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Enrico, Arturo, Alessio indi Peppino.
ENRICO E ARTURO (d.d.): Ah! Ah! (Ridendo.)
ALESSIO (d.d.): Andate via, cattiva gente. (Fuori:) Voi mi avete ubbriacato per ridere sulle mie spalle. Ma io rido di voi.
ENRICO: Ah! ah! Reggetelo, perché potrebbe cadere.
ALESSIO: Io non casco. Voi vi credete che io sia ubbriaco? Voi, siete tutti ubbriachi! Mi dispiace che stiamo in casa di D. Giannattasio, altrimenti vi farei vedere chi è D. Alessio Pertusillo.
ENRICO: Ma che vi abbiamo fatto?
ALESSIO: Non voglio saper nulla, vi sfido a duello. Domani ce la vedremo. Voi siete tutti vastasi, sì, tutti vastasi.
GIANNATTASIO: Chillo comme sta mbriaco. (Suona il campanello.)
GIANNATTASIO: Accompagnate D. Alessio a casa sua.
ALESSIO: Io non voglio essere accompagnato, mi sento forte. Voglio andar solo... E poi voi mi fate paura... tanti vastasi. Sì, sì, fate il forte perché avete anche la sciabola. Ma io me ne rido della vostra arma, me ne rido del fucile, delle pistole, di tutto. (Via con Peppino.)
ENRICOARTURO: Ah! ah! ah! (Ridono.)
GIANNATTASIO: Chillo quanno è dimane nun s’arricorda niente cchiù. Neh! Veniteve a bere nu poco de champagne. (Via.)
ENRICO: D. Felì andiamo. Ah! Fortunato voi, questi sono i frutti del matrimonio.
FELICE: Andiamo. (E si no chisto nun la fernesce!)
ENRICO: Andiamo. (Lazzi nel passare poi via Felice.) Ah! ah! Com’è curioso, costui è un vero asino, com’è possibile ch’è piaciuto a mia cugina?
ARTURO: Però è un bel giovine.