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PASQUALE (con lettera): Scusate, lo padrone addò sta? Tengo na lettera pe isso.
FELICE: Damme ccà che nce la dò io. (Pasquale la dà e via, Felice guarda la soprascritta:) L’istesso carattere de la lettera d’aieri, voglio vedé che dice. (Apre la lettera e legge:) «Signore, vi ho scritto quattro lettere e non mi avete risposto, adesso non vi scrivo più. Rispondete subito a questa mia, o vengo io di persona a domandarvi soddisfazione del modo come mi avete trattata. La vostra Bettina Capozzella». Oh! Sta Capozzella m’ha rotto la capa mo! Mò le rispondo io come merita. (Siede al tavolino e scrive:) «Signora Capozzella. Io sono un uomo onesto e non rispondo ad una donna della vostra qualità! Sono ammogliato, perciò non mi seccate più con le vostre lettere, né vi azzardate di venire in casa mia, altrimenti vado a ricorre alla questura. Liborio Ciaramella». Mò vedimmo si scrive cchiù. (Suona il campanello.) Se non veniva io dinto a sta casa, chillu povero Liborio l’arrovinavano. (Chiude la lettera e scrive l’indirizzo.)
FELICE: Portate questa lettera al suo indirizzo.
PASQUALE: M’ha da dà risposta?
FELICE: Consegnatela e tornatevenne.
FELICE: Na vota lu putevano mpapucchià, ma mò che nce sto io è n’ata cosa.