Eduardo Scarpetta
Il debutto di Gemma

ATTO UNICO

SCENA SESTA   Concettina e detti.

Precedente

Successivo

Link alle concordanze:  Normali In evidenza

I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio

SCENA SESTA

 

Concettina e detti.

 

CONCETTINA: Signori, buonasera.

TUTTI: Buonasera.

CONCETTINA: Che folla sta vicino a lo teatro!... Che bellezza! Caro Dottore...

IGNAZIO: Cara Donna Concettina.

ARTURO: E D. Felice? Comme va, non è venuto co buje?

CONCETTINA: Steve venenno co me, ha truvato nu sacco de gente che volevano ancora bigliette, e l’aggio lassato. Chillo non sta trovanno pace da stamattina: chi lo chiamma da ccà, chi lo chiamma da llà...

IGNAZIO: E la guagliona, Gemma, comme sta?

CONCETTINA: Sta bona, sta bona, non è stata mai tanto allegra comme a sta jurnata. S’ha mangiate li maccarune nzieme co nuje.

IGNAZIO: L’avite date li maccarune?

CONCETTINA: Gnorsì, Dottò, pecché m’ha fatto pena, poverella!... E quasi no mese che sta avenno brodo, ove e latte... E, de chesta manera, chella adderettura se ne scenne da dinto a li panne... Dottò, vuje avite sbagliato, chella non s’ha da curà comme dicite vuje...

IGNAZIO: E già, songh’io lo ciuccio!

FORTUNATO: Dottò, chella è piccerella, lo mangià non le male.

IGNAZIO: Ah, sicuro — (Io vorria sapé chi tene ncuollo sta puzza de saraca?). Ma che sta facenno? Pecché non è venuta ancora?

CONCETTINA: Io me la voleva portà co mmico, ma siccome non era pronta ancora, e io jevo de pressa, ha ditto: Abbiateve che io vengo.

IGNAZIO: E la facite cammenà sola?

CONCETTINA: Seh!... s’avesse da mettere paura... Chella tene lo diavolo ncuorpo!

EMILIA: Oh, pe chesto non nce pensate! Non se mette paura de niente.

ARTURO: È svelta assai.

ROSINA: Non pare maje na piccerella.

IGNAZIO: Ah, allora va bene. (Ecco che significa a non tené la mamma e lo patre). Basta, permettete, io vaco a piglià la famiglia pe la purtà dinto a lo palco.

TUTTI: Buon divertimento.

IGNAZIO: Grazie. (Via.) (Durante questa scena Raffaele è andato a chiamare Saverio, il quale esce dal palco).

CONCETTINA: Neh, ma ccà sta ancora a lo scuro, quanno s’appiccia?

ERRICO: S’aspetta l’ordine de lo sinneco.

SAVERIO: Ci siamo. Potete andarvi a vestireGiacomì, appiccia!

GIACOMINO: Subito. (Esegue, la scena si rischiara.)

EMILIA: Ah, finalmente!

ERRICO: Grazie, signor sindaco.

ARTURO: Permettete, signor sindaco.

ROSINA: Signor sindaco.

LUCIA: Buonasera.

: Andate, andate, perché è tardi.

FORTUNATO: Signor sindaco, i miei rispetti.

SAVERIO: Jate, jate. (Tutti salgono per la scaletta, ed entrano nei carnerini.) D. Luigì, jatevenne no momento.

LUIGI: (Ho capito!). Permettete signor sindaco, arrivo fino al caffè.

SAVERIO: Andate.

LUIGI: Con permesso, signora. (Via.)

SAVERIO: E voi non vi andate a vestire?

CONCETTINA: No. Io questa sera non prendo parte allo spettacolo, sono libera.

SAVERIO: Ah, siete libera? Brava!... E perché stamattina non mi avete detto niente? Vi ricordate? Io giorni fa, vi voleva portare con me a mangiare in campagna, al mio villino, e voi mi diceste: Sì, verrò il giorno che sarò libera al teatro.

CONCETTINA: Sì, me lo ricordo, ma voi mi diceste che doveva venire sola, senza mio fratello, e questo, caro signor sindaco, io non lo posso fare.

SAVERIO: E perché? Non ncera niente di male, si trattava di passare una giornata allegramente.

CONCETTINA: E con miò fratello vi posso assicurare che la giornata sarebbe stata più allegra.

SAVERIO: Ah, sicuro... Ma ditemi una cosa, non vi siete ancora accorta che io tengo per voi una grande simpatia?

CONCETTINA: Sì, me ne sono accorta, non solamente io, ma tutta la compagnia e vi prego, signor sindaco, di lasciarmi in pace, perché mi fate fare una cattiva figura. Fate credere a tutti quello che non è.

SAVERIO: Basta, non parliamo più. Ho capito tutto, Giacomì! Stuta. (Giacomino esegue.)

TUTTI (di dentro): Neh, che è stato? Che è succieso?

EMILIA (dal camerino): Qui siamo rimasti all’oscuro!

ERRICO (dal camerino): Luce... luce!...

FORTUNATO (dal camerino con lunga barba grigia e berretto): Neh! E che significa questo?

CONCETTINA: Signor sindaco, come si fa?

SAVERIO: E che volete da me? Staranno facendo qualche accomodo.

EMILIA: Ma questo non si vede a nessun teatro! (Entra.)

ERRICO: È un cosa nuova! (Entra.)

FORTUNATO: Dopo 40 anni d’arte, è la prima volta che mi capita questo! (Entra.)

CONCETTINA: (Ma che assassino!). Per esempio, signor sindaco, questo non era il sito adattato per parlare di certe cose. Qui ci vedono tutti, ci sentono tutti. Andiamo nel nostro palco, sediamo un poco, dove nessuno ci potrà vedere, e potremo discorrere a vostro bell’agio; ma qui, qui è una cosa impossibile! Chi va, chi viene... Certe cose, le dovreste capire!

SAVERIO: Avete ragione, ho torto; ma che volete?... Io quando vi vedo non so frenarmi. Allora andiamo a parlare nel mio palco.

CONCETTINA: Ma sì, andiamo, è un onore per me. (Gli il braccio.)

SAVERIO: Oh, grazie, grazieGiacomì, appiccia! — (Giacomino esegue.) — Voglio sperare che sarete più buona con me.

CONCETTINA: Io sarò buona, se voi non siete cattivo. (Risata dei due che entrano nel palco.)

 


Precedente

Successivo

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (VA1) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2009. Content in this page is licensed under a Creative Commons License