Eduardo Scarpetta
Felice maestro di calligrafia

ATTO PRIMO

SCENA OTTAVA   Andrea e detti, poi Pulcinella indi Ceccia.

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SCENA OTTAVA

 

Andrea e detti, poi Pulcinella indi Ceccia.

 

ANDREA: Signora Marchesa, Marchesino, scusate se mi sono appartato un momento da voi.

MARCHESA: Oh! Fate il vostro comodo.

FELICE: Rispettabilissimo Barone.

ANDREA: Oh! Don Felì... (Comme v’è venuto ncapo de venì combinato de chesta manera?)

FELICE: (Barò, non me mortificate, non aveva che me mettere).

ANDREA: (Ccà veneno tutti nobili, basta tiratevi in fondo).

FELICE: (Tiratevi in fondo, quale umiliazione!).

ANDREA: Ma vi prego accomodatevi, perché state all’impiedi. (Chiama:) Pulcinella? Pulcinella? (Forte rumore di roba rotta do.) Che auto m’avarrà rutto ? (Grida.) Pulcinella?

PULCINELLA: Comandate, eccellenza.

ANDREA: Ch’è stato stu rummore?

PULCINELLA: Eccellenza steva purtanno sei bottiglie de sciampagna dinta a la sala, vuje m’avite chiammato e io l’aggio menato nterra e socorruto.

ANDREA: E lo cisto? (Chisto a n’auto paro de journe me rompe tutte cose.)

PULCINELLA: Eccellenza, è stato per correre da voi.

ANDREA: Va bene, avanza le sedie.

PULCINELLA: Subito, eccellenza. (Don Felì, ve site accertato de chello che v’aggio ditto?)

FELICE: Sì, e te ne ringrazio. Donna infame! (Pulcinella avanza le sedie.)

MARCHESA: E voi, D. Felì, che cosa fate?

FELICE: No, io me ne vado (p.a.).

MARCHESA: E perché, nonsignore, statevi con noi, sedetevi qua vicino a me.

ANDREA: Statevi, perché ve ne volete j, na vota che site venuto.

FELICE: Volete così, vi ringrazio. (Siede vicino alla Marchesa.)

MARCHESA: (Eppure sto D. Felice m’è simpatico assaie, me lo spusarria co tutto lo core!). E così, Barone, la borsa come si è portata oggi? L’italiana che ha fatto?

ANDREA: Non veramente, che la turca...

MARCHESA: No, no, no, vi prego, se non volete farmi mettere di cattivo umore, non mi parlate della rendita turca.

ANDREA: Parliamo invece del nostro San Carlo. Ierisera...

ALBERTO: No, no, Barone mio, se volete farmi stare un po’ allegro, vi prego non parliamo di San Carlo, perché sere fa mi dimenticai il binocolo in un palco, e non l’ho potuto più avere.

ANDREA: Allora non parliamo nemmeno di San Carlo.

ALBERTO: Però vi faccio riflettere che stasera non bisogna parlare né di borsa, né di San Carlo. Sapete che oggi è la nascita della Baronessina, quindi bisogna di lei.

VIRGINIA: Ma no, se volete che sto in mezzo a voi non parlate di me.

ANDREA: Ma ccà de na cosa s’ha da parlà, non nce potimmo stà zitto certamente.

PULCINELLA: Volite parlà de na bella cosa che nce facimmo 4 risate?

TUTTI: Sì, sì, sì.

PULCINELLA: Parlate de li scarpe de stu crestiano.

TUTTI (ridono): Ah! ah! ah!

FELICE: (Puozze schiattà, chille non se n’erano addonate!).

ALBERTO: D. Felì, ma queste di chi sono, di papà vostro?

FELICE: Io padre non ne tengo, caro Marchesino. Quello che m’ha fatto queste scarpe è stato un birbante, perché mi prese la misura, mi promise di farmele buone e poi non mantenne la sua promessa, io ce la pagai prima perché non credeva che m’ingannasse, ma non fa niente, le darò a qualche povero uomo che ne ha bisogno, ed io ne troverò un paio che mi andassero bene, e che non facessero ridere per la loro lunghezza e per la loro larghezza.

MARCHESA: E non ve prendete collera.

ANDREA: Insomma manco de li scarpe potimmo parlà.

PULCINELLA: Volete parlà de lo cappiello? (Prendendo il cappello.)

ANDREA: (Posa lloco, non te piglià confidenza).

FELICE: Barò, fate stà fermo a chillo lazzarone.

CECCIA: Signori miei, pe la mano attuorno. (Si alzano.)

TUTTI: Baronessa. (Per alzarsi.)

CECCIA: Stateve, stateve, non facite cerimonie.

ALBERTO: Baronessa, accomodatevi. (Le la sua sedia.)

CECCIA: Mille ringraziamenti. (Siede.)

ALBERTO: Baronessa, vi preghiamo di dire voi qualche cosa, perché qua non si può parlare di niente, tutti si mettono di malumore.

CECCIA: A proposito, ch’è stato chillo rummore de poco primma?

ANDREA: Pulecenella ha rutto...

PULCINELLA: No, no, signori miei, se volete che sto qui non parliamo di rotture.

ANDREA: Tu si te ne vaie faie meglio; ha rotto la cassella.

CECCIA: E quanno maje, non stà attiento.

ANDREA: Eh! Oggi lascia rompere, non me ne importa niente. (Lazzo orologio.) Oggi è giornata d’allegria, è stata la nascita della Baronessina, oggi ha compiuto 18 anni, tutto chello che ha voluto sta jurnata l’aggio dato; è l’ultimo anno che il nome suo lo fa con noi.

ALBERTO: L’anno venturo la farà con me.

FELICE: (Co isso...). ( uno spintone alla Marchesa e tutti lazzo delle carte da gioco.)

MARCHESA: (Stu don Felice me sta danno nu sacco de vuttate, ho paura che s’è innammorato di me).

 


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