voler sapere il come, il dove, il quando, chi era stato e chi non era stato; inutile questionare se il malanno era venuto per lo spavento del fuoco o per certi ingredienti suggeriti da qualche anima pia, tirarsi forte i capelli come faceva la Bricicca, e per coronar l'opera, salir sul pulpito; bisognava farle prima le prediche; bisognava, ché a quei chiari di luna invece di convertire facevano peggio! L'importante, piuttosto, era d'accomodare il guasto senza scandali e senza pubblicità, e se Marinetta ebbe una fortuna vera, fu quella di trovarsi nelle braccia della Rapallina, donna pratica di queste cose meglio d'un chirurgo, attiva, svelta, e quando occorreva, la prudenza personificata. Basta dire che Pollino Gabitto, lo stesso Pollino Gabitto ch'era il marito e in fin dei conti le sue prodezze non poteva averle dimenticate, ancora adesso giura che tutto il male di sua moglie fu una febbre gastrica, prodotta dallo strapazzo dei preparativi pel matrimonio e dal freddo in ferrovia.

 

 




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