Eduardo Scarpetta
'Na mugliera zetella

ATTO QUARTO

SCENA SESTA Nicola, Enrico e detti.

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SCENA SESTA

Nicola, Enrico e detti.

NICOLA (d.d.  gridando): Ma sissignore, ve dico ch’è partito proprio.

ENRICO (d.d.  parlando in francese): Ne , ne . Questo non poterlo credere, impossibile che sia partito, voi mentire per Dio, perché volete dire questa bugia. Io non credo... io aspettare qua fino stasera.

ACHILLE: Vedete che altra combinazione.

FELICE: Io aggio fatto dicere ch’ero partito, ma chillo nun s’ha creduto.

NICOLA (fuori): Signò, chillo lo francese nun se ne j, ha ditto che nun è overo che site partito.

FELICE: E che me lo viene a dicere a ffà? D. Achì, parlatece vuje!

ACHILLE: A me? E tu si pazzo! Bastantamente chello che aggio passato pe causa toja. Chillo sente che nun avè a Ninetta, e se la piglia cu me. (Soggetto.)

NICOLA: Che vulite fa?

FELICE: Oh, ma alla fine stu francese fosse nu lione, nce parle io! D. Achi, Nicò, mettiteve vicino a la porta e nun ve muvite, stammece attiento a tutte li movimenti che fa!

ACHILLE: Nun te ne incarricà, si se move le chiavo sta statuetta ncapo. (Da un mobile in fondo prende una statuetta di bronzo.)

FELICE (prende un candeliere): E io l’adderizzo lo canneliere ncapo. (Indica la fronte.)

NICOLA (prendendo il bastone che ha portato Michele): Io cu na mazzata de chesta lo sciacco.

FELICE: Fallo trasì. (Nicola via, p.t.:) Nun facimmo a vedé che ce mettimmo paura.

ACHILLE: E se capisce.

FELICE: Isso have tuorto. Quanno vuleva turnà pecché m’ha scritto chella lettera?

ACHILLE: È giusto!

FELICE: Coraggio e serietà!

NICOLA: Favorite. (Va a piazzarsi vicino a Felice col bastone nascosto dietro.)

ENRICO: Buongiorno signori.

FELICE: Buongiorno.

ENRICO: Perché dire a me che voi essere partito? Perché questa bugia?

FELICE: È stato un ordine che avevo dato per tutti. Certamente io sto in casa mia, e sono libero di non ricevere nessuno.

ACHILLE: Credo che sia cosa regolare!

ENRICO: Chi essere quella signora?

ACHILLE: (Quella signora, e che m’ha pigliato pe femmena?).

FELICE: Il mio amico, Achille Scorza, maestro di scherma.

ENRICO: Scorza? Ah, molto piacere. E signora Ninetta non essere qui?

FELICE: No, è uscita poco fa.

ACHILLE: Sì, è andata a messa.

ENRICO: Voi ricevuto mia lettera?

FELICE: Sissignore, e sono addoloratissimo dell’accaduto.

ENRICO: Ah, tutto aggiustato. Io venuto per dirvi che in Francia quando una persona manca sua parola, manca obbligo stabilito, paga penale.

FELICE: Ah, sì, e anche in Italia. (È meglio che pagammo na cosa.)

ENRICO: Molto bene. Sei mila franchi credete sia somma regolare?

FELICE: Sei mila franchi? Ma scusate...

ENRICO: Allora ottomila?

 FELICE: Ma...

ENRICO: Dieci mila?

ACHILLE: (Accetta si no chisto arriva a 20 mila!).

FELICE: Va bene, accetto per 6 mila.

ENRICO: Per 6 mila? Oh, voi essere molto gentile, molto galantuomo. Mersì! (Dal portafogli prende una carta e scrive, poi.) Vuolà, uno chèque a voi girato.

FELICE: A me? Uno chèque?

ENRICO: Sì, sulla Banca Commerciale. Io mancato parola data e pagare voi. ( la carta a Felice.) L’inglese Boiveld che io ferito al fronte, non ho fatto querela, né pretendere danni, perché io sposare sua figlia, io allora subito accettare.

FELICE: Ho capito, e vi siete ammogliato?

ENRICO: Sì, molto bene.

ACHILLE: Eh, scusate, 6 mila lire di penale so’ poche.

FELICE: E si capisce, caro signore.

ENRICO: Ma voi avete accettato.

FELICE: E già, ho accettato. (Pe bia vosta, aggio perzo 4 mila lire a mano a mano!) Non ne parliamo più (Chiamando:) Ninè, Ninè, viene ccà siente na cosa curiosa.


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