Eduardo Scarpetta
Amore e polenta

ATTO TERZO

SCENA TERZA   Ignazio, Angelica, Fruvoli e detti.

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SCENA TERZA

 

Ignazio, Angelica, Fruvoli e detti.

 

IGNAZIO: Favorite, favorite. È la zia vosta nzieme cu nu signore. (Via.)

ELENA: Uh, zizia! (Apre.)

ANGELICA: Mia cara Elena!

FRUVOLI: Signora.

ANGELICA: Uh! D. Cesare state qua?

CESARE: Sono qua!

ANGELICA: Questo giovane sempre pazzo è stato, è il figlio di un fratello cugino di mio marito. Il padre era più pazzo di lui.

ELENA: Nun lo date audienza. Assettateve. (Seggono.) Che dicere sta visita, comme va che site venuta?

ANGELICA: Ho domandato prima al portinaio se c’era tuo marito, m’ha detto di no, e perciò siamo saliti. Scusami, cara Elena, ma tuo marito non è in trattativa. Stamattina, mi ha detto delle parolacce, che io non avevo mai intese, ti giuro che le mie recchie son rimaste pietrificate.

ELENA: E come? Per quale ragione?

ANGELICA: Per niente, l’ho trovato nel magazzino della mia modista, e siccome sparlava dite, io ho preso le tue parti; non l’avessi mai fatto ha incominciato a dire delle cose che mi ha fatto gelare i nervi, Io non so’ tu come hai potuto abituarti vicino a quell’uomo.

FRUVOLI: Veramente, signora, io non avevo l’onore di conoscervi.

ANGELICA: Il Cav. Fruvoli, uno dei miei più cari amici.

FRUVOLI: L’ultimo dei suoi servi.

ELENA: Molto piacere di conoscervi. (Gli la mano.)

CESARE (che in questo momento si trova vicino alla consola, prende una statuetta e la rompe).

ANGELICA: Che cos’è?

ELENA: Niente! (M’ha rotta la statuetta, puozze murì de subbeto!)

FRUVOLI: Dunque come dicevo, io non avevo l’onore di conoscervi, ma adesso che vi ho visto, dico che avete fatto male a sposare quell’uomo.

ELENA: Eh! Che volete, fu una combinazione, e se sapeste sig. Cavaliere com’è seccante! Avaro poi all’eccesso, nemico di divertimenti, da un anno che l’ho sposato non ho visto più un teatro, una festa da ballo. Vi assicuro che la mia è proprio una vita infelice!

CESARE (canta): «Che piacere, or son contento. Lei lo dice, ed io lo sento».

ANGELICA: ( canta !).

FRUVOLI: Veramente mi pare che non sia educazione.

ELENA: Cesare, statte zitto agge pacienza.

FRUVOLI: Vuol dire che vostro marito vi tiene gelosa?

ELENA: No, che , è proprio perché questo è il suo carattere.

ANGELICA: Ma tu poi cara Elena, nce n’hai fatto prendere troppo, abbi pazienza, tu sei figliola, tu devi divertirti. Dimme na cosa, hai mangiato?

ELENA: No, non ancora.

ANGELICA: Benissimo, allora vieni a mangiare con me, stasera a casa mia c’è musica e ballo, ti fato passare una bella serata.

FRUVOLI: Dice bene la zia, ecco una bella occasione!

ANGELICA: Jammo movete, chesto che cos’è, io nun te conosco cchiù!

ELENA: Ecco ccà, zìzì, io verrei con piacere, ma stamattina sono uscita per un affare, e per causa d’una combinazione, mi sono ritirata a quest’ora. Procopio vedendomi tardare è uscito per trovarmi, adesso che viene mi aspetterà tutta la giornata e la serata, come si fa?

FRUVOLI: Gli farete dire dal vostro servo che state in casa della zia.

ANGELICA: Quando stai in casa mia, egli non deve nemmeno respirare.

CESARE: (Deve morire addirittura!).

ELENA: Aspettate, m’è venuta un’idea; isso nun sape che io me so ritirata, le scrivo nu biglietto e nce lo faccio pe Ignazio lo servitore, lo quale ha da dicere che l’ha purtato nu guaglione. In questo biglietto le dico che mentre mi sono ritirata aggio incontrato a vuje, e che afforza m’avite voluta purtà a la casa vosta, e siccome che stasera tenite na società me venesse a piglià verso mezzanotte.

FRUVOLI: Benissimo!

ANGELICA: Chesto haje da ! Siente a me, nun lo retta!

ELENA: Aspettate nu mumento che faccio lesto lesto! (Va al tavolo e scrive.)

CESARE (adAngelica): Posso avere l’onore di venire anche io a questa festa da ballo?

ANGELICA: Padronissimo ma frak e cravatta bianca.

CESARE: (Queste son cose che a me non dovete dire!).

ANGELICA: (No, pecché llata vota, nun lo teniveve!).

CESARE: (L’altra volta lo tenevo pegnorato, non fu colpa mia, io il mio dovere).

FRUVOLI (ad Angelica): (Che v’ha detto, scusate?).

ANGELICA: (Ha voluto sapere il numero degl’invitati di stasera).

FRUVOLI: (Verrà anche lui?).

ANGELICA: (S’è invitato da per egli!).

ELENA: Ecco fatto. (Suggella la lettera.) Zìzì, m’è venuto nu pensiero, la sarta aiere m’aveva purtà nu bell’abito, che scennimmo passammo pe llà e nce lo pigliammo.

ANGELICA: Bravissimo.

ELENA (chiamando): Ignazio... Ignazio... Stu servitore è n’affare serio... s’addorme sempe... Ignazio?

 


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