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Cesare, Errico e detti, poi Clementina e Salvatore.
CESARE: Ma viene ccà dimme francamente, Ngiulina te piace?
ERRICO: Sì, me piace, ma è fredda... inceppata... figuratevi che non è stata bona a dirmi nemmeno na parola.
CESARE: Se sape, la primma vota che t’ha visto, che vulive? Piano piano, piglianno confidenza, vedrai che ti parlerà con più coraggio. Chella sta ricca sà, tene 200 mila lire di dote, e stu palazzo è rrobba soja. Si pò non te piace, io non te voglio forzà, dicimmo a pateto che non è cosa, e non ne parlammo cchiù; ma io sono sicuro che il matrimonio si farà e sarai contento.
CESARE: D. Gennanino voi che siete tanto svelto, offrite qualche cosa al Sig. Errico... qualche bicchierino di cognac, fate voi gli onori di casa.
GENNARINO: Con piacere, favorisca signore.
ERRICO: Grazie. (Viano a destra seconda porta.)
SALVATORE: Favorite, favorite.
CLEMENTINA: Signori, buona sera a tutti.
CESARE: Oh, avanti. (E a chesta chi l’ha invitata?... Neh, Carmè l’haje invitata tu a chesta?).
CARMELA: (No).
CESARE: (E ch’è venuta a fà ccà?)
CLEMENTINA: Signor Cesare, dovete scusare se mio marito non ha potuto venite, perché ha dovuto andare a Caserta per un’operazione, sono venuta io sola, non credo che vi dispiace?
CESARE: No, anzi ci fa piacere. (Agli altri.) (Questa è una signora napoletana, moglie di un chirurgo, amico e collega di mio nipote Felice).
CLEMENTINA: Tanto piacere.
CARMELA: Signore... Viva, viva, tra lla rà. (Alza la gamba.)
CESARE: Questo è il sindaco del paese, Cavaliere Nicola Pagliuchella.
NICOLA: Servo vostro. Viva, viva, tra llà rà. (C.s.)
BETTINA: Fortunatissima. Viva, viva, tra llà rà. (C.s.)
ALFONSO: Alfonso Canario, consigliere municipale. Viva, viva, tra llà rà. (C.s.)
LUIGI: Ed io sono Luisa, sua moglie. Viva, viva, tra llà rà. (C.s.)
CESARE: Bravissimo! Bravissimo!
CLEMENTINA (Ma chiste che so’, pazze!).
FORTUNATO: E io sono il parroco, Fortunato Palella. Viva, viva, tra llà rà. (Lazzi.)
TUTTI (gl’invitati inchinandosi): Signora... Viva, viva, tra llà rà. (C.s.)
CLEMENTINA: (Aggio capito, ha da essere n’usanza de stu paese!). Sig. Cesare, senza cerimonie, se volete che faccio qualche cosa, ditemelo francamente, voi non mi dovete trattare come un’invitata, ma come una parente.
CESARE: Oh, siete troppo buona.
CLEMENTINA: E dovere! Vostra nipote, per esempio, mi deve trattare come una sorella.
CESARE: Ah, sicuro, sicuro... (Ma chesta pecché s’ammuina tanto, vorria sapé).
CLEMENTINA: Dove debbo andare per aggiustarmi un poco, pulirmi alla meglio, dalla stazione fino a qua non ho trovata una carrozzella, me l’ho dovuta fare a piedi, sono tutta impolverata.
CESARE: Salvatore, accompagna la signora nella stanza da toletta.
SALVATORE: Subeto. Trasete. (Entra con Clementina prima a destra.)
CESARE: È bastantemente seccante la signora.
CARMELA: Neh, jammo nu poco fore a lo giardino. Venite. (Viano tutti gl’invitati con lei pel giardino.)
FORTUNATO: Sono con voi. (A soggetto viano pel giardino.)
CESARE: Io non capisco a chella chi l’ha fatto venì ccà?... Ah, aggio capito, sarrà stato Felice e la mugliera che l’hanno invitata.