Eduardo Scarpetta
Il debutto di Gemma

ATTO UNICO

SCENA TERZA   Emilia, Errico e detti.

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SCENA TERZA

 

Emilia, Errico e detti.

 

EMILIA (di dentro): Raffaele, Raffaele?

ERRICO (di dentro): Custode, custode?

RAFFAELE: Chi è? Sta ccà, che volite?

ERRICO (fuori): Come! Che voglio? Ccà sta tutte cose a lo scuro. Quanno s’appiccia?

EMILIA: È proprio un’indecenza.

RAFFAELE: E ch’aggio da io, che vulite da me?

ERRICO: Comme! Che voglio da te?... L’elettricista addò sta?

SAVERIO: L’elettricista sta al suo posto, ma non appiccià ancora, deve avere l’ordine da me.

ERRICO: Oh, scusate, signor sindaco, io non sapeva che stavate qua. Emilia, qua c’è il sindaco.

EMILIA: Oh, buona sera, signor sindaco.

SAVERIO: Buona sera, signora.

EMILIA: Vi preghiamo, dunque, di dare quest’ordine. Come si fa?

SAVERIO: Bisogna pazientare un poco, signora prima donna. Siccome si sta facendo un accomodo all’angolo de la strada, così si è dovuto togliere la corrente al palcoscenico.

ERRICO: Ma speriamo che si sbrigassero presto. Fra mezz’ora deve incominciare lo spettacolo.

EMILIA: Ma nei camerini neanche c’è la luce?

SAVERIO: Neanche, signora.

EMILIA: Oh! E come si fa? Io mi debbo vestire.

ERRICO: Io mi debbo mettere la maglia.

EMILIA: Vuol dire che lo spettacolo incomincerà più tardi.

SAVERIO: O pure non si fa addirittura.

EMILIA: Non si fa? Voi che dite, signor sindaco? Sarebbe una rovina.

ERRICO: Il teatro è tutto venduto. Quel povero D. Felice, ha camminato quattro giorni con la pianta, per far segnare i palchi, le poltrone...

SAVERIO: Già! la serata a suo beneficio.

ERRICO: No, signor sindaco, è a beneficio di tutta la compagnia. Abbiamo detto che è serata sua per non fare una cattiva figura, capite?

SAVERIO: Ho capito, ho capito.

EMILIA: A lui, si sa, gli spetterà qualche cosa di più, perché ha scritto il monologo per la nipote di D. Peppino, e perché l’idea fu sua di farla recitare.

EMILIA: E poi per questa recita ha lavorato molto, bisogna dire la verità, è un buon uomo.

SAVERIO: E anche la sorella, è una buonissima donna.

EMILIA: Ah, sicuro!

SAVERIO: Molto onesta.

EMILIA: Onestissima!

SAVERIO: E adda volé bene assai a tutta la compagnia, perché quando veniste, me facette tante raccomandazioni.

EMILIA: Sì, sì, lo sappiamo... Che buon’amica!

ERRICO: Ha un d’angelo!

SAVERIO: (Rafè, io me ne vaco dinto a lo palco. Appena vene Donna Concettina, la sora de lo suggeritore, me chiamme).

RAFFAELE: (Va bene, Eccellenza).

SAVERIO: Segretà, venite co me.

LUIGI: Subito. (Segue Saverio nel palco di proscenio.)

EMILIA: Ma, Rafè, famme lo piacere, damme na cannela almeno, io incomincio a truccarmi.

RAFFAELE: Non posso, cara signora, nce l’ordine de lo sinneco.

EMILIA: Ma queste sono cose nuove, sapete! Da dieci anni che faccio l’arte, non mi è successo mai quello che mi sta succedendo in questo paese.

ERRICO: Emì, non mporta, tenimmo n’auto poco de pacienzia! Io non nce voleva venì dinto a sta compagnia... Chillo cancaro de D. Peppino, me volette scritturà afforza. Seh! E che nce ne jammo nuje stanno cchiù frische. Una coppia come la nostra, D. Peppino non la trova.

EMILIA: A proposito, Errì, io stasera pe la Francesca da Rimini, me mette chella da Spagnuola de velluto verde.

ERRICO: E perché?

EMILIA: Guè, pecché? E non lo ssaje che la veste de la Francesca sta mpignata?

ERRICO: Ah, già! Sta nzieme co lo soprabito mio... Non te n’incarricà, chiste non nce attaccano idea, non ne capiscene niente, e , chille stasera venene pe Gemma, la nepote de D. Peppino.

EMILIA: Io pe me ritengo che è no rischio a recità stasera a chella guagliona — La malatia che tene è brutta... Ultimamente avette chillattacco!... Tutte quante nce credeveme ch’era morta. Sentiste lu miedeco che dicette? Questa ragazza si deve curare seriamente, e non deve avere nessuna emozione.

ERRICO: E se capisce!... Se tratta de lo core... Sperammo che ghiesse tutte buone, accussì dimane nce ne jamme, e fenimmo de suffrì.

 


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