Eduardo Scarpetta
Lu marito de nannina

ATTO TERZO

SCENA QUINTA   Biase, Leone, e detto, poi Nicola e Felice.

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SCENA QUINTA

 

Biase, Leone, e detto, poi Nicola e Felice.

 

BIASE: Favorite, favorite, accomodatevi.

LEONE: Grazie, non voglio sedere.

BIASE: Dunque mi avete detto che vi chiamate?

LEONE: Leone Mitraglia.

BIASE: E volete parlare con D. Nicola Paletta.

LEONE: Perfettamente.

BIASE: Attendete un momento che ve lo chiamo. (Via a destra.)

CICCILLO: (Mamma mia che brutta faccia che tene chisto, va trova chi sarrà).

LEONE: Quale felicità se fosse lui. Trovarlo, dopo 6 anni di lagrime e di dolori. Vile, io gli dirò, le mille volte vile. (Ciccillo spaventato entra a sinistra inchinandosi.)

BIASE: Ecco qua; questo signore. (Escono Nicola e Felice, Biase via.)

NICOLA: Voi signore dovete parlarmi?

BIASE: Signò, signò.

NICOLA: Che c’è.

BIASE: M’hanno portato stattrezzo pe vuje. (Via.)

LEONE: Si, debbo domandarvi una cosa... ma quel signore chi è?

NICOLA: è un amico mio strettissimo, potete parlare liberamente.

LEONE: Io sono Leone Mitraglia, sono il fratello di Virginia Mitraglia di quella giovine infelice, che sei anni fa, mentre dormiva fu assassinata da suo marito.

NICOLA: (Sangue de Bacco, chisto è chillo tale parente). Vi prego, accomodatevi.

LEONE: Grazie. (Seggono.) In me non vedete un uomo, o signori, vedete una tigre, che disperata nel deserto, va in cerca di una preda per diffamarsi e per dissetarsi. Dopo 4 giorni che mia sorella era maritata partii per Genova, dove mi aspettavamo affari di commercio. Saputo la disgrazia, corsi così in Napoli, ma non trovai nessuno, nemmeno un’immagine della mia povera Virginia. (Col fazzoletto si asciuga le lacrime), giurai vendetta sul traditore, e se in quel momento l’avessi potuto avere nelle mani, gli avrei strappato dal petto quel cuore di vipera. Si trovava in prigione... obbligato a partire, ritornai a Genova, poi a Marsiglia, e così di Città in Città, ma sempre col pensiero di vendicarmi. Sono sei giorni che mi trovo in Napoli, stamane son passato per quel fatale palazzo dove abitatava mia sorella, e la portinaia m’ha detto che Bernard stava qua ed aveva sposata vostra figlia. Signore, ditemi se tutto questo è vero, ditemi se veramente, dopo 6 anni, io mi trovo vicino a Bernand?...

NICOLA: Ecco qua signore... (che facimmo?).

FELICE: (E che bolite , dicitencello, chillo l’accide, e lo levammo da tuorno).

NICOLA: (E mia figlia?).

FELICE: (Me la sposo io).

NICOLA: Io povero padre... dovete sapere... che stavo all’oscuro di tutto, se avessi saputo qualche cosa...

LEONE: Ma dunque è vero la portinaia non m’ha ingannato. E dov’è Bernard? (Si alzano.) Dov’è?

NICOLA: Ecco qua signore, io ve lo dico, ma che cosa intendete di fare, riflettete che state in casa mia.

LEONE: Sono un gentiluomo, saprò regolarmi, lo sfiderò, e deve battersi alla pistola, alla distanza di un fazzoletto, e tiriamo insieme.

FELICE: E po’ morite vuje pure.

LEONE: Si capisce, ma morirò contento di aver fatto provare a lui quello che fece lui provare a mia sorella.

NICOLA: Caro signor Leone, io da che ho saputo il fatto, non conchiudo più, me metto paura che non avesse da l’istesso a mia figlia.

LEONE: Oh, state pur tranquillo, non avrà questo tempo.

NICOLA: stammo parlando tutti e due, e io sto con un pensiero che non potete credere.

LEONE: Avete ragione, quel vile, quel birbante, sarebbe capace di farlo un’altra volta. Povera Virginia, la portinaia mi riferì le sue ultime parole: al primo colpo mi svegliai... mi trovai piena di sangue... mi aveva ferita alla spalla... Ah! Per pietà, io gli dissi... e, impugnata un’altra pistola... (Di dentro si sente un forte colpo di pistola.)

NICOLA: Ah, mia figlia!

FELICE: L’ha fatta.

NICOLA: Gente, correte (gridando:) arrestate l’assassino!

 


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