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Gaspare Invrea (alias Remigio Zena)
La bocca del lupo

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  • VI
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VI

 

Valla a pescare, Battistina. Esse si empivano la trippa, e Battistina, digiuna, si abbandonava come morta in mezzo di una strada. — L'avevano mandata a confessarsi? almeno dirgliela bene la chiesa, invece niente; vicino alla Pece Greca ce n'erano tre o quattro chiese, e lei, poco pratica, non sapendo che la parrocchia era Santa Dorotea, era entrata nella prima che aveva visto, aspettando sempre che cominciasse la funzione, che non cominciava mai. Tornata a casa dopo tanto pregare e aspettare e dopo aver fatto le sue divozioni, porta chiusa; allora esci di nuovo, perditi in quel laberinto di vicoli, informati nelle botteghe, capita in parrocchia giusto a tempo per non trovare piú un'anima, nemmeno sulla piazza, torna indietro di corsa, monta le scale, sempre porta chiusa. Ah! era impossibile che i suoi l'avessero abbandonata a quel modo, scordandosi di lei come se non fosse mai esistita! Voleva trovarli, ché per qualche cosa era venuta fino da Manassola, ed eccola in giro per Genova, dove non conosceva le strade. Santa fede benedetta, sua madre e le sue sorelle non s'erano mica nascoste sotto terra in una tana, non s'erano mica, e a forza di girare, in un luogo o in un altro le avrebbe trovate.

E con questa idea, che bisognava proprio essere di Manassola per averne di queste, andava dritta al naso, svoltando come le veniva, dai vicoli nelle strade piú larghe, dalle strade piú larghe di nuovo nei vicoli, così invece di trovare gli altri, si perdeva lei. Ogni momento, incontrando o vedendo da lontano delle ragazze della comunione in compagnia di donne col pezzotto, si sentiva una martellata nelle ossa e diceva: «sono là..», si, pigliale!

Ma dov'erano andate, che dopo tanti passi e tanto guardarsi intorno, davanti, dietro, non le trovava da nessuna parte? E correva piú forte, come se correndo potesse farsele nascere sotto i piedi all'improvviso, senza fermarsi, cogli occhi fuori della testa, che non ci vedevano piú. — Intanto il diavolo la tentava: se esse l'avessero fatto apposta di mandarla a confessarsi per liberarsene, e si fossero nascoste? non lo sapeva ancora ch'era peggio d'un pidocchio o la tenevano sempre a Manassola per non sporcare la loro signoria? Vestite di lusso, che guai a toccarle solo coll'unghia, quel giorno fossero state matte di lasciarsi vedere per Genova insieme a una stracciona della sua specie! già, perché lei aveva la rogna e non era figlia di sua madre come le altre!

Il diavolo la tentava, e per non ascoltarlo il diavolo, correva sempre piú da inspiritata, ma finalmente gliela diede vinta. Era di ferro forse? Le scoppiò il cuore in un gran pianto: no, non dovevano trattarla cosí, non se lo meritava! cosa le aveva fatto a sua madre, altro che rispettarla e volerle bene? — si appiattò sotto un archivolto e ci stette un pezzo a piangere, poi senza sapere né dov'era né da che parte pigliare per tornarsene nella Pece Greca, si mise di nuovo in giro, e questa volta trascinandosi adagio, guardando le carrozze e la gente che passava, fermandosi davanti alle vetrine; guardava cogli occhi spalancati, che pareva si volesse mangiare tutta Genova, ma erano occhi di vetro. Sola, abbandonata in quel va e vieni, senza aver niente fame si sentiva digiuna con un bruciore allo stomaco, e cosí stanca che se non avesse avuto vergogna si sarebbe distesa sul marciapiede. Era risoluta di non tornarci piú a casa di sua madre; andare avanti finché le gambe la sostenevano, poi, in un luogo deserto, che nessuno la vedesse, lasciarsi cadere in terra e morire; morire come un cane e pazienza!

Sempre strade. Bella madonna cara, l'avevano fatta cosí grande Genova, che non finiva mai? Capitata in una via lunga, piena d'omnibus e di carri, dove passava anche il vapore, aveva troppo male; il fischio della macchina se lo sentí freddo, gelato, attraversarle il cuore, non vide piú nulla e si accucciò contro il muro.

Una guardia municipale toccò colla punta del bastone quel mucchio di stracci: via di lí; che idea quella paesana stupida di mettersi a dormire quasi sotto le zampe dei cavalli? Battistina non rispose e non si mosse, i passanti si affollarono intorno. Una donna svenuta! nessuno sapeva chi fosse. Un carrettiere di Manassola, fermatosi come gli altri, la riconobbe. Per bacco, a Manassola stavano di rimpetto, si vedevano tutte le mattine a scuro quando lui attaccava per venire a Genova col carro e lei andava alla rete, altro se la conosceva! Si fece largo, aiutato dalla guardia, la tirò su per levarla presto dal marciapiede, ché in grazia della folla i carri e gli omnibus avevano dovuto fermarsi e il transito bisognava lasciarlo libero, e la portò sulle braccia in un'osteria di Sottoripa.

Quando Battistina, rinvenuta, vide una faccia di conoscenza, le sembrò di vedere lo Spirito Santo, acconsentí a bere del brodo di trippa e mezzo gotto di vino che la fecero risuscitare, ma non seppe dire altro se non che doveva tornarsene al paese e s'era perduta. Accettò subito appena il carrettiere le propose di portarla lui sul carro a Manassola; un giramento di testa, ora stava meglio e voleva imbarcarsi ad ogni costo; se diceva che non aveva piú niente, non aveva piú niente! E s'imbarcò.

Era quasi notte. Passate le porte, una processione continua di cittadine che tornavano a Genova; in tutte grande allegria e canti a piú non posso. Il carrettiere bestemmiava e mandava un sacco d'accidenti all'indirizzo delle cittadine e dei ragazzi della comunione che c'erano dentro, ché tutti i momenti gli toccava di scendere per tirare le bestie da una parte se non voleva essere investito, e piú di due volte e piú di quattro, attaccò lite coi vetturini, che in cimbalis anche loro, guidavano a rompicollo; finí per non salire piú sopra, e tenendo in mano al posto del fanale un cartoccio bagnato d'olio con dentro un pezzetto di candela accesa, si mise a camminare vicino al mulo di punta. — Battistina era coricata sopra un sacco; dopo avere tanto detto di star meglio per la smania di partire, invece stava peggio, e fosse il freddo o la febbre o tutte le due cose insieme, tremava tutta e batteva i denti. Siccome verso Sestri era notte fatta, non vide passare in carrozza né sua madre né gli altri che tornavano trionfanti, solo riconobbe la voce di Marinetta che cantava in coro colle compagne: «bell'augellin, lin lin, bell'augellin, com'è piccin, cin cin, com'è piccin...». Alzatasi sulle ginocchia, gridò: «ferma, ferma!» ma i due landò tiravano via che nemmeno il diavolo poteva fermarli, e il carrettiere, infuriato, colla frusta alta dalla parte del manico, gridava piú forte di lei. Potessero rompersi il collo e morire senza sacramenti! non avevano occhi? se non stava attento al mulo, gli cacciavano il timone nella pancia, gli cacciavano, quelle sacristie d'Olanda!

Intanto la Bricicca, distesa sul trono come un pascià, tutta sbottonata e col pezzotto che volava via, non s'era accorta di niente. In tanta gloria, avrebbe dovuto essere contenta della sua giornata, invece non apriva bocca, e voltandosi e rivoltandosi da tutte le parti, pareva che i cuscini fossero seminati di spine. Il signor Costante e la Rapallina non facevano altro che domandarle se si sentiva male: no, stava benissimo, solamente un gran caldo alla faccia e una gran voglia di dormire; quanto allo stomaco, stava da angelo, pronta a rimettersi a tavola una seconda volta. — La stessa voglia di dormire, oppure qualche altra voglia, dovevano averla anche le ragazze del landò dove c'era Marinetta; perché a Cornigliano non cantavano. piú, anzi alle porte della Lanterna quando quelli del dazio fermarono le carrozze e misero il naso dentro e vollero toccare nelle vesti delle donne per vedere se c'era niente che dovesse pagare, nessuno parlò fuori del signor Costante: cosa volevano che ci fosse? delle quaglie? c'era quel che c'era, ma tutta roba che dazio non ne pagava.

 

 




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