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Gaspare Invrea (alias Remigio Zena) La bocca del lupo IntraText CT - Lettura del testo |
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IV
Marinetta si capisce, tornò a casa contenta e trionfante, colla testa in processione. La sua figura l'aveva fatta; complimenti, sorrisetti, e siccome lei di novantatré bambini era la piú grande, era stata trattata quasi come una grande. Il direttore, un uomo burbero che non parlava, o se parlava faceva tremare, le aveva detto: brava; e miss Ella, nientemeno, aggiustandole colle sue mani i ricci, dopo essersela condotta sopra nel suo camerino, si era interessata a domandarle perché il talento che aveva non pensava di metterlo a profitto in qualche modo; un altro della compagnia, uno di quelli colla farina sulla faccia e le corna in testa, durante l'intermezzo le si era inginocchiato ai piedi davanti a tutti, mandandole dei baci sulla punta dei diti, con certi gesti burleschi da far diventare scarlatta una statua di gesso. Il giorno dopo, la Rapallina salí dalla Bricicca: l'aveva dato si o non un buon consiglio? Marinetta non ce n'era che una sola a Genova; gli altri ragazzi della pantomima tutti bravi, tutti bravissimi; anche la Linda la sua parte l'aveva eseguita a perfezione, ma levati quei pochi della compagnia, ch'erano del mestiere, Marinetta se li mangiava in insalata dal primo all'ultimo. La piú svelta, la piú bella senza paragone; vestita da vecchia, una vecchia di novanta anni nata e sputata, e poi da fata, una regina magnifica, piena di grazia e di dignità nei suoi movimenti, e sempre a tempo di musica, senza sbagliarsi d'un ette. Era una figliuola che lasciarla marcire nella Pece Greca come una mummia, non si poteva, e lei, la Rapallina, se fosse stata sua madre avrebbe voluto farla studiare da ballerina o da comica, ché il pane non le sarebbe mai più mancato, e non solo il pane, ma il formaggio e le pernici. La Bricicca stava lí colla bocca larga a sentire i miracoli di sua figlia, e se interrompeva il discorso, era per approvare e nel tempo stesso per lamentarsi d'essere rimasta a denti asciutti, contro tutti i diritti e tutte le regole, lei ch'era sua madre, insomma! Le comiche e le ballerine non sapeva che minestra fossero, ma per levarsi dalla miseria si sarebbe attaccata agli specchi, ché a quel modo non poteva piú vivere e non le restava che il ponte di Carignano. La piú contenta era Marinetta, pavoneggiandosi tutto il giorno; eccolo trovato il suo mestiere: comica o ballerina, andar ben vestita, divertirsi e mangiare delle pernici, lei era nata per questo. I cavalli non le sarebbero dispiaciuti, se non ci fosse stato il rischio di fracassarsi le ossa, e nelle prove non avesse visto il signor Davide e il signor Natale che colla frusta non scherzavano; prima d'imparare a star su, solamente come miss Flora ch'era una marmotta, ne avrebbe toccato tante da cambiare la pelle dieci volte. Le sue amiche non si stancavano di domandarle che effetto aveva provato nel vedersi in maglia, senz'ombra di sottana e colle braccia nude e le spalle pure nude, in mezzo del teatro illuminato a giorno, davanti a tanta gente, e se non si era sentita addosso né freddo né vergogna: freddo, no di sicuro, piuttosto un gran caldo, e vergogna nemmeno, perché non c'era da averne, altro che se per disgrazia avesse avuto le gambe storte, o nel collo i segni delle scrofole, come li aveva la Linda. E venne finalmente la sera sospirata che Angela e la Bricicca se ne andarono al Doria coi loro biglietti gratis e poterono scegliersi un buon posto in prima fila, quando i lumi non erano ancora accesi. Entrando, il guardaportone le aveva squadrate con un'aria di brutto tempo, che pareva venissero a pretendere qualche cosa del suo, ma esse l'avevano squadrato lui. Erano in piena regola? sí; dunque basta. Con tanto parlare che s'era fatto di cavalli e di Cendrillon, lo spettacolo press'a poco lo sapevano più che se l'avessero veduto, e all'incirca trovarono quello che s'erano aspettate di trovare, però, che spaventi! certi giuochi si ha bello figurarseli, bisogna vederli, e quando si vedono, se non ci siete assuefatti, vi piglia un brivido per le gambe e dovete chiudere gli occhi. Questo è quello che pure diceva il signor Costante, venuto a sedersi vicino alla Bricicca, mentre l'uomo-mosca, colla testa in giú, marciava coi piedi attaccati al soffitto. No, no, il governo non avrebbe dovuto permetterli questi spettacoli, e le compagnie equestri una volta, quando si rispettavano, esercizi da saltimbanchi, sui loro manifesti, non ne mettevano; al teatro ci si va per stare allegri, gli uomini per veder galoppare qualche bel tocco di ragazza che abbia caldo alle spalle e le gambe ben tornite; le ragazze qualche bel tocco di giovanotto tutto muscoli e nervi, e non per morire dalla paura. Dio guardi, ci fosse stata una donna incinta, tanta roba da farle far la frittata in pieno teatro. Cosa ne diceva Angela? ma Angela non diceva niente. Dopo la sera del poncino, il signor Costante e la Bricicca non s'erano più visti, ma riattaccarono subito come amici vecchi, e di discorso in discorso, si fecero delle confidenze, ossia le confidenze le fece la Bricicca, ché il signor Costante non aveva nulla da confidare a nessuno e ad ogni modo le sue cose preferiva tenersele per sé, chiacchierando molto senza sbottonarsi. Ed essa raccontò le sue croci, che a metterle in riga sarebbero arrivate fino a Sampierdarena; raccontò delle figlie che la mangiavano viva, del Gigio buon'anima, una perla, che se non fosse morto, prima o poi la famiglia l'avrebbe tirata su, e invece era morto, e cosí la famiglia si trovava per terra, in camicia. Al mondo ce ne saranno stati dei disgraziati, ma come lei non ce n'erano, a girarlo da cima a fondo, e si sfogava perché era con una persona di riguardo, che sapeva capirla. Finí per mettersi a piangere in pubblico, mentre i fratelli inglesi campanologhi suonavano il Carnovale di Venezia, tanto che Angela non ne poteva più dalla vergogna e le sembrava che tutti guardassero dalla sua parte, perfino i campanologhi. Il signor Costante stava a sentire, sbuffando nel barbone; gliele venivano a raccontare a lui queste miserie? e lui cosa poteva farci? La madre, una testa di cavolo senza sale e senz'olio; la figlia, una sciocca tutta santi e madonne, piena di scrupoli, che a momenti si faceva il nomine patri, scandalizzata di vedere le cavallerizze col sottanino corto. Avrebbe cambiato posto volentieri, se non fosse rimasto sequestrato dalla folla, e per interrompere la cantilena, cominciò di nuovo le sue burlette sul terzo e sul quarto, specialmente durante gli esercizi delle donne e quando i pagliacci, applicandosi certi schiaffoni terribili e certi calci nel mappamondo, rotolavano per terra colle gambe all'aria. Ma piú tardi, in tempo della pantomima, appena la Bricicca, gongolante, gli mostrò Marinetta vestita da vecchia, che capitava in casa di Cendrillon, e gli disse che nella Pece Greca tutti avevano dato il consiglio di metterla agli studi per farne una teatrante, diventò serio. Quella era Marinetta? e le piantò addosso il cannocchiale: aveva molta attitudine alla mimica, sicuro; quanti anni? tredici anni? capperi! lavorava da artista, doveva essere un peperonetto in salsa bianca, un accidente che non si lasciava beccare neanche dal diavolo, si capiva subito dalle sue mosse. Ma questo è niente: quando la vide spogliata della sua palandrana, dritta come un fuso, in maglie color di rosa e un giacchettino di tela d'argento, che pareva una stella del cielo, rimase estatico: bella, bella figliuola, caramba! fatta al torno! e che occhi! le sere avanti non ci aveva badato; quanti anni aveva? solamente tredici anni? cominciava a formarsi, sicuro, e in quattro e quattr'otto diventava una donnetta di prima classe! Queste cose la Bricicca non le imparava mica allora, cose vecchie e stravecchie, ma i panegirici non guastano mai, e si leccava i baffi sempre più gongolante, senza accorgersi che Angela soffriva morte e passione di vedere sua sorella quasi come Dio l'aveva fatta, esposta in pubblico, davanti a tanti uomini. Si era scordata delle sue croci: morto un papa, si fa un papa e un cardinale; se il Gigio era morto, Marinetta era viva e sana, e col tempo a tappare i buchi ci avrebbe pensato lei. Ci avrebbe pensato anche il signor Costante, che non solo approvava l'idea di farla studiare per metterla sul teatro, ma senz'altro voleva spedirla a Milano, alla scuola di ballo. Che comica d'Egitto! ballerina, ballerina. Colle sue disposizioni e con quelle gambette, era nata per Ters... - no - si, per Tersicore. Lui a Milano, della gente ne conosceva, e dei pezzi alti, e con due righe aggiustava la faccenda. Bella figliuola, corpo di bacco! il Costante la proteggeva, e quando il Costante garantiva una cosa, non c'era pericolo che si sbagliasse, o finita la festa, se ne lavasse le mani; era conosciuto abbastanza a Genova, e fuori di Genova. Intanto aveva pensato a una California per la Bricicca, ma zitti per carità, più tardi se ne sarebbe parlato con comodo in tutta segretezza. Fino dal primo momento la Bricicca gli era piaciuta, e l'aveva indovinata subito, donna di casa, prudente, furba, insomma quella che ci voleva. Si fidavano di lui? benissimo, parola del Costante, parola di re. Viva la sua faccia. Quindici giorni dopo, in un portichetto della Pece Greca, di fianco all'Angelo Custode, la Bricicca, tornata bisagnina come a Manassola, aveva un banchino di verdura. Da qualche parte i pochi denari dell'impianto erano usciti, e le vicine, sapendo le sue acque basse, domandavano se l'aveva aiutata il parroco oppure la signora della Misericordia, o quei della Società di San Vincenzo, tanto più che essendo terminate le rappresentazioni della Cendrillon, Marinetta andava tutti i giorni in parrocchia a imparare il catechismo, segno che a Pasqua avrebbe finalmente preso la comunione. Senonché il banchino di verdura non era altro che un coperchio messo sopra la California del signor Costante, e le vicine creparono dall'invidia appena lo seppero, esse che avrebbero digiunato un mese a pane e acqua e lucertole, piuttosto di vedere il prossimo all'onore del mondo. California per modo di dire. Nel lotto pubblico, che noi a Genova, come si è detto, lo chiamiamo seminario, il governo ci si fa ricco; in quello segreto, chi lo tiene ci si fa ricco ancora di piú perché riscuote sempre e tante volte non paga, ma le donne che lo tengono per conto d'altri, con tre palanche di guadagno per ogni lira incassata, non diventano milionarie, e la Bardiglia palazzi nelle Strade Nuove non se n'è comprati mai, sebbene quando teneva il giuoco prima della Bricicca, di palanche ne buscasse quattro. Del resto, meglio poco che niente; nella Pece Greca e nei vicoli intorno, le donne un ambetto la settimana lo giuocavano tutte, e se la Bardiglia non aveva piú voluto saperne, era perché il signor Costante, già d'accordo colla Bricicca e venuto colla volpe sotto l'ascella, una bella mattina, a tradimento, le aveva diminuito il profitto da quattro a due palanche, sotto il pretesto dell'economia. Fissato il chiodo che Marinetta prendesse quell'anno la comunione a qualunque costo, la Bricicca riusci a farsi anticipare sul giuoco trecento franchi da scontarsi tanto la settimana, e con trecento franchi in saccoccia, che non li aveva mai visti in vita sua nemmeno dipinti, era signora. Finalmente, dopo aver dovuto tribolare anni ed anni, un poco di respiro non se lo meritava? Se la Bardiglia si rosicchiava le unghie per la rabbia, lei non ne poteva niente; superbia no, ma coll'aiuto del Signore voleva far vedere che non aveva più bisogno di nessuno. Troppo mortificazioni le erano toccate, e di tutti i generi e di tutte le qualità, dai preti e dai secolari, per non mettersi in grado di fissare la gente colle mani sui fianchi e dire la sua ragione, ora che l'acqua alla gola non ce l'aveva piú. S'intende che pel signor Costante era un altro paio di maniche: a lui gli avrebbe baciato la suola delle scarpe, ché un galantuomo come quello non c'era bocca per ringraziarlo; Marinetta di qua, Marinetta di là, non parlava che di Marinetta, più che se fosse stato suo padre, e dopo tutto quello che aveva fatto, s'era ancora preso l'impegno di andare a Milano quanto prima a cercarle il posto nel collegio delle ballerine novizie. In cinque o sei anni voleva vederla far furore al Carlo Felice. Marinetta al Carlo Felice non ci pensava, per essa l'importante era Milano, dove avrebbe trovato una cuccagna, anzi dava ad intendere alle sue compagne che aveva già pronto un baule nuovo pel viaggio, con tanta bella roba nuova dentro, per partire subito dopo Pasqua, presa la comunione. Alla dottrinetta in parrocchia non mancava, ché il parroco era severissimo e a cancellarla dalla lista faceva presto, massime lei che aveva sulla coscienza il peccato della Cendrillon, ma ci andava per divertirsi, e quando il prete era voltato dall'altra parte, tirava fuori un palmo di lingua per fargli le beffe. Rispondeva giusto, meglio di un canonico: «Maria Carbone, quanti sono i misteri principali della nostra santa fede? — Maria Carbone, che cosa vuoi dire esaminar bene la propria coscienza?». E non c'era pericolo che non rispondesse a tono, solamente, dopo aver risposto, se ne rideva come una matta. All'ultimo però, sul finire della quaresima, mise testa a capitolo; bisognava essere sodi e non dare scandalo, altrimenti, cosa avrebbero detto le persone? E allora si contentò di discorrere sotto voce della veste bianca che la sarta, una sorella della Rapallina, le stava facendo in quei giorni, con tanti falbalà di seta e i bottoni di madreperla, degli stivalini di raso alla polacca, del velo ricamato. Volevano giuocare le sue compagne che, della parrocchia di Santa Dorotea, lei sarebbe stata la meglio vestita di tutte? Agli orecchini ci pensava il signor Costante, e al libro da messa ci pensava la Rapallina, un libro d'avorio o di velluto, precisamente non lo sapeva ancora, di quelli eleganti e pieni d'immagini, chiusi nel loro astuccio perché non si guastino.
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