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Errico, poi Alessio, poi Carlo.
ERRICO (uscendo dal n. 4 in abito nero): Ah, ah, ah! Io non ne posso più, tante delle risate, mi fa male la pancia. D. Carlo non s’è accorto ancora che quello è D. Alessio, l’ha preso veramente per donna, l’ha dato pure nu pizzico. Ah, ah, ah.
ALESSIO (dal n. 4 vestito da donna in domino nero. Esce e si toglie il maschermo): Neh, D. Erri, ma ch’avimma fà? la pazzia fino a un certo punto, chillo cadavere ambulante se n’è ghiuto de capa veramente, me sta danno nu sacco de pizzeche.
ERRICO (ridendo): Stateve zitto, noi dobbiamo ancora ridere. Ah! Eccolo qua, mettetevi il mascherino. (Alessio si maschera.)
CARLO: Insomma ve ne siete andata, mi avete lasciato a me solo, non sò perché, se vi dà fastidio me ne vado.
ERRICO: Ma no, che fastidio, la signorina dice che in quella stanza ci fa caldo, non è vero?
ALESSIO (con voce finta): Si, io soffro di occupazione.
CARLO: D. Errì, scusate, ma pecché non s’ha voluto levà la maschera?
ERRICO: Per non farsi conoscere, quella è una signora, capite. Poi si è lagnata con me, dice che voi l’avete pizzicata.
CARLO: E che male nce sta, queste sono nottate che non si bada a niente. Andiamo a bere un’altra bottiglia di sciampagna.
ALESSIO (con voce finta): Andiamo, ma non fate tanto lo scostumato, si no ve sciacco. (Viano nel n. 4 Errico ridendo, l’orchestra di d. suona.)