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Gaspare Invrea (alias Remigio Zena)
La bocca del lupo

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  • XIV
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XIV

 

Il canonico Marmo e sua sorella Cicchina, senza sospettar niente di male per la ragione che male proprio e vero scandalo non ce n'era, cominciavano a pentirsi d'essersi pigliati in casa Marinetta, e nel loro cuore avrebbero fatto dire una messa alle anime purganti se la Bricicca fosse venuta per portarsela via.

I mosconi che le giravano intorno li avevano visti anch'essi, e qua e là ne avevano sentito mormorare da varie persone; mosconi d'ogni specie, compresi perfino i doganieri, che quando l'incontravano alla marina, invece di seguitare il loro servizio e stare attenti al contrabbando, si mettevano a discorrere, e lei, senza sapere che gente fossero e donde venissero, non solo rispondeva al saluto, ma si fermava a sentire le loro barzellette, che di sicuro non erano ricavate dalla vita di san Luigi Gonzaga. Fra gli altri, il brigadiere, che doveva essere siciliano o napoletano, era troppo conosciuto per la maniera sboccata di parlare e aveva compromesso nella riputazione due o tre giovani del paese, povere sceme che avevano creduto di farsi sposare ed erano rimaste coll'osso nella gola, dopo essersi lasciate tirare dalle mostre gialle e dalla piuma sul cappello. Si faceva torto Marinetta a trattare, anche solo per ridere, con queste schiume e non solo con queste, ma pure con tutte le altre, che a Manassola da un pezzo in qua pur troppo ce n'era abbondanza, Pollino Gabitto in capo di lista, e non voleva persuadersene e agli ammonimenti e alle esortazioni crollava le spalle.

Non era piú quella dei primi giorni: in chiesa non ci stava come avrebbe dovuto starci, girava gli occhi da una parte dall'altra, sbadigliava tutto il tempo della messa, e se poteva svignarsela con un pretesto, se la svignava volentieri; per mandarla a confessarsi ci volevano gli argani, e peccati da dire al confessore, beata lei che non ne aveva, perché in meno di due minuti si sbrigava, e il ringraziamento dopo la comunione lo faceva guardandosi le unghie contro luce e lavandosele colla saliva. E che necessità di correre sempre fuori di casa, dai Ramò, dai Calcagno, da questi e da quelli? non si vedeva quasi piú che all'ora dei pasti, quando si vedeva, e la casa di prete Lazzaro, dove insomma c'era se non per carità almeno per cortesia, la pigliava del tutto per una locanda. E quel che è peggio, certi mezzi discorsi che di tanto in tanto le scappavano contro la religione cattolica e contro le funzioni del mese Mariano, mettendo tutto in ridicolo, anche la parola di Dio in bocca dei suoi ministri, dove li aveva imparati? Ecco, ecco il frutto delle barzellette coi doganieri, che una volta specie a Manassola, una ragazza onesta ne sarebbe scappata lontana come dalla peste, ecco la buona scuola di capitan Ramò, che in quanto a religione non era legno da confessionali neppure lui! E quella povera Battistina, perché la mortificava continuamente, la strapazzava senza carità, sia che parlasse, sia che tacesse, e aveva tanta vergogna di farvisi vedere insieme, peggio che se fosse stata una ladra? era o non era sua sorella, battezzata come lei, capace come lei di vita eterna? Novantanove per cento, se il Signore non le toccava il cuore colla sua santa grazia, quella figliuola andava a finire malamente; era un peccato, ma andava a finire malamente.

Queste osservazioni piú del canonico le faceva Cicchina, anzi al canonico gli sembrava che Cicchina esagerasse, e pel bene che aveva sempre voluto a Marinetta cercava di difenderla, che in fondo essa era di buonissima pasta e bisognava compatirla per la mancanza di educazione e pel carattere troppo vivace, e a poco a poco, venendo grande, le esortazioni, i consigli, i buoni esempi l'avrebbero trasformata, però certe cose gli saltavano agli occhi a lui pure e non sapeva che rimedio metterci, quantunque di rimedi ne avesse un deposito per ogni specie di mali. Purtroppo la sua farmacia era per la salute del corpo e niente per quella dell'anima che è la piú importante.

Tornando a Battistina, le monache dell'ospedale di Manassola, che erano quattro e piuttosto bisbetiche come in generale tutte le monache anziane, non potevano che lodarsene: docile, rispettosa, di lavoro; la cucina non era il suo forte, questo no, un po' semplice, d'un naturale malinconico, spesso piangeva per giornate intiere senza che se ne sapesse il motivo, ma dal momento che all'obbedienza ci stava e la volontà di far bene ce la metteva tutta e non brontolava e non replicava mai, sul suo pianto non c'era niente da dire, altro che consigliarla di fare un'offerta dei suoi dolori a Gesù Nazzareno. Essa sarebbe stata contenta di levarsi dal mondo per chiudersi in un monastero fino alla morte, in un monastero di quelli dove c'è la clausura e i voti perpetui, e il canonico Marmo, a cui s'era raccomandata colle mani giunte, le aveva promesso di occuparsene, anzi n'era occupato subito, quantunque capisse che la vocazione non sarebbe bastata per farla accettare, ignorante com'era di leggere e scrivere, e peggio ancora, senz'altra dote che una camicia frusta.

Difatti, al canonico gli avevano risposto coppe tutte le persone a cui s'era indirizzato, tanto a Genova come a Savona: coi tempi che corrono, la vocazione di farsi santa dietro i finestroni colla graticola, una figliuola deve pagarsela a pronti contanti, che nemmeno le monache vivono d'aria, e sudano sangue a mantenersi, dopo che il governo ha fatto repulisti su tutto. Quando lo seppe, Battistina chinò la testa, rassegnata; il Signore voleva cosí, e cosí sia; capiva anch'essa che non era degna di servirlo fuori del mondo e d'andare in paradiso in carrozza, ma ecco che capitato don Bosco a Manassola, dove si fermò circa tre settimane alloggiato dall'arciprete, le venne l'idea d'andarsi a confessare da lui.

Fu un'ispirazione dello Spirito Santo, perché don Bosco era di quegli uomini fatti apposta, che indovinano subito a colpo d'occhio se la vocazione c'è o non c'è, e quando c'è, delle difficoltà non si spaventano e sanno trovar la strada per togliere un'anima ai pericoli del mondo, facendola sposa di Gesú benedetto. La ragione della sua venuta non si sapeva bene; chi diceva che l'avesse mandato il papa per levar la scomunica a un prete spretato piemontese che già da molti anni s'era stabilito a Manassola e ora si trovava in procinto di pigliare il passaporto per casa del diavolo dopo aver fatto d'ogni erba un fascio, vivendo insieme a una donna anche lei di manica larga; chi pretendeva che trattasse l'acquisto dell'antico palazzo Piccamiglio per conto dei gesuiti che vi avrebbero messo il loro noviziato oppure una gran raffineria di zuccheri; i soliti frammassoni parlavano di una certa eredità da scroccare alla vedova d'un tesoriere della Banca Nazionale in ritiro, però la voce generale e piú creduta era quella dell'istituzione d'un collegio, sul genere degli altri che don Bosco aveva in Piemonte, nel convento dei Cappuccini.

Qualunque fosse il motivo vero, noi altri adesso non ci riguarda; l'importante è che Battistina, aiutata e appoggiata dalle raccomandazioni del canonico, nuda e cruda com'era, entrò nella simpatia di don Bosco e si senti promettere che non piú tardi d'un mese o due il celeste sposo le avrebbe fatto la grazia di chiamarla tra le sue vergini. Dove? a Genova, a Torino? nelle Francescane, nelle Crocifisse, nelle Adoratrici perpetue del Santissimo Sacramento? Questo non si doveva sapere; l'avrebbe chiamata per quella via che nella sua infallibile sapienza avrebbe giudicato la migliore. Non tocca a noi scegliere o discutere i mezzi, tocca a quello lassù, e a lei intanto spettava di tenersi pronta ad obbedire ciecamente, anche ad incontrare la morte se fosse stato necessario.

Anche la morte, sí, Battistina era disposta a tutto. Abbandonata dalla madre, schivata da sua sorella peggio d'una tignosa, cosa poteva ancora sperare dal mondo, essa, ignorante, brutta, stracciona? tanto, del gran bene che aveva sempre voluto ai suoi, nessuno gliene aveva mai tenuto conto, sua madre meno degli altri! — Il canonico scrisse per lei una bella lettera alla Bricicca, domandandole il permesso di farsi religiosa e raccontandole come stavano le cose, e da Genova venne la risposta, che non mancasse pure, ma col patto di non dovere sborsare un soldo né per la dote né pel corredo, una risposta di quattro righe appena, scritte da Angela che ci si vedeva chiara la voglia di far presto, senza nessuna notizia, senza nemmeno uno straccio di saluto pel canonico e per sua sorella, che se lo sarebbero meritato. Già che aveva la penna in mano, Angela non si sarebbe mica bruciati i diti se avesse detto qualche cosa del suo matrimonio, ma nella Pece Greca i lontani erano scordati dentro il sacco rotto di san Francesco, quello che se non ci pensa il Padre eterno, nessuno ci pensa.

Avuto il permesso di sua madre, Battistina non aveva piú che da montare in vagone, i suoi preparativi essendo terminati prima di cominciarli; solamente non capiva, e prete Lazzaro neppure, perché don Bosco fosse cosí misterioso, ma un santo come lui ci avrà avuto le sue ragioni; forse aveva promesso senza sapere niente di preciso, nella sicurezza che all'occorrenza il Signore avrebbe operato un miracolo, forse invece i monasteri da scegliere non gli mancavano né in Piemonte né in Lombardia e s'era preso del tempo per pensarci bene, scrivere alle diverse superiore, e tutto con quella prudenza che è indispensabile nelle operazioni di questo genere. A buon conto, due mesi al piú, aveva detto, e due mesi passavano presto.

Marinetta avrebbe voluto che fossero già passati, cosí almeno quel cerotto di sua sorella se lo sarebbe distaccato dalle spalle finalmente, senza sentirne piú parlare. Le dava sui nervi solo che gliela nominassero. In tutte le case, dov'era sempre ricevuta a braccia aperte, le domandavano ridendo se si faceva monaca lei pure come Battistina, e non mancava mai quello che diceva: sí, monaca: di sant'Agostino, con due teste sul cuscino; e volevano sapere se c'era andata anch'essa a confessarsi da don Bosco e se l'aveva trovato di manica larga, ché a giudicarla dalla malizia degli occhi, per dar passaggio ai suoi peccati la bocca del porto di Genova sarebbe stata appena sufficiente. Il piú burlone in questi discorsi era capitan Ramò, che con tutta la barba bianca e moglie e figli, in compagnia delle belle ragazze e pure delle maritate giovani si scordava volentieri d'essere burbero e per tenerle allegre non pativa di scrupoli; un nomo spregiudicato, sano e dritto come nuda stanga, che suo figlio Camillo non gli somigliava manco nei legacci delle mutande.

Da qualche anno non navigava piú e s'era messo a costrurre bastimenti che spediva per conto suo. Giusto allora ci aveva sul cantiere un brigantino a palo, l'Emilia mia, pronto ad essere varato da un giorno all'altro, un barco grosso pei viaggi specialmente di Valparaiso e del Callao, e avendolo chiamato col nome della sua figlia piú grande, gli era venuta l'idea d'un invito a bordo pel battesimo, con rinfreschi e colla banda, una funzione che non s'era mai vista dopo che a Manassola si fabbricavano bastimenti. La signora Ramò s'era cacciata in testa d'invitare don Bosco a benedire l'Emilia, perché don Bosco in quei giorni era di moda, ed essa, senza essere troppo divota lo portava ai sette cieli e ancora piú in su; lui sulle prime, Dio guardi, le avrebbe dato fuoco all'Emilia colle sue mani piuttosto che farla benedire da quel caporione dei gesuiti! poi s'era lasciato tirare a dire di sí per levarsi la seccatura; in fondo, liberali e gesuiti li legava tutti insieme collo stesso spago e la digestione non gliela guastavano altro che gli affari quando andavano male. Don Bosco? Ebbene, l'avrebbe un po' visto da vicino questo gran personaggio celebre e l’avrebbe sentito discorrere; tutto ben pensato, era felicissimo di levarsi una curiosità; o lui, Ramò, avrebbe convertito don Bosco, o don Bosco l'avrebbe convertito lui, Ramò; o non si sarebbero convertiti né l'uno né l'altro, che era la più probabile, e a tutti i modi né di tasca né di salute nessuno ci avrebbe rimesso, ecco l'importante.

La vigilia del varo, Camillo prese Marinetta a quattr'occhi sotto l'archivolto del Piccamiglio, dove non passava mai anima viva. Era mansueto come un agnello, tenero come una tortora. Le disse che egli d'andare avanti cosí, senza sapere di che morte gli sarebbe toccato morire, ne soffriva troppo e aveva deciso di sottomettersi a qualunque sacrificio, perché essa gli volesse sempre bene e gli giurasse come si giura sulle porte dell'eternità che non l'avrebbe mai abbandonato per nessun altro. Di questi giuramenti Marinetta gliene aveva già fatto una dozzina o due dal giorno che si erano conosciuti e non capiva cosa ci fosse di nuovo, tanto piú che Pollino Gabitto non lo vedeva da una settimana, e meno ancora capiva perché ci dovessero entrare i sacrifizi; la chiamava sacrifizio lui la gelosia e la sua prepotenza? C'era questo di nuovo: Camillo, che per timidità fino allora non aveva avuto il coraggio di parlare a suo padre francamente di Marinetta, sapendo che il meno che poteva toccargli sarebbe stata una sedia sulla testa, ora non voleva piú altro aspettare e ad ogni costo metteva le carte in tavola; se suo padre acconsentiva al matrimonio, non si dice subito, ma almeno di lí a un anno, tanto meglio, in caso diverso il rimedio era bello e trovato: fra quindici giorni l'Emilia mia partiva da Genova pel Chilì, lui e Marinetta s'imbarcavano di nascosto, d'accordo col capitano del bastimento, un amico che non li avrebbe traditi nemmeno colla pistola alla gola; appena a Valparaiso si sposavano, e per tirare avanti e per mantenere la moglie lui si sarebbe adattato a far di tutto, anche a lavorare la terra, ché le braccia se le sentiva forti, ma a questi punti non ci sarebbero arrivati, perché a Valparaiso ci aveva dei parenti, e ad ogni modo in America un buon posto da guadagnare venti o venticinque franchi al giorno si trova sempre, quasi senza cercarlo. Marinetta si sentiva per amor suo di scappare con lui, di dargli questa prova di fedeltà, se in famiglia, come temeva, gli contrastavano di sposarla? Una parola, solamente una parola, non domandava altro!

Il progetto di Camillo era dei piú sballati che si possono immaginare, ma quel meschinetto si affannava tanto, supplicando, battendosi lo stomaco, e dall'altra parte Marinetta era cosí facile a innamorarsi delle cose nuove, che l'idea d'un viaggio in America le piacque subito, e dopo essersi fatta pregare pel gusto di farsi pregare, acconsentí, promise, giurò per la centesima volta tutto quello che Camillo le domandava. Voler bene a lui solo? non abbandonarlo mai? partire con lui? ma quante volte doveva dirglielo che non aveva pensato mai a nessun altro e si sarebbe lasciata tagliare il collo prima di dargli mezz'oncia di dispiacere? — Fatti i suoi conti, risoluta a non tornare nella Pece Greca, s'era persuasa che il piede in due scarpe non poteva piú tenerlo e bisognava decidersi o per Tizio o per Sempronio, e fra Tizio coi denti al sole e Sempronio che nel peggio dei casi l'avrebbe portata a far la signora in America, se essa non si decideva per Sempronio una bottiglia di vino bianco spumante la pago io.

Sempronio, ossia Camillo, tanta consolazione si sentí nell'anima dalle parole di Marinetta, che a momenti s'inginocchiava per ringraziarla ed era lí per baciarle la punta dei piedi, quando a Marinetta non le saltò il grillo di stringergli forte la testa fra le sue mani e baciarlo lei invece, e baciarlo sulla bocca? Raramente, ma ogni tanto aveva di questi slanci. — Se gli uomini fossero di marmo e non sentissero niente, certe volte sarebbe meglio; ché quel bacio gli andò fino al fondo del cuore al povero Camillo che non se l'aspettava, e come una bragia sempre accesa ci restò dentro per tutta la vita.

 

 




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