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Pasquale, Felice e detti, poi Salvatore.
PASQUALE: Dì la verità, che bella cosa! Che bellezza di pesci.
FELICE: Ah! Bellissimi! (spero ca D.a Teresina non ha ditto niente a muglierema).
CONCETTINA (con calma forzata): Felì, marito mio, haje visto la vasca de li pesci, t’è piaciuta?
FELICE: (Meno male che Teresina non ha parlato). Oh! Molto moglie mia cara cara.
CONCETTINA: (Che faccia de cuorno!).
SALVATORE: Signò fore nce sta na signora che desidera a voi.
SALVATORE: Nonsignore, eccellenza, sarà qualche nuova cliente pecché non l’aggio vista maje.
PASQUALE: Va bene, falla aspettà. (Salvatore via.)
CONCETTINA: Signor Corella voi avete da fare, e io non voglio farvi perdere tempo.
FELICE: Sicuro, il tempo è denaro.
CONCETTINA: Signora tanto piacere di aver fatta la vostra conoscenza.
TERESINA: Il piacere è stato mio, ci vedremo dunque.
CONCETTINA: Certamente, non e vero Felì.
MIMÌ: Arrivederci signora e ricordatevi di me.
CONCETTINA: Va bene. Signori. (Via dal fondo.)
FELICE: Arrivederci signori. (A Teresa.) (Accompagno a muglierema e torno).
MIMÌ: Don Felì v’accompagno. Signor Corella, commarella. (Via.)
TERESINA: E così che ne pensi del tuo amico Felice?
PASQUALE: Dico ca è lo primmo mbruglione, povera muglierema ca nc’è capitata.
TERESINA: Avarria essere io, le vularria sceppà l’uocchie e nce le vularria mettere mmano.
PASQUALE: Mò permetti Teresì che io ricevessi sta nuova cliente?
TERESINA: Fà e fatte tuoje. (Affettuosa via seconda a destra e chiude.)
PASQUALE: Eh! Quanto mi ama mia moglie. (Suona il campanello.)