Eduardo Scarpetta
'Na figliola romantica

ATTO SECONDO

SCENA SETTIMA   Il Conte e il Dottore.

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SCENA SETTIMA

 

Il Conte e il Dottore.

 

CONTE: E voi dite che i tanti capricci di mia moglie?...

DOTTORE: Ma sì, ve lo ripeto, possono esser voglie.

CONTE: Volete lusingarmi. Lei mi dice !

DOTTORE: La donna queste cose nasconde più che può.

CONTE: Poco primme nu chiasso ha fatto...

DOTTORE: L’ho saputo da vostra figlia. Ditemi, avete mai veduto dove tien vostra moglie con grande gelosia carte, ricordi ed altro?

CONTE: in quella scrivania.

DOTTORE: È aperta?

CONTE: Sissignore.

DOTTORE: Va bene.

CONTE: Ma, scusate, perché questa domanda?

DOTTORE: Mi sono capitate occulte malattie di donne, e dai concetti ho subito scoverto i sintomi più schietti, chi sa che in quelle carte un qualche indizio c’è, da farci ben comprendere il male che cos’è.

CONTE: Indizio, ma scusate, indizio di che cosa?

DOTTORE: Non saprei... per esempio... d’una tisi amorosa...

CONTE: Dottò, vuje che dicite... nol ripetete più... Mia moglie, v’assicuro, è un giglio di virtù. Tene quacche capriccio forse che la molesta... ma, riguardo a sti ccose, è na figliola onesta.

DOTTORE: Sapete che a noi medici è data facoltà di dire ai nostri clienti tutta la verità... Voi siete un uomo probo, un uomo bello e caro... Ma troppo fiducioso...

CONTE: Dottò, parlate chiaro.

DOTTORE: Quel Cavalier Fiorelli che viene ogni mattina...

CONTE: Sicuro.

DOTTORE: Non credete che con la Contessina ci fosse... qualche cosa... che a voi non è arrivato... Capite?

CONTE: Sì, ho capito... Dottò, avete sbagliato... Il Cavaliere è un giovane leale onesto e buono...

DOTTORE: L’avete voi provato?

CONTE: Certissimo ne sono. Mi stima, mi rispetta, e vene spisso ccà pecché a Rusina, figliema, se vularria spusà.

DOTTORE: Vostra figlia? Possibile!

CONTE: Sicuro.

DOTTORE: E la ragazza che dice?

CONTE: Non lo vuole, pur’essa è asciuta pazza. Sarebbe un matrimonio buonissimo, mi pare. Basta, vedremo. Intanto Dottò, se l’approvate, adesso che mia moglie esce e la visitate, vorrei lasciarvi solo con lei...

DOTTORE: Sicuramente...

CONTE: Nnanz’a me se fa rossa e nun ve dice niente.

DOTTORE: Oh, certo.

CONTE: Permettete. Vi raccomando, accorto... e quel vostro sospetto è falso... avete torto. (Via pel fondo.)

DOTTORE: Vene dunche p’ ’a figlia... vedremo... io nun ncè credo... del resto ’a guagliona l’ha dato già ’o cungedo, e stamme pace. A nuje. Vedimmo sta signora, che tene e cumm’a pensa. (Apre il tiretto della scrivania e prende un album.) Un album. (Legge sulla covertina:) «Prima ed ora!». Ah! Ah! Ccà certamente na cosa truvarraggio... debbo, prima di tutto, sapere il suo linguaggio. Stì femmene romantiche tenene pe parlà... Cierti parole strambe, che s’hanna studià. (Sfoglia l’album e legge:) «Pensieri melanconici»: La perla più brillante, è una furtiva lagrima sul ciglio dell’amante, eh, pe nun nc’è male. (Legge:) E il bacio acre veleno che stuzzica le labbra, ma che divora il seno». Vuol dire certamente che l’avuta pruvà.. va trova quanta vote s’è fatta stuzzicà! (Legge:) «Non v’è per donna giovine destin più sciagurato, che aver marito vecchio ed averlo innamorato!» E chist’è ò fatto, povera Cuntessa, ave ragione... chella ha passato ò guajo... me fa cumpassione. (Legge:) «Esser compreso un solo momento e poi morire! Benissimo, e pur’io, chesto sempe aggia dire. (Legge:) «Ei non mi sa comprendere», parola misteriosa! E tutte , alla fine, vonno la stessa cosa. Ma servarria nu tipo... che putarria truvà... Ah, statte, sissignore: L’Antony di Dumas! Nu discolo, nu pazzo, che tutto vede male, che tene sempe pronte revolvere e pugnale. Sento remmore. A nuje. Coraggio, ccà assettato... (Legge:) Pensiero cupo, triste e uocchio stralunato!

 


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