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Gaspare Invrea (alias Remigio Zena)
La bocca del lupo

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  • XXIX
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XXIX

 

Dieci o dodici giorni dopo, la Bricicca tornò nella Pece Greca: non le capitavano che a lei certe zizzole! Pellegra aveva un bel dirle che era piú grassa e piú fresca di prima e dalla malattia di sua figlia ci aveva guadagnato di starsene quasi due settimane in villeggiatura; una villeggiatura poco allegra: in casa, il fastidio di Marinetta inferma, fuori, la neve a mezza gamba. Si era mai visto uno sposalizio terminare coll'arrivo del medico, tra gli empiastri e i fomenti caldi? Poteva andar peggio, la febbre gastrica aveva fatto benissimo il suo corso, ma non capitavano che a lei questi regali, e per giunta, appena tornata, l'intimazione del procuratore del re di entrare in un'altra villeggiatura, quella di Sant'Andrea! Ecco il biglietto con tanto di bollo: non aveva da far altro che presentarsi per essere ricevuta a braccia aperte.

Almeno il tempo di vedere Angela ancora una volta! Piú di due gambe la Bricicca non possedeva, non era neppure Sant'Antonio per essere qui e : se aveva da stare con una figlia, non poteva stare coll'altra, naturale, e se il Padre eterno si era preso il gusto di crocifiggerle in letto tutte due, una a Genova, l'altra a Busalla, le signore della Pece Greca che blateravano tanto, avrebbero preteso che tre o quattro volte al giorno fosse andata e venuta per telegrafo? Con Marinetta c'era suo marito, questo è vero, c'era pure la Rapallina, verissimo; ma il Gabitto aveva altre idee, andava a caccia tutto il giorno e la notte voleva dormire, e la Rapallina, parliamoci schiettamente, abituata ai suoi comodi, le notti non le voleva perdere nemmeno lei.

Marciando insieme verso l'ospedale di Pammatone, Pellegra, con quell'aria sardonica che aveva inalberato da qualche tempo, domandò alla Bricicca notizie dell'avvocato Raibetta, e la Bricicca gliene diede un sacco: lasciamo stare il pranzo di nozze, che senza dir niente a nessuno aveva voluto pagarlo lui e aveva fatto le cose da principe, una persona piú compita era impossibile trovarla, piú alla mano e piú caritatevole: nel suo scagno un orso, guai doverlo trattare, fuori di scagno il re dei signori e dei galantuomini; un'assistenza a Marinetta come non avrebbe saputo fargliela la piú brava monaca della Carità; il mercoledí mattina pei suoi affari era partito per Genova, ma la domenica era tornato, portando bottiglie di vino, amaretti, biscotti, tutta roba sopraffina presa da Romanengo, e assolutamente per levarla dalla locanda, aveva voluto installare Marinetta nella sua palazzina. Aveva torto Pellegra di masticare e ridere sotto i baffi; già, perché non era stata invitata, piuttosto di non criticare si sarebbe fatta rompere in tanti pezzetti! colpa del signor Costante se non l'avevano invitata; ma tornando sul discorso, l'avvocato Raibetta, quello che faceva lo faceva per puro buon cuore, e lei, Bricicca, era in grado di saperlo, anzi, se avesse potuto dir tutto...

Ne aveva una voglia matta di dir tutto, non tanto perché sentisse ancora il rincrescimento della disgrazia toccata a sua figlia, quanto pel bisogno di sfogarsi contro il destino, ché una donna come lei da questi dolori guariva a vista d'occhio, e senza farsi troppo pregare s'era già messa sulla strada, quando nel vestibolo dell'ospedale, ai piedi dello scalone, s'incontrò colle Testette che uscivano. Da dove venissero le importava poco saperlo, da qualche nuovo maneggio probabilmente, e toccando Pellegra nel gomito fece per voltarsi dall'altra parte, ma esse, passando, avevano un'aria così compunta e contrita, le dissero «buon giorno» con una voce così umile e addolorata, dopo essere state un momento per fermarla, che pigliata all'improvviso, rispose «buon giorno» sul punto di fermarsi anche lei. Un minuto secondo appena: le Testette erano già filate via, e la Bricicca, nel salire lo scalone con un pacco di dolci in mano salvati dal pranzo di Busalla apposta per Angela, non si capacitava d'aver risposto al saluto di quelle due sgualdrine dopo il tiro scellerato che esse avevano fatto a sua figlia, e si affannava a persuadere Pellegra che quel «buon giorno» cosí strisciato non era altro da parte loro che una canzonatura di piú; a momenti, le veniva il grillo di tornare indietro, arrivarle e prenderle a schiaffi nel mezzo della strada perché imparassero l'educazione!

Siccome era molto concitata e Pellegra faceva finta d'esserlo piú di lei, entrate nella corsia di Sant'Anna, che è una di quelle destinate alle donne, andavano, andavano discorrendo senza guardare, e solo quando furono in fondo, di fronte all'altare, si accorsero d'esser passate davanti al letto d'Angela e non averla veduta, un poco per la loro distrazione, un poco perché essendo giorno di visita, c'era gran transito su e giú di persone. Tornarono verso la porta passando in rivista letto per letto, squadrando a una per una ogni inferma, e Angela, a meno che non si fosse nascosta sotto un pagliericcio elastico, in quella corsia non si trovava; certamente il medico capo o la Madre Superiora l'avevano cambiata di posto, e alla prima monaca che poté fermare, la Bricicca domandò per finezza la sala e il numero d'Angela Carbone.

Angela Carbone stava meglio di noi! Angela di nome e di fatto, il Signore benedetto l'aveva voluta con sé da quattro giorni. Non ne sapevano niente? una morte da santa: era spirata nelle braccia della Madre Superiora e delle sorelle Tribuno, assistita dal confessore, sempre in sensi fino all'ultimo momento. La monaca non sapeva altro. Quando capí che parlava colla madre d'Angela Carbone, e se ne accorse subito, ché le convulsioni e i pianti della Bricicca a quella notizia improvvisa non si possono né direscrivere e misero in sollevazione tutta la corsia, si pentí d'averle dato la coltellata in pubblico e senza preamboli; ma lo sproposito era fatto, l'unico espediente era di consolarla usando tutte le buone parole che la carità le ispirava, e condurla dalla Superiora.

La Superiora, nel vedersi davanti quella povera donna fuori di sé, stravolta, in lagrime che sembrava la fontana del Ponte Reale, col suo pacco di dolci ancora nelle mani, non ebbe il coraggio di farle la romanzina che aveva sullo stomaco; si contentò di compatirla e sollevarle gli spiriti parlandole della morta, che a quell'ora pregava in paradiso per tutti i suoi, e prima di spirare placidamente com'era spirata, non aveva che un solo dolore in cuore, di dover chiudere gli occhi per sempre senza aver piú visto sua madre da tanto tempo! le sorelle Tribuno potevano testimoniarlo. In agonia, le mancava la forza di reggere il crocifisso e bisognava che lo lasciasse abbattere sul lenzuolo, tale quale come nella preghiera della buona morte che dice: quando le mie mani tremole e intorpidite non potranno piú stringervi... eccetera, ebbene, in agonia trovava ancora la forza e la voce, aprendo a stento gli occhi, per domandare al frate che le raccomandava l'anima, se sua madre era venuta.

No, non era venuta sua madre, sua madre l'aveva lasciata morire scordandosi di lei, mangiando e bevendo, sua madre era una scellerata! E la Bricicca scappò via coi pugni nella testa, scappò via di corsa, ché alla presenza della Madre Superiora non si sentiva piú di starci pel rimorso e per la vergogna. A quattro a quattro, senza neppure vederli, saltò i gradini della scaletta particolare delle monache e della scala grande, traversò come una freccia un gruppo di medici che fumavano nel vestibolo. Arrivata in piazza, s'incamminò verso via Giulia, ma Pellegra fece bene a correrle dietro e cacciarla presto in un portico perché si calmasse, altrimenti coi suoi gesti da matta e i suoi discorsi insensati avrebbe radunato tutto il sestiere di Portoria.

Non voleva calmarsi, era una scellerata e non si meritava che il castigo! A casa non ci tornava piú e nella Pece Greca nemmeno, il biglietto del procuratore del re l'aveva in saccoccia, non voleva altro che andarsene in Sant'Andrea a piangere e scontare i suoi peccati. Avevano fatto un'opera santa a condannarla; in Sant'Andrea, in prigione per tutto il resto di sua vita! Marinetta sapeva guadagnarsi tanto da vivere e buon pro' le facesse, suo genero un tocco d'impiego l'aveva ottenuto, ma lei di quel pane non voleva mangiarne e al mondo non serviva che a imbarazzare. E non ci fu verso e non ci furono ragioni, senonché, camminando su per Vico dritto Ponticello, sempre con Pellegra al fianco che si sforzava di farla voltare dalla parte di Carignano per allontanarla da Sant'Andrea, a poco a poco si abbonacciò, diventata piú mansueta ma sempre fissa nella sua idea: era inutile, né l'avvocato Raibetta né il signor Costante si erano voluti disturbare per scansarle la prigione, col governo non si combatte, tanto valeva entrare subito, a botta calda, cosí non ci pensava piú.

Sul piano, una donna che vendeva castagne bollite e la conosceva da antico, le domandò se aveva perso il portamonete per correre cosí in fretta; rispose che il portamonete l'aveva trovato e andava a comprarsi un palazzo. Ma quando si vide davanti il cancello chiuso delle carceri, con Pellegra che la tirava per un braccio e seguitava a ragionarla, fu sul punto di cedere: si attaccò forte alle sbarre come alle tavole del suo salvamento. Una guardia aperse; la Bricicca mostrò il biglietto, consegnò a Pellegra la chiave di casa e i dolci portati da Busalla, non volle sentir altro, non si voltò nemmeno, e fece la sua entrata con un coraggio da leone.

 

Adesso che è uscita, dice al parroco, al marchese Spinola, e alla signora della Misericordia che dopo tanti patimenti e tante croci, finalmente il Signore le ha toccato il cuore, ma deve averglielo toccato con un ferro freddo, perché quando le mancano diciannove soldi per fare una lira e non trova Marinetta in casa sua, va a cercarla dalla signora Barbara, in via Fieschi.

 




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