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ATTO PRIMO
SCENA UNDICESIMA Bernard, Federico, D. Ciccillo, Nannina, Elena, Francisco, e detti e Biase.
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Bernard, Federico, D. Ciccillo, Nannina, Elena, Francisco, e detti e Biase.
(Di dentro si sente gridare.) Vivano gli sposi!
NICOLA: Ah, eccoli qua.
CICCILLO: Adesso bisogna augurare, salute, e figli maschi.
ELENA: Non tanta figlie però, no mascolo e na femmena.
BIASE: Salute pe mill’anne Eccellenza.
BERNARD: Grazie a tutti. Ma Nannì, che cos’è, non saccio comme te veco.
NANNINA (che nell’uscire si è buttata nelle braccia di Nicola: quasi piangendo dice): Niente, non saccio io stessa che cos’è, vorria chiagnere e ridere dint’a uno momento. Papà, pecché nce haje lassato e te ne sì ghiuto? Mez’ora so’ stata lontana da te, e m’è paruto no secolo. (Guardandolo.) Ma che d’è papà, tu pure pare che staje chiagnenno... ma dunque avarraggio fatto male de me mmarità?
NICOLA: Ma no figlia mia, io non sto chiagnenno... sai è la troppa gioia. (Piange.)
ELENA: Ma D. Nicò, fernitela, ogge bisogna ridere, bisogna stà allegramente.
FEDERICO: Bisogna mangiare, e bere sciampagna.
BERNARD: Ma si, che significa sto pianto, che diavolo papà, me sembrate na criatura, io capisco, sissignore, che ogni padre sente dispiacere di lasciare la figlia, ma voi siete un uomo, e a piangere di questa maniera, non sta.
NICOLA: (Io non lo credo ancora... me pare nu suonno... Quell’uomo, capace... me ne voglio assicurare io stesso). Si avete ragione. Signori... Vi prego però di ritirarvi un momento, quanto dico due parole a mio Genero. (Tutti s’inchinano e viano prima porta a sinistra. Nannina bacia la mano al padre e via.)
BERNARD: (Auffà, comme me secca sto padre, mò so’ spusato mò, e difficilmente lo soffro). (Queste parole le dice mentre i suddetti vanno via, Federico fa per uscire.)
BERNARD: Dunque che dovete dirmi?
NICOLA: Debbo dirvi signore, che voi mi avete ingannato, che se sapevo tutto il vostro passato, non avrei mai acconsentito a farvi sposare mia figlia.
BERNARD: Il mio passato? Ma spiegatevi, io non comprendo.
NICOLA: Ah, non comprendete? Ricordatevi signore quello che avete fatto nel palazzo alla strada Speranzella N. 19.
BERNARD: (Sangue de Bacco, ha appurato lo fatto de Teresina). (Resta avvilito.)
NICOLA: Ah, siete rimasto avvilito, non avete il coraggio di alzare la fronte?
BERNARD: Coraggio? Voi che peso ne state facenno.
NICOLA: Come, ne faccio un peso? E che credete che sia niente. E se per voi è niente signore, per la mia famiglia è assaje, perché non dirmelo prima, perché prima di sposare non mi avete detto tutto?
BERNARD: Ma queste sono cose nuove sapete, come, io prima di sposare vi veniva a raccontare quel fatto? Allora non se ne sarebbe combinato niente?
NICOLA: E si capisce, caro signore, vi avrei messo alla porta. Dunque, credete che avete fatta una bella cosa?
BERNARD: Ma niente affatto, chi vi dice questo.
NICOLA: E allora perché l’avete fatto?
BERNARD: Perché... perché la passione non mi fece riflettere il male che faceva.
FELICE (a Nicola): L’istesse parole che dicette ncoppa a la guardia.
NICOLA: Bravo, la passione non vi fece riflettere il male che facevate... che bella discolpa... ma il male che avete fatto a me però, l’avete riflettuto?
BERNARD: (Auffà, mò m’accummencia a tuccà li nierve).
NICOLA: Ora, tutto è fatto, e non c’è più rimedio, è stata una disgrazia per la mia famiglia. Con Nannina però non uscirete mai!
BERNARD (offeso): Oh! E perché?
NICOLA: Perché quella povera ragazza potrebbe spaventarsi incontrando quel parente di vostra moglie che vi va cercando.
BERNARD: (Lu nepote de muglierema, pure chesto ha saputo).
NICOLA: Credo che avete appurato che quell’uomo vi cerca per ogni dove?
BERNARD: Ma sì, lo sò. (Mezzo infastidito.)
NICOLA: Ah, lo sapete dunque non lo negate?
BERNARD: Ma che negare, signore, io non nego niente, è un parente di mia moglie, ed io non ho affatto paura di lui. Il mio passato è passato, e non se ne parla più, il presente non è cosa che riguarda voi, riguarda me, quindi vi prego di badare ai fatti vostri, come io baderò i miei. Nannina uscirà con me, e sempre che voglio io, oggi non è più vostra figlia, è mia moglie, comando io sopra di lei! (Via prima porta a sinistra.)
NICOLA (cade sopra una sedia quasi piangendo): Povera figlia mia!
FELICE: Ah!... son vendicato. (Si mette il cappello, prende 1e 2 scatole, e fa per andar via — Pausa — guarda Nicola, gli si avvicina, gli leva la coppola e via pel fondo.)