Eduardo Scarpetta
Miseria e nobiltà

ATTO SECONDO

SCENA QUINTA   Eugenio, Biase e detto; poi Vicienzo e Biase; indi Pascale, Eugenio; infine Concetta, Pupella e Felice.

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SCENA QUINTA

 

Eugenio, Biase e detto; poi Vicienzo e Biase; indi Pascale, Eugenio; infine Concetta, Pupella e Felice.

 

EUGENIO (di dentro gridando): Tu sei una bestia qualunque, capisci!

BIASE (di dentro): Io tengo l’ordine de nun ve passà!

EUGENIO (di dentro): Una volta!... Ma adesso l’ordine si cambierà! Non mi rompere la testa! ( un urtone a Biase ed entrano insieme in scena.)

GAETANO: Che cos’è? Che cos’è?

EUGENIO: Egregio cavaliere!...

GAETANO: Marchesì, ma io v’aveva pregato...

EUGENIO: Di far venire qui mio padre, e i miei zii... Ebbene, essi son venuti, e stanno abbasso in carrozza... Aspettano me per salire.

GAETANO: Possibile!

EUGENIO: Possibilissimo!... Sono state tante le mie preghiere che finalmente li ho persuasi. Vi raccomando però di riceverli bene... Si tratta del principe di Casador, della contessa del Pero, del marchese Ottavio...

GAETANO: Uh! Mamma mia, aspettate?... Bià, va chiamme a Vicienzo, subeto! (Gridando.)

BIASE: Eccome ccà! (Via correndo pel fondo a sinistra.)

GAETANO: Menu male che me trovo la sciassa ncuollo!... Ma nce vularriano i guanti, che dicite, marchesì?

EUGENIO: E si capisce! I miei parenti non danno la mano se non c’è il guanto.

GAETANO: Fortunatamente ca tengo nu pare de guante! (Tira fuori un paio di guanti dalla saccoccia, e se l’infila frettolosamente.)

EUGENIO: Dunque, io vado, mi raccomando! ( Via pel fondo a destra.)

GAETANO: Sangue de Bacco! Questo è un grand’onore, figlia mia fortunata!... S’avarria levà stammuina de miezo. (Gridando:) Vicienzo!... Biase!...

VICIENZO: Comandate, cavaliere eccellenza!... Io stongo vestenno lo guaglione.

GAETANO: Che guaglione e guaglione!... Se ne parla doppo!... Levate sta rroba da miezo!... Stanno saglienno principe, marchese, contessa, tutta la famiglia de D. Eugenio!

VICIENZO: Vuje che dicite? Stanno saglienno?... Io ve l’avevo ditto, caspita! (Biase porta via, una per volta tutte le corbeilles di fiori.)

GAETANO: Mettiteve i guante!... Guante ne tenite?

VICIENZO: Addò li pigliammo, signò?

GAETANO: E nun mporta!... Viciè, tu va te miette vicina la porta accussì, dritto comme a na sentinella.

VICIENZO: Nun ce penzate, lassate a me! (Via pel fondo.)

GAETANO: Bià, tu miettete cca, vicino a la porta, e nun te movere... Quanno io te chiammo, ricordete cavaliere eccellenza!

BIASE: Va bene, non .

GAETANO: Accussì, dritto, e nun te movere !

BIASE: E si me vene nu sternuto?

GAETANO: Nun t’hanna venì sternute, e si te veneno te li tiene... Zitto, li ccà. (Si pone in atto rispettoso.)

EUGENIO: Venite, venite papà... Ecco qui il cavaliere.

PASQUALE (viene avanti in parrucca bionda, basette, guanti chiari, cappello a cilindro e bastone. Indossa un lungo pastrano scuro, e si presenta in iscena con molto sussiego, guardando a destra e a sinistra attraverso un paio di lenti a manico di tartaruga).

GAETANO: Rispettabilissimo signor marchese... (Dandogli la mano.) L’onore che lei mi accorda, mi fa diventare, direi quasi, scemo, e io mi credo d’essere proprio impotente, vale a dire, non mi trovo alla portata di poter degnamente contracambiare...

PASQUALE: Psst! Basta... basta... basta!...

GAETANO: E chi sta parlanno cchìù!...

PASQUALE: Basta!... Se io mi trovo... se io mi trovo. (Mostra a Biase il cappello e il bastone perché glieli tolga di mano, ma il servo non si muove.) Se io mi trovo... basta... basta...

GAETANO: (Io nun sto aprenno cchiù la vocca!).

PASQUALE: (mostra di nuovo a Biase il cappello e il bastone, e visto che egli non si muove, li butta a terra).

GAETANO (ad Eugenio): (Che è stato neh?... Pecché ha jettato nterra lo cappiello e lo bastone?).

EUGENIO: (Perché nessuno glieli ha tolti di mano).

GAETANO: (Ah, sicuro!... E chi nc’ha penzato?! E chillanimale che nun se move!... Aiza llà!).

BIASE: (Vuje avite ditto nun te movere!). (Raccattando il cappello e il bastone.)

EUGENIO (a Gaetano): (Andate a ricevere mia zia la contessa... Spetta a voi).

GAETANO: (Ah! Spetta a ... Eccomi qua). Con permesso! (Via pel fondo di corsa.)

EUGENIO (sottovoce): Bravo, bravo D. Pasquale!... Vi raccomando.

PASQUALE: Non ve n’incaricate, lassate a me.

GAETANO: Venite, venite, illustrissima signora contessa. (La conduce per mano. Concetta è vestita di un abito chiaro, elegante, con cappello alquanto esagerato e guanti. Pupella veste anche un abito molto elegante con cappellino e guanti. Segue Concetta a braccetto di Felice, che vestirà di nero, ed avrà due piccoli baffi.) Accomodatevi, la prego.

EUGENIO: Cavaliere, vi presento l’illustrissima signora contessa del Pero, mia zia, sua figlia Clara, contessina del Pero, mio padre, il marchese Ottavio Favetti, e mio zio, il principe di Casador.

GAETANO: Fortunatissimo di aver conosciuto una famiglia tanto illustrata!

EUGENIO: Il cavalier Gaetano Semmolone. padre di Gemma.

PASQUALE: Molto piacere!

FELICE: Fortunato! (Tutti seggono.)

GAETANO: (Bià, fa venì 5 gelati, ma proprio!).

BIASE: (Subito, cavaliere eccellenza). (Via.)

PASQUALE: Dunque, voi siete il padre della ragazza, che mio figlio dice di amare tanto?

GAETANO: Sicuro, per servirla!... E anche mia figlia, posso assicurarla, gli porta un amore inqualificabile, ci tiene proprio una gran passione.

FELICE: Questa, per esempio, per me è una novità... Quando mai le ballerine hanno tenuto una passione!... (Sdraiandosi sul divano a molle vi affonda.)

PASQUALE: (Statte fermo!).

FELICE: (Ma che?... è vacante da dinto?).

PASQUALE: (Chelle li molle!).

GAETANO: Ma, ecco, signor principe... è vero che le ballerine sono stravaganti, e non tengono affezione per nessuno: ma mia figlia è un’altra cosa. Quando la conoscerete, vedrete... che direte... sapete... avete... una bella bella cosa... Io appunto pensando che mia figlia era una ballerina, mettevo quasi l’imponibile, sempre da parte di lor signori illustrissmmi, e con poca propenzione... anzi, con molta insufficienza io subivo quest’amore... ma dal momento che mi veggo assediato, circuito da una famiglia tanto lustra, non posso che prendere mia figlia, e buttarla in mezzo a voi!... Amatela, e compatitela, e a me suo padre poi credetemi per sempre vostro umilissimo parente Gaetano Semmolone.

FELICE: Napoli li... (Dice la data del giorno della recita.)

PASQUALE: (Ha chiusa la lettera!). Signore!... io era molto contrario a questo matrimonio, ma vedendo che mio figlio piangeva la matina... il giorno... la sera... la notte...

FELICE: (Chisto chiagneva sempe!).

PASQUALE: Dissi fra me e me; questo ragazzo ne piglierà certo una malattia, contentiamolo, e non ne parliamo più. D’altronde, egli tiene seicentomila lire di rendita, e può sposarsi una giovane di suo piacere...

GAETANO: Seicento mila lire di rendita?!

PASQUALE: Oh!... E che cosa sono!...

FELICE: (Ma chi l’ha viste maje!).

PASQUALE: Mio fratello il principe di Casador, ha già fatto il testamento tutto in suo favore...

FELICE: Già!... I miei milioni sono suoi.

CONCETTA: Scusate, c’è mia figlia, che è pure vostra nipote.

FELICE: E mi dite sempre questo, contessa! Io la roba mia la voglio dare a chi mi pare e piace. La contessina tiene il vostro... Il vostro che ne fate?... Avete tanta roba!

EUGENIO: Va bene, di questo potrete poi parlare a casa. Qui non mi pare il momento.

PASQUALE: Dunque, dicevamo... vedendo che Eugenio si era ridotto mezzo per causa di questa signorina Gemma ci riunimmo tutti i parenti, e si decise di contentarlo. Solo mia sorella la contessa qui presente, era un poco duretta... un poco duretta...

FELICE: (Era?... Molti anni fa!... Ma è molla, !).

PASQUALE: Ma poi ha finito col cedere anche lei.

GAETANO: Bravissimo!

CONCETTA: Io se era duretta, avevo mille canne di ragione.

FELICE: (Quanto belle sti mille canne de chesta!).

CONCETTA: Che ci passava per sopra mio fratello, il marchese Ottavio, e l’altro mio fratello, il principe di Cassarola...

FELICE: Casador, contessa, Casador!

CONCETTA: Oh, sicuro, Casador, ho sbagliato...

FELICE: La contessa sbaglia sempre i cognomi... Ah! Questa contessa!... questa contessa!... (nce scumbina a nuje!).

CONCETTA: Erano padroni di fare ciò che volevano... ma io la contessa del Piede...

FELICE: Del Pero, contessa, del Pero.

CONCETTA: Scusate, principe, del Pero lo dicono i lazzari. Noialtri nobili diciamo del Piede.

FELICE: (Nun ce avutà lo stommaco!).

GAETANO: Perdonate, principe, me pare che have ragione la contessa... Lo Pero chi lo dice? Proprio chille de miezo a via.

FELICE: (Siente a chillauto pede de vruoccole da llà!).

CONCETTA: Dunque, io, la contessa del Piede, apparentare con una ballerina? Questo solamente mi faceva stare in attitudine di sospensione; ma poi sentendo che la ragazza aveva buoni principi e fini, ho detto: Ebbene, sia fatta la volontà vostra!...

GAETANO: Ed io ve ne ringrazio con la faccia per terra.

BIASE (recando un vassoio con 5 gelati): Ecco servito, cavaliere eccellenza.

GAETANO: Ah, bravo, qua, a me!... Prego, signori, di accettare un gelato.

PASQUALE: Oh, ma perché questo disturbo?

FELICE: !... noi mangiamo sempre gelati.

GAETANO: Ma che disturbo! è dovere, nient’altro che dovere!... (Pasquale, Felice, Concetta e Pupella sorbiscono i gelati con grande avidità.)

FELICE: (Nun pigliavo gelate da seje anne!).

PASQUALE: Ma vostra figlia, questa Gemma, quando ce la farete vedere?

GAETANO: Subito!... (Chiama:) Biase!

BIASE: Cavaliere eccellenza!

GAETANO: Andate a chiamare mia figlia Gemma.

BIASE: Subito, cavaliere eccellenza! (Esce dalla seconda porta a sinistra.)

GAETANO: Vedrete!... Un angioletto... un tipo di virtù e di candore.

FELICE: E poi balla divinamente! Poche volte l’ho vista, e posso dirvi che balla molto meglio di quante ballerine ho vedute a Parigi.

GAETANO: Ah, principe, siete stato anche a Parigi?

FELICE: Se sono stato a Parigi!... Ma io conosco più Parigi che Napoli!... Fratello quante volte siamo stati in Francia.

PASQUALE: Uh!...

BIASE: Ecco ccà la signorina!

GAETANO (va ad incontrarla): Vieni, figlia mia. (La prende per mano.) Figlia mia fortunata! Nobile figlia!... Bacia la mano al tuo secondo padre e ai tuoi nobili parenti.

 


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