Da quella sera le Testette, o
insieme o una volta l'una e una volta l'altra, non mancarono piú di andare a
trovar Angela tutti i giorni, avendo avuto un permesso speciale di portarle
degli aranci e fermarsi qualche ora ad aiutarla a passare meno male che fosse
possibile il tempo penoso d'una malattia senza rimedio e senza speranza. Era
un'opera di carità, quantunque in certo modo ne avessero l'obbligo per riparare
i loro torti, ché adesso i loro torti li confessavano, principalmente dopo che
avevano potuto conoscere i meriti della nuova cognata, un fico d'India tutto
spine, venuta in casa colla testa gonfia di lussi e di divertimenti e di
prepotenze, a portare la rivoluzione. Dall'altra parte, se non fosse stato per
esse, Angela sarebbe rimasta abbandonata o quasi, ché sua madre aveva troppe
occupazioni e Marinetta del tempo da perdere ne aveva ancora meno.
Già, il signor Costante l'aveva
cantato in musica fino dal principio che per Marinetta non era prudenza, alla
sua età, mettersi a contatto d'una tisica, e questa ragione levava di mezzo
tutte le altre; ma se ci fosse passata sopra e non avesse guardato al pericolo
d'attaccarsi il male andando a vederla, l'avrebbe fatta guarire sua sorella? La
Bricicca poi non l'avrebbe fatta guarire nemmeno lei, pure, perché i maligni
della Pece Greca non l'accusassero secondo il solito, due o tre volte un
ritaglio di tempo per una corsa all'ospedale l'aveva trovato, non sapeva come,
e altre due o tre volte per mandare a sua figlia delle castagne bollite,
ch'erano sempre state la sua passione, si era servita di Pellegra. Non si
crederebbe: i maligni l'avevano accusata lo stesso!
Se il Signore avesse voluto fare
le cose giuste, prima di distendere Angela sui quattro ferri d'un letto, per
esempio avrebbe potuto aspettare che gli sposi fossero andati in chiesa e al
municipio e la festa fosse finita in santa pace, oppure avrebbe potuto
pigliarsela in paradiso con sé qualche mese prima, quella benedetta creatura,
ma dal momento che aveva giudicato diversamente, bisognava bene adattarsi! Di
tirarla in lungo, tanto Marinetta come Pollino Gabitto non volevano saperne
manco per ombra, la Rapallina, il signor Costante, e in generale tutti quelli
che per amicizia s'interessavano al matrimonio, compreso perfino l'avvocato
Raibetta, la loro opinione non la nascondevano: per una che oggi o domani ha da
morire, e non c'è piú medicina a pagarla né a peso d'oro né a peso di sangue,
si deve disturbare tutto il genere umano? si dovevano far fermare le ferrovie e
i telegrafi e chiudere le botteghe, perché Angela aveva già in tasca il
passaporto? — Pellegra non sarebbe stata lei se non avesse criticato, ma le
critiche di Pellegra contavano come quelle del frate laico di San Barnaba,
brodo lungo e seguitate, e per ammorbidirla bastava una paio di bicchierini
d'anice.
Buttar via i denari dalla
finestra per fare mezza giornata la figura di principi e principesse e
l'indomani trovarsi sulla paglia, no; farsi ridere dietro le spalle e farsi
chiamare spilorci o miserabili, neppure; cosí Marinetta, che sapeva il costo
dei biglietti da cento e dei biglietti da cinque, si era consultata con chi
aveva pratica di mondo, e le cose dello sposalizio le aveva regolate lei,
lasciando cantare gli altri. L'alloggietto di via Fieschi piú o meno era
pronto, i mobili in ordine, le pubblicazioni fatte, e un sabato, nel
dopopranzo, se ne andarono tutti al palazzo Tursi, divisi in due squadre per
non dare nell'occhio, prima il Gabitto col signor Costante e il fuochista suo
cognato, poi a dieci minuti di distanza, Marinetta, vestita pulitamente con una
veste nuova a quadretti scozzesi, ma senza nessuna idea di lusso, accompagnata
dalla sua amica indivisibile. La Bricicca l'avevano persuasa di non venire,
colla scusa che al municipio il sindaco le avrebbe domandato, per scrivere sul
registro, nome, cognome, domicilio, e via discorrendo, e sarebbe stata
obbligata a scoprire le sue magagne e a confessare in pubblico che il suo
domicilio dalla Pece Greca era sulle ruote per stabilirsi in un palazzo del
governo.
Probabilmente il sindaco, un
marchese alto e grasso, coi baffi bianchi, la Bricicca non la avrebbe neppure
guardata, tutto occupato com'era a sbrigare matrimoni uno dopo l'altro, ché
quel giorno ce n'era una processione, anzi diede appena un'occhiata a
Marinetta, e piuttosto burbero, la sua filastrocca gliela lesse a vapore,
mangiandosela mezza, senza farle né auguri né complimenti. Due parole d'augurio
il sindaco dovrebbe essere obbligato a dirgliele alla sposa! Aveva bel
predicare il signor Costante, e difendere le leggi del governo! una cerimonia
fredda, a rotta di collo, dopo tre ore d'aspettativa sotto le colonne del
porticato; che necessità d'una sala colle poltrone di velluto rosso e le
tendine di damasco e dell'oro da tutte le parti, se non si faceva altro che
traversarla come le figure della lanterna magica? Una cosa che il signor
Costante non poteva difendere era il sussiego e la superbia dei servitori nella
loro marsina turchina coi bottoni d'argento, che andavano avanti e in dietro,
spingevano senza riguardo le persone, comandavano alto e basso, peggio che se
fossero stati essi i padroni di casa. L'unico complimento, se si può prendere
per un complimento, Marinetta l'ebbe in fondo dello scalone, dove essendole
caduto il ventaglio, un pompiere di guardia, che lei non si ricordava d'avere
mai visto in vita sua, nel tirarlo su e nel porgerglielo, non le disse altro
che questa parola, a mezza voce: «peccato!» senza spiegare se la sua
compassione era per il ventaglio rotto o per la santa verginità della sposa.
L'indomani in parrocchia la
funzione riuscí benissimo, non come funzione, ché il parroco quella mattina
anche lui si era alzato col berrettino storto e non approvando quel matrimonio
col Gabitto, non aveva fatto preparare né l'organista né due candele di piú, ma
almeno in chiesa e sulla piazza la popolazione della Pece Greca era venuta
tutta. Marinetta non domandava altro: farsi vedere! già che aveva speso le sue
economie per un vestito di seta, ultimo figurino arrivato da Parigi, d'uno di
quei colori di moda che non si sa precisamente che colore sia, tra il grigio,
la pulce e il caffè-latte, e possedeva degli orecchini di brillanti, degli
anelli, e un braccialetto e una catena coll'orologio, alla sua comparsa ci
teneva; bene o male, dalla Pece Greca ne usciva per sempre e si preparava a
battere le scarpe per non portarsi via manco la polvere delle strade, però
voleva che le invidiose e le cattive lingue se ne ricordassero di lei finché
campavano! Sua madre, infagottata alla meglio in una veste antica della
Rapallina, che sembrava un casotto dove si vendono i giornali, voltandosi
davanti e di dietro e vedendo tanto concorso, pensava a un altro trionfo, a
quello della prima comunione di Marinetta, e non poteva capire perché allora si
sentisse nel cuore un altro godimento, una contentezza tutta diversa!
Avrebbero potuto dirglielo le
Testette il perché, e sotto un altro punto di vista la stessa Marinetta, ma le
Testette non c'erano, e Marinetta, in vetrina sull'inginocchiatoio di damasco,
s'infilava i guanti bianchi; a rigore, se l'avesse domandato, gliel'avrebbero
detto tutti quelli che si trovavano in chiesa, cominciando da Pellegra, e sulla
provenienza della veste elegante, degli orecchini e del braccialetto non
avevano piú niente da imparare. Sebbene non si suonasse l'organo, se la
Bricicca non avesse avuto le orecchie foderate di ghisa, la musica l'avrebbe
sentita egualmente, da qualunque parte si fosse voltata, piena orchestra su
tutti i toni e su tutte le arie.
Lui pure sui cuscini
dell'inginocchiatoio, che non sapeva come starci, Pollino si arricciava i baffi
guardando di qua e di là, fingendo d'essere distratto per paura di sembrare
troppo religioso, e ci fu un momento che i suoi occhi essendosi incontrati con
quelli della Rapallina, rimase distratto per davvero e colla candela accesa che
teneva nella mano sinistra diede fuoco al pezzotto di Marinetta. Un lampo e
nient'altro, ché della gente per precipitarsi in un attimo a spegnere la fiamma
non ne mancava, anzi il movimento successe cosí presto che ci fu pochissimo
subbuglio e l'ultima ad accorgersi del pericolo fu la stessa Marinetta. Con
questi pezzotti di velo, cosí sottili come si usano a Genova, svolazzanti sulle
spalle, se non si sta attenti a tener dritta la candela invece di guardare i
begli occhi delle Rapalline, ch'era una marcia vergogna, si corrono dei brutti
rischi, e il Gabitto, almeno per rispetto umano, almeno per quel giorno che si
trovava davanti al prete, un po' di giudizio avrebbe dovuto mostrarlo! —
Pellegra pensò subito ai numeri del seminario che doveva giuocare: 71 e 63.
Finita la messa, buttata giú
alla svelta proprio per obbligo, senza uno straccio di discorso, gli sposi
uscirono a braccetto in mezzo a due righe di popolo, lei col suo pezzotto
completamente bruciato e il tulle a sbuffi del colletto bruciato per metà,
pallida, con una faccia che non era quella né della salute né della
contentezza, lui indifferente, tirando fuori la paglia da un sigaro virginia.
Tant'è, l'aria della sposa non contentava nessuno; vedendola passare, la gente
non capiva dove lei avesse preso tutto in una volta quella cera che non era mai
stata la sua e quegli occhi spiritati: cominciava presto a pentirsi, il marito
poteva stare allegro, quantunque in fondo non si mostrasse troppo tenero neppur
lui, e la Bardiglia e sua figlia la Linda lo cantavano piano e forte senza
rispetto al luogo sacro: il tempo delle tenerezze tanto l'uno come l'altra
l'avevano fatto passare, condito in tutte le salse.
Sulla piazza, poche
congratulazioni e poche ciarle volendo far tappa in un caffè per mettersi
qualche cosa di caldo nello stomaco, non c'era tempo da perdere se si teneva a
partire per Busalla col diretto. Questa gita a Busalla l'aveva ideata il signor
Costante: le solite scampagnate degli sposalizi in cinque o sei landò a Nervi o
a Sestri, erano scampagnate per modo di dire, costavano un subisso di denaro,
sempre in vista del mare, nella polvere della strada battuta, e la vera
campagna non si sapeva cosa fosse; a Busalla invece ci si andava sul treno, si
spendeva la metà della metà viaggiando in seconda classe come tutte le persone
che si rispettano, e arrivati, non solo si respirava una bella boccata d'aria
sana pigliandosi una vista delle colline e del fiume Scrivia, ma si poteva
contare d'essere quasi in Piemonte.
Tanto è vero che si era quasi in
Piemonte, che pareva d'esserci del tutto, e sotto le gallerie faceva già un
freddo diabolico. Gli uomini non lo sentivano o per lo meno pretendevano di non
sentirlo, ma le donne, non parlando di Marinetta che a portarsi scialli e
casacche per coprire il suo vestito da sposa non ci aveva pensato di sicuro, la
Bricicca, la Rapallina, la sorella del Gabitto, gelavano vive e non finivano
piú di prendersela col signor Costante: non l'aveva letto il lunario? non lo
sapeva d'essere in novembre e che in novembre non è stagione da cacciarsi sui
monti? Per esse poco male, il peggio era per Marinetta, vestita come d'estate:
tremava e aveva la faccia colore della cenere e le labbra pavonazze; a tirarle
una parola dalla bocca ci volevano le tanaglie. Secondo la sua eterna
abitudine, a tutte le domande rispondeva di non aver niente, eppure si capiva
che non stava bene, e la Rapallina avrebbe scommesso volentieri uno scudo che
piú del freddo in ferrovia era lo spavento della mattina, quando in chiesa si
era vista avviluppata dalle fiamme, la causa principale di quel malessere;
sulle prime pareva che non se ne fosse quasi nemmeno accorta, che tutto fosse
finito subito senz'altro danno all'infuori del pezzotto, ma per quanto si sia
fatto presto a spegnerlo, il fuoco aveva avuto tempo di vederselo addosso e di
sentirlo, ché la frangetta dei capelli sulla fronte l'aveva bruciata, e
pretendere che sia rimasta impassibile e il sangue non le abbia dato un tuffo,
era pretendere troppo.
Il piú bello è che usciti dalla
galleria lunga dei Giovi, trovarono la neve che veniva giú allegramente come
Dio la mandava. Questa non se l'aspettavano. A Busalla, appena scesi, dovettero
rifugiarsi nella sala dei bagagli, ché con quel velluto per terra e quei
fiocchi sbattuti dalla tramontana, non era il caso di portare in giro pel paese
gli stivalini inverniciati e le sete leggiere; il capo-stazione diede a
Marinetta, che se lo mettesse sulle spalle, il suo cappotto da inverno, una
montagna col pelo cosí lungo, che le sembrò un ricovero piovuto dal cielo.
Erano queste le delizie di Busalla? Il signor Costante si faceva in quattro per
scusarsi: non era profeta né figlio di profeta; a Genova, prima di partire, un
tempo grigio, ma non troppo fresco, non troppo caldo; poteva indovinarla la neve
al di là dei monti, nel mese di novembre che fino a nuovo ordine era sempre
stato un mese d'autunno? Ebbene, ecco una novità, un divertimento fuori del
programma: volevano avere un'idea della Svizzera? tale quale: montagne e neve,
neve e montagne; tornata a Genova, la sposa poteva giurare in coscienza d'aver
fatto il suo bravo viaggio di nozze fino in Svizzera!
Mentre la comitiva batteva le
bullette sotto la tettoia, ecco arrivare col treno d'Alessandria l'avvocato
Raibetta, armato del fucile da caccia e la carniera in tracolla. Da qualche
mezza paroletta del signor Costante, l'aspettavano e non l'aspettavano, ossia,
sapendo che possedeva a Busalla una casetta di campagna, Marinetta aveva subito
capito ch'era stato lui a suggerire la scelta del luogo, e se essa sperava di
vederselo capitare e il Costante rideva nel barbone colla sua aria furbesca, la
Bricicca, che ne aveva soggezione, non si sarebbe niente disperata se fosse
rimasto a casa, mentre Pollino Gabitto e la Rapallina non volevano concedere a
nessun patto che un signore come lui, negli affari fino agli occhi, avrebbe
avuto tanta degnazione d'incomodarsi. Invece, eccolo saltar giú, ilare e
trionfante: tornava dalla Corte d'Appello di Casale, e profittando della neve
per fermarsi due giorni nella sua bicocca a caccia d'uccelletti, era troppo
felice d'offrire alla sposa i suoi auguri e passare insieme la giornata, se
essa glielo permetteva.
Figurarsi se essa non glielo
permetteva; solamente, l'avvocato Raibetta non riusciva a darsi pace di vederla
cosí avvilita, presa dal freddo, con tutta la montagna del capostazione sulle
spalle. Si mise a darle la berta: mezz'ora prima era gelato un asino carico di
polenta calda! Fuori burla, una fatalità essersi intoppati il giorno delle
nozze in quel tempo da lupi, ma non l'aveva mai vista la signora Bianchina?
lui, cacciatore, dentro la neve ci sgambettava come un grillo nell'erba;
questione d'abituarsi; non potendolo cambiare il tempo, o manipolarlo a
piacimento, la meglio cosa era d'accettarlo con disinvoltura, senonché
l'avvocato non tardò molto ad accorgersi che per Marinetta non era questione
d'abituarsi al freddo o di disinvoltura, e bisognava levarla subito di lí se a
lui e agli altri premeva che non si buscasse un malanno serio: tremava sempre
piú, sempre piú colore della cenere, battendo i denti insieme come se fossero
stati martelletti. Non c'era altro da fare che metterla in carrozza, la prima
che si trovava, e se non si trovava, fare attaccare apposta, e portarla di
corsa davanti a un buon fuoco, nella locanda del Cavallo rosso.
E una bella fiammata in una
stanza chiusa e un uovo sbattuto nel marsala furono pel momento la medicina
migliore. Sul principio si era parlato di mandare a chiamare il medico, poi,
per fortuna, le cose essendosi messe bene e piú presto di quello che si
credeva, invece del medico si pensò a chiamare il cuoco della locanda, ch'era
un personaggio piú allegro e piú importante, ma su questo capitolo del pasto il
signor Costante si era già preso lui carta bianca da una settimana. Nell'aspettativa,
Pollino, suo cognato il fuochista e due barabba, amici e conoscenti di Pollino,
che non si sapeva da dove fossero usciti e chi li avesse invitati, non erano
gente da chiudersi in una stanza a contare le mattonelle del lastrico, se la
diedero a gambe per la campagna, rotolandosi nella neve peggio dei ragazzi,
facendo battaglia, e andando a finire in un'osteria, dove tra il giuoco delle
carte e i litri di vino, insieme a certe altre nuove schiume della medesima
risma, ci volle la lanterna per poterli pescare. In quanto alle donne, dire
d'esser venute a Busalla senza aver messo il naso fuori per paura della neve,
secondo il signor Costante sarebbe un farsi tirare nella schiena tutti i limoni
spremuti della Pece Greca: la palazzina dell'avvocato, sopra una montagnola al
di là del ponte, bisognava visitarla, solo per vedere le pitture e gli uccelli
imbalsamati, che ce n'era piú d'un migliaio in vetrina, di tutti i colori e di
tutte le specie. Cosí anche la Bricicca e le altre si adattarono a uscire, sebbene
ne avessero poca voglia, e il Costante si prese l'incarico di fare gli onori di
casa. Si capisce che per prudenza Marinetta rimase in locanda e l'avvocato si
fermò a tenerle compagnia.
Seduta al caldo in una bella
poltrona elastica, larga e imbottita, cosa gli abbia detto al suo angelo
custode e l'angelo custode cosa le abbia detto a lei, è difficile saperlo,
perché nessuno era presente. Attraverso i vetri della finestra di faccia
avranno guardato insieme il presepio, le montagne alte in lontananza e le collinette
piú vicine tutte bianche, seminate d'alberi intirizziti e ai piedi il fiume
Scrivia, grigio come la poca fetta di cielo che si vedeva, oppure dall'altra
finestra, a mano dritta, il gruppo delle case cogli abbaini neri sul bianco dei
tetti, le palazzine isolate dei villeggianti, verdi, gialle, rosse, nella
bambagia perché non si guastassero, e il campanile della chiesa che in mancanza
di divoti da chiamare, non aveva da far altro che la guardia ai fumaioli, tutti
col berrettino da notte. Probabilmente, dopo aver guardato un pezzo quel
quadretto della malinconia e della solitudine, si saranno stancati, Marinetta
non avrà potuto tenersi dal raccontare il pericolo in cui si era trovata di
bruciar viva e quella specie di male che aveva addosso senza saper dire che
male fosse, una grande stanchezza nelle gambe e nelle reni, la testa balorda;
avrà anche fatto all'avvocato le sue piccole confidenze, che oltre essere un
buon amico, con lui i segreti erano inutili, e cosí tra un discorso e l'altro
passando il tempo, tornate a casa le donne, tirati fuori gli uomini dal loro
buco, sarà venuta l'ora di pranzo.
Ma, purtroppo, al pranzo la
sposa fece poco onore; si vedeva chiaro che non stava ancora bene: dopo i primi
bocconi non mangiò piú nulla, malgrado le suppliche e le preghiere, appena
appena inghiottí qualche sorso d'un vino di Spagna, accendendosi come una
bragia e poi tornando piú pallida di prima, rispondendo sí e no, nient'altro,
quando si degnava di rispondere. Un mortorio! e sarebbe stato peggio se neppure
gli altri avessero avuto appetito, ché si trattava d'un pranzo veramente di
nozze, ordinato dal Costante per conto dell'avvocato Raibetta, con vini
imbottigliati e pietanze d'ogni qualità, servito secondo tutte le regole; ma
gli altri stavano benone, e se non c'era altra allegria, almeno si sentiva
quella dei piatti e delle forchette e la voce del signor Costante. Fino al
dolce, Marinetta era riuscita a farsi forza, aggrappandosi agli specchi per
resistere, combattendo il male con quella volontà di ferro ch'era una delle sue
specialità, poi all'ultimo dovette arrendersi buttò via il tovagliuolo quasi
con smania, si alzò, e mentre faceva per incamminarsi nell'altra stanza, subito
seguita dalla Rapallina, le traballarono le gambe e cadde in terra svenuta.
Successe quello che succede
sempre in questi casi, i soliti strilli delle donne, la solita confusione del
primo momento, il pranzo interrotto, acqua di camomilla e di fior d'arancio,
piagnistei da una parte, consigli e buone parole dall'altra, la chiamata del
medico e il resto dietro. Gli uomini, quasi subito si misero di nuovo a tavola,
ma per farla corta, successe pure che venuta l'ora della partenza, Marinetta si
divincolava sotto le lenzuola, assistita da sua madre e dalla Rapallina, e piú
tardi, nella notte, le toccava una di quelle disgrazie che sogliono capitare
alle donne in seguito a uno spavento o a un colpo improvviso qualunque.
Inutile cercare il pelo
nell'uovo, voler sapere il come, il dove, il quando, chi era stato e chi non
era stato; inutile questionare se il malanno era venuto per lo spavento del
fuoco o per certi ingredienti suggeriti da qualche anima pia, tirarsi forte i
capelli come faceva la Bricicca, e per coronar l'opera, salir sul pulpito;
bisognava farle prima le prediche; bisognava, ché a quei chiari di luna invece
di convertire facevano peggio! L'importante, piuttosto, era d'accomodare il
guasto senza scandali e senza pubblicità, e se Marinetta ebbe una fortuna vera,
fu quella di trovarsi nelle braccia della Rapallina, donna pratica di queste
cose meglio d'un chirurgo, attiva, svelta, e quando occorreva, la prudenza
personificata. Basta dire che Pollino Gabitto, lo stesso Pollino Gabitto ch'era
il marito e in fin dei conti le sue prodezze non poteva averle dimenticate,
ancora adesso giura che tutto il male di sua moglie fu una febbre gastrica,
prodotta dallo strapazzo dei preparativi pel matrimonio e dal freddo in
ferrovia.
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