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ATTO PRIMO
SCENA SETTIMA Felice e detti, poi Mimě, indi Alonzo, in ultimo Felice, Rita (con fazzoletto) e Pasquale.
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Felice e detti, poi Mimì, indi Alonzo, in ultimo Felice, Rita (con fazzoletto) e Pasquale.
FELICE: La cammera è bella, ma sulo lo lietto nce sta... già sulo lo lietto è necessario!
FELICE: Oh! rispettabibissimo! (Guè, chella de la paglietta!) Quale onore... accomodatevi. (Seggono.)
ELENA: Noi non possiamo sederci!
CESARE: Già, perché non si può perdere tempo, ma tanto quello che dovremo dire all’impiedi, lo diremo seduti. Signore, il vostro cavallo ci ha fatto un guaio, ci ha fatto una rovina; questa signora senza quella paglia è compromessa seriamente compromessa! Si tratta di amor proprio, si tratta d’onore, capite, d’onore!
CESARE: Signore, la posizione è critica, per causa vostra, per causa del vostro cavallo potrebbe aprirsi per lei una vergogna, per me una vita infelice e per voi una tomba. Vedete, io son calmo, voi, signore, siete in dovere di riparare al male che ci avete fatto, e che ci potrebbe fare, se per caso la signora ritornasse a casa senza cappello.
FELICE: Ma vedete che il male non l’ho fatto io, l’ha fatto il cavallo.
CESARE: è l’istessa cosa, perché il cavallo è vostro e poi poche chiacchiere sapete, a noi ci bisogna quella paglia, quella paglia!
FELICE: (Chiste comme so’ guaje, neh!).
ELENA: Ecco qua, signore, sentite a me: Questo giovane è mio cugino, fa l’amore con mia sorella, e stammatina parlando di lei siamo arrivati fin sopra Capodichino. Ad un punto siccome eravamo stanchi, ci siamo seduti sopra di un sedile che stava là. Sentivo un caldo orribile, mi sono levata la paglia e l’ho appesa ad un ramo dell’albero... dopo poco la mia paglia stava in bocca al vostro cavallo. Signore, io sono maritata, mio marito m’ha vista uscire con la paglia, egli è tanto geloso, sospetta di tutto. Ecco la mia posizione. Voi dovete subito procurarmi una paglia come quella o sono perduta.
FELICE: Signora mia, ecco qua, io con piacere vi servirei, ma oggi è impossibile, io a momenti aspetto la sposa pe ghì a lo municipio. Domani potrò servirvi.
ELENA: Domani! Ah! Signore, voi non avete cuore!
CESARE: Pss! Non posso essere più calmo. Signore. (S’alzano.) Andate subito a procurare una paglia come quella di mia cugina. Io non posso andarci, prima perché non posso lasciarla, secondo perché non ho denari.
CESARE: Non m’importa niente, staremo qua finché non verrete con la paglia.
FELICE: Ma io...
MIMÌ (di d.): Compariè, compariè, stanno saglienno! (Gridando.)
FELICE: Sangue de Bacco, so’ lloro! Per carità signora, nascondetevi, arriva la mia sposa, non dubitate, io ve porto la paglia, annascunniteve ccà dinto! (La fa entrare a prima a sinistra.)
CESARE: Io pure mi nascondo. (p.a.)
FELICE: No, vuje stateve ccà. Che ve credite de stà ncoppa Capodichino? Dite che siete mio cugino!
CESARE: Sarò vostro cugino... ma la paglia?
FELICE: La paglia l’avrete più tardi. (Puozze murì ncoppa a la paglia!)
MIMÌ: Favorite, compà, favorite.
ALONZO: Eccome ccà. D. Felì, me pareva mill’anne che arrivava.
FELICE: Caro papà... e la sposa?
ALONZO: Sta fora nzieme co lo fratello, ha ditto che nun trase si nun la vaje a piglià tu... Eh! me pare che sia regolare!
FELICE: Vaco subito. (Via pel fondo.)
ALONZO (a Mimi): Chillo signore chi è?
CESARE: (Che uomo antipatico!).
FELICE: Venite, venite senza cerimonie, questo che cos’è? (Esce e dopo di lui Rita e Papele.) Accomodatevi. (Bussa il campanello.) Io aspettavo questo momento con gran piacere, quest’è casa vostra. (Bussa c.s.)