Dieci o dodici giorni dopo, la
Bricicca tornò nella Pece Greca: non le capitavano che a lei certe zizzole!
Pellegra aveva un bel dirle che era piú grassa e piú fresca di prima e dalla
malattia di sua figlia ci aveva guadagnato di starsene quasi due settimane in
villeggiatura; una villeggiatura poco allegra: in casa, il fastidio di Marinetta
inferma, fuori, la neve a mezza gamba. Si era mai visto uno sposalizio
terminare coll'arrivo del medico, tra gli empiastri e i fomenti caldi? Poteva
andar peggio, la febbre gastrica aveva fatto benissimo il suo corso, ma non
capitavano che a lei questi regali, e per giunta, appena tornata, l'intimazione
del procuratore del re di entrare in un'altra villeggiatura, quella di
Sant'Andrea! Ecco il biglietto con tanto di bollo: non aveva da far altro che
presentarsi per essere ricevuta a braccia aperte.
Almeno il tempo di vedere Angela
ancora una volta! Piú di due gambe la Bricicca non possedeva, non era neppure
Sant'Antonio per essere qui e là: se aveva da stare con una figlia, non poteva
stare coll'altra, naturale, e se il Padre eterno si era preso il gusto di
crocifiggerle in letto tutte due, una a Genova, l'altra a Busalla, le signore
della Pece Greca che blateravano tanto, avrebbero preteso che tre o quattro
volte al giorno fosse andata e venuta per telegrafo? Con Marinetta c'era suo
marito, questo è vero, c'era pure la Rapallina, verissimo; ma il Gabitto aveva
altre idee, andava a caccia tutto il giorno e la notte voleva dormire, e la
Rapallina, parliamoci schiettamente, abituata ai suoi comodi, le notti non le
voleva perdere nemmeno lei.
Marciando insieme verso
l'ospedale di Pammatone, Pellegra, con quell'aria sardonica che aveva
inalberato da qualche tempo, domandò alla Bricicca notizie dell'avvocato
Raibetta, e la Bricicca gliene diede un sacco: lasciamo stare il pranzo di
nozze, che senza dir niente a nessuno aveva voluto pagarlo lui e aveva fatto le
cose da principe, una persona piú compita era impossibile trovarla, piú alla
mano e piú caritatevole: nel suo scagno un orso, guai doverlo trattare, fuori
di scagno il re dei signori e dei galantuomini; un'assistenza a Marinetta come
non avrebbe saputo fargliela la piú brava monaca della Carità; il mercoledí
mattina pei suoi affari era partito per Genova, ma la domenica era tornato,
portando bottiglie di vino, amaretti, biscotti, tutta roba sopraffina presa da
Romanengo, e assolutamente per levarla dalla locanda, aveva voluto installare
Marinetta nella sua palazzina. Aveva torto Pellegra di masticare e ridere sotto
i baffi; già, perché non era stata invitata, piuttosto di non criticare si
sarebbe fatta rompere in tanti pezzetti! colpa del signor Costante se non
l'avevano invitata; ma tornando sul discorso, l'avvocato Raibetta, quello che
faceva lo faceva per puro buon cuore, e lei, Bricicca, era in grado di saperlo,
anzi, se avesse potuto dir tutto...
Ne aveva una voglia matta di dir
tutto, non tanto perché sentisse ancora il rincrescimento della disgrazia
toccata a sua figlia, quanto pel bisogno di sfogarsi contro il destino, ché una
donna come lei da questi dolori guariva a vista d'occhio, e senza farsi troppo
pregare s'era già messa sulla strada, quando nel vestibolo dell'ospedale, ai
piedi dello scalone, s'incontrò colle Testette che uscivano. Da dove venissero
le importava poco saperlo, da qualche nuovo maneggio probabilmente, e toccando
Pellegra nel gomito fece per voltarsi dall'altra parte, ma esse, passando,
avevano un'aria così compunta e contrita, le dissero «buon giorno» con una voce
così umile e addolorata, dopo essere state lí un momento per fermarla, che
pigliata all'improvviso, rispose «buon giorno» sul punto di fermarsi anche lei.
Un minuto secondo appena: le Testette erano già filate via, e la Bricicca, nel
salire lo scalone con un pacco di dolci in mano salvati dal pranzo di Busalla
apposta per Angela, non si capacitava d'aver risposto al saluto di quelle due
sgualdrine dopo il tiro scellerato che esse avevano fatto a sua figlia, e si
affannava a persuadere Pellegra che quel «buon giorno» cosí strisciato non era
altro da parte loro che una canzonatura di piú; a momenti, le veniva il grillo
di tornare indietro, arrivarle e prenderle a schiaffi nel mezzo della strada
perché imparassero l'educazione!
Siccome era molto concitata e
Pellegra faceva finta d'esserlo piú di lei, entrate nella corsia di Sant'Anna,
che è una di quelle destinate alle donne, andavano, andavano discorrendo senza
guardare, e solo quando furono in fondo, di fronte all'altare, si accorsero
d'esser passate davanti al letto d'Angela e non averla veduta, un poco per la
loro distrazione, un poco perché essendo giorno di visita, c'era gran transito
su e giú di persone. Tornarono verso la porta passando in rivista letto per
letto, squadrando a una per una ogni inferma, e Angela, a meno che non si fosse
nascosta sotto un pagliericcio elastico, in quella corsia non si trovava; certamente
il medico capo o la Madre Superiora l'avevano cambiata di posto, e alla prima
monaca che poté fermare, la Bricicca domandò per finezza la sala e il numero
d'Angela Carbone.
Angela Carbone stava meglio di
noi! Angela di nome e di fatto, il Signore benedetto l'aveva voluta con sé da
quattro giorni. Non ne sapevano niente? una morte da santa: era spirata nelle
braccia della Madre Superiora e delle sorelle Tribuno, assistita dal
confessore, sempre in sensi fino all'ultimo momento. La monaca non sapeva altro.
Quando capí che parlava colla madre d'Angela Carbone, e se ne accorse subito,
ché le convulsioni e i pianti della Bricicca a quella notizia improvvisa non si
possono né dire né scrivere e misero in sollevazione tutta la corsia, si pentí
d'averle dato la coltellata lí in pubblico e senza preamboli; ma lo sproposito
era fatto, l'unico espediente era di consolarla usando tutte le buone parole
che la carità le ispirava, e condurla dalla Superiora.
La Superiora, nel vedersi
davanti quella povera donna fuori di sé, stravolta, in lagrime che sembrava la
fontana del Ponte Reale, col suo pacco di dolci ancora nelle mani, non ebbe il
coraggio di farle la romanzina che aveva sullo stomaco; si contentò di
compatirla e sollevarle gli spiriti parlandole della morta, che a quell'ora
pregava in paradiso per tutti i suoi, e prima di spirare placidamente com'era
spirata, non aveva che un solo dolore in cuore, di dover chiudere gli occhi per
sempre senza aver piú visto sua madre da tanto tempo! le sorelle Tribuno
potevano testimoniarlo. In agonia, le mancava la forza di reggere il crocifisso
e bisognava che lo lasciasse abbattere sul lenzuolo, tale quale come nella
preghiera della buona morte che dice: quando le mie mani tremole e intorpidite
non potranno piú stringervi... eccetera, ebbene, in agonia trovava ancora la
forza e la voce, aprendo a stento gli occhi, per domandare al frate che le
raccomandava l'anima, se sua madre era venuta.
No, non era venuta sua madre,
sua madre l'aveva lasciata morire scordandosi di lei, mangiando e bevendo, sua
madre era una scellerata! E la Bricicca scappò via coi pugni nella testa,
scappò via di corsa, ché alla presenza della Madre Superiora non si sentiva piú
di starci pel rimorso e per la vergogna. A quattro a quattro, senza neppure
vederli, saltò i gradini della scaletta particolare delle monache e della scala
grande, traversò come una freccia un gruppo di medici che fumavano nel
vestibolo. Arrivata in piazza, s'incamminò verso via Giulia, ma Pellegra fece
bene a correrle dietro e cacciarla presto in un portico perché si calmasse,
altrimenti coi suoi gesti da matta e i suoi discorsi insensati avrebbe radunato
tutto il sestiere di Portoria.
Non voleva calmarsi, era una
scellerata e non si meritava che il castigo! A casa non ci tornava piú e nella
Pece Greca nemmeno, il biglietto del procuratore del re l'aveva in saccoccia,
non voleva altro che andarsene in Sant'Andrea a piangere e scontare i suoi
peccati. Avevano fatto un'opera santa a condannarla; in Sant'Andrea, in
prigione per tutto il resto di sua vita! Marinetta sapeva guadagnarsi tanto da
vivere e buon pro' le facesse, suo genero un tocco d'impiego l'aveva ottenuto,
ma lei di quel pane non voleva mangiarne e al mondo non serviva che a
imbarazzare. E non ci fu verso e non ci furono ragioni, senonché, camminando su
per Vico dritto Ponticello, sempre con Pellegra al fianco che si sforzava di
farla voltare dalla parte di Carignano per allontanarla da Sant'Andrea, a poco
a poco si abbonacciò, diventata piú mansueta ma sempre fissa nella sua idea:
era inutile, né l'avvocato Raibetta né il signor Costante si erano voluti
disturbare per scansarle la prigione, col governo non si combatte, tanto valeva
entrare subito, a botta calda, cosí non ci pensava piú.
Sul piano, una donna che vendeva
castagne bollite e la conosceva da antico, le domandò se aveva perso il
portamonete per correre cosí in fretta; rispose che il portamonete l'aveva
trovato e andava a comprarsi un palazzo. Ma quando si vide davanti il cancello
chiuso delle carceri, con Pellegra che la tirava per un braccio e seguitava a
ragionarla, fu sul punto di cedere: si attaccò forte alle sbarre come alle
tavole del suo salvamento. Una guardia aperse; la Bricicca mostrò il biglietto,
consegnò a Pellegra la chiave di casa e i dolci portati da Busalla, non volle
sentir altro, non si voltò nemmeno, e fece la sua entrata con un coraggio da
leone.
Adesso che è uscita, dice al
parroco, al marchese Spinola, e alla signora della Misericordia che dopo tanti
patimenti e tante croci, finalmente il Signore le ha toccato il cuore, ma deve
averglielo toccato con un ferro freddo, perché quando le mancano diciannove
soldi per fare una lira e non trova Marinetta in casa sua, va a cercarla dalla
signora Barbara, in via Fieschi.
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