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Candida, Saverio, Giacomo e detti.
CANDIDA (in abito da festa dalla finestra): Errì, è venuto nisciuno o no?
CANDIDA: Ma queste sono cose inaudite, sono cose da non credersi. Che diavolo sarà succieso?... Vuol dire che attenderemo un altro poco, e poi firmeremo il contratto, così, fra di noi?
SAVERIO: Firmeremo il contratto? E il notaio dove sta?
CANDIDA: Ah, già, manca pure il notaio. Giacomino?
CANDIDA: Che vuol dire che manca il notaio?
GIACOMO: E io che ne saccio, eccellenza.
SAVERIO: Marchè, scusate, io sono chiaro nelle mie cose, questo che succede, a me non mi persuade, ccà nce ha da stà quacche pasticcio.
CANDIDA: D. Savè, in casa mia pasticci non se ne fanno! Sono combinazioni, combinazioni che possono capitare a tutti. Il notaio si sara ammalato e perciò non ha potuto venire.
SAVERIO: E tutti gl’invitati pure so’ cadute malate?
CANDIDA: Gl’invitati verranno più tardi. Si sà, sono tutti nobili, abituati così.
SAVERIO: Va bene... ma allora facile sunà nu poco, si no ccà morimmo, chesto che cos’è?
CANDIDA: Giacomino, dite all’orchestra che suonasse.
GIACOMO (alla porta del trillace): Musica! Musica! Eccellenza, li professore d’orchestra non nce stanno cchiù.
CANDIDA: Possibile!... E dove sono andati?
GIACOMO: E che ne saccio, eccellenza.
CANDIDA: Saranno calati in giardino va a vedere. (Giacomo via per la scala.)
SAVERIO: Ma comme, chille stanno llà pe sunà, se ne vanno passianno dinto a lo ciardino?
CANDIDA: Questa sera tutti congiurano per farmi arrabbiare!
SAVERIO (accorgendosi dei ravanelli, e prendendone un mazzo): Scusate, Marchè, questi sono i frutti che avete fatto preparare sulo buffe per gl’invitati?
CANDIDA: Come! Che vedo! Delle radici!
CANDIDA: E chi nce l’ha mise? (Gridando:) Totonno, Biase?... dove siete, imbecilli!
SAVERIO: Marchesì, scusate, questi sono insulti... sono cose che a me non si debbono fare, mia figlia non è giovine che si merita di essere trattata in questo modo.
ERRICO: Ma come voi credete...
SAVERIO: Che debbo credere, Marchesì, credo quello che vedo. Li rafanielle se danno a li puorce, e io ve faccio riflettere che non so’ puorco, io me chiammo Saverio Patierno, e se non sono un nobile, sono un galantuomo e basta. (Con forza, Ciccillo fa un forte fischio.) Chesto per esempio, se fà abbascio Puorto, non già in casa di signori!...
ERRICO: Ma chi è stato?... (Va guardando.) Giacomino? Giacomino? (Chiamando.)