Eduardo Scarpetta
'Na bona quagliona

ATTO SECONDO

SCENA SETTIMA   D. Saverio, la Marchesa Candida e detti.

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SCENA SETTIMA

 

D. Saverio, la Marchesa Candida e detti.

 

CANDIDA (di dentro): Che polvere! Che polvere! che strade orribili!

ALBERTO: Chi è?

SAVERIO (di dentro): Siamo arrivati, ecco qua.

FELICE: Neh, chi soscusate...

ALBERTO: La Marchesa Fiore! E che vene a ccà?

CANDIDA (fuori): Io non capisco perché avete fatto fermare la carrozza tanto tempo prima, mi sono rovinato i scarpini, che strade, mio Dio, che strade!

SAVERIO: (Vuje vedite che guajo che aggio passato co chesta!).

CANDIDA: La carrozza avrebbe potuto venire fin qui.

SAVERIO: Ecco qua Marchesa, siccome mi avevano detto: strada nuova N. 23, io vedendo il N. 21, ho detto: ferma, cucchiè, siamo arrivati. La combinazione in quella strada, botteghe non nce ne stavano più, e pe venì a lo 23 nce ha voluto la mano de lo Cielo, avimmo avuta no buono tratto a piedi, credo che non sia stata una grande mancanza.

CANDIDA: Caro D. Saverio, voi dite bene, perché siete uomo, queste strade non vi fanno impressione, ma per me che sono donna, e che sono abituata di andare sempre in carrozza, non è stata una piccola cosa.

ALBERTO: Signora Marchesa. (Salutando.)

CANDIDA: Oh, chi vedo? D. Alberto, state qua?

ALBERTO: Sì, per un affare, non ci vediamo da tre anni. Però, vi trovo sempre bella, sempre fresca...

CANDIDA: Oh, per carità, siete troppo gentile.

ALBERTO: Ancora vedova?

CANDIDA: Sempre

ALBERTO: Vostro figlio Errico come sta?

CANDIDA: Non c’è male, ed è per lui che sono venuta fin qui. Dicono, che abbia amoreggiato con una ragazza del volgo, una popolana di questo paese, la quale si prende l’ardire di mandare al mio palazzo certi lazzaroni, amici suoi e protettori, per domandare di mio figlio, per sapere perché l’ha lasciata, e che cosa intende di fare. Ma ditemi voi se si può soffrire di peggio.

ALBERTO: Oh, avete ragione.

CANDIDA: Quattro giorni fa fui obbligata di farne cacciare due dai miei servi a furia di calci. E stamattina, mentre Errico passeggiava a cavallo sul trottuar essendo stato fermato da un altro tipo, un certo Ciccillo, ha perduta la pazienza e gli ha dato due buonissime cravasciate, fortuna che è fuggito, perché erano corsi altri signori, amici nostri per fargli il .

ALBERTO: Benissimo!

CANDIDA: Vedete un poco che pretenzione — mio figlio il Marchesino Errico Fiore, essere perseguitato da una ciandella qualunque, mentre fra pochi giorni deve sposare la figlia di questo signore.

SAVERIO (saluta con la testa Alberto che fa lo stesso): Io poi, capite, ho voluto sapere con precisione di che si tratta, e perciò siamo venuti qua, perché, mia figlia, poveretta, ha saputo qualche cosa, e sta molto dispiaciuta, non vorrei che questo matrimonio la dovesse rendere infelice.

CANDIDA: D. Saverio, per vostra regola, questo matrimonio sarà una fortuna per voi, su tutti i riguardi, prima di tutto stringete parentela con una famiglia nobile, capite?

SAVERIO: Marchè, scusate, vuje mettite sempe sta nobiltà mmiezo, io a mia figlia le 500 mila lire, e con questa dote mi pare che ho diritto di darle almeno no buono giovine pe marito. Vostro figlio è nobile, sissignore, ma non tiene niente.

CANDIDA: Tiene il titolo che vale milioni. Voi non ne capite niente.

SAVERIO: No, io capisco assaje, Marchè.

 


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