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ATTO TERZO
SCENA QUARTA Felice e detti, poi Vincenzo, indi Teodoro, Eleuterio e servo.
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Felice e detti, poi Vincenzo, indi Teodoro, Eleuterio e servo.
FELICE (da destra travestito da giovane di caffè, una lunga visiera del berretto gli copre gli occhi, in mano tiene un cabaret con tazza e caffettiera): Succede chello che pò succedere, ma io aggia vedé muglierema! Mannaggia a la capa mia mannaggia! Chillo è lo cammarino sujo, va trova che sta facenno.
VINCENZO (dirigendosi alla porta della divisione): Signorina, è permesso?
ERRICO: Avanti, chi è?
VINCENZO: Sono io il direttore d’orchestra. (Entra.) La signorina Boné?
ERRICO: È dentro, che cosa le dovete dire?
VINCENZO: C’è fuori il Sindaco che verrebbe salutarla.
ERRICO: Ma io non sò se adesso può ricevere.
VINCENZO: Ma io credo di sì. Sapete, si tratta del Sindaco, la prima autorità del paese, sembra brutto. (Felice entra a sinistra e si mette in fondo col cabaret in mano.)
NINA: Oh, ma si sa, bisogna riceverlo.
ERRICO: La vado ad avvisare. (Entra.)
VINCENZO (a Felice): Ohè! E tirati indietro tu, che faje lloco? Questo caffè è della canzonettista? (Felice abbassa la testa.) L’ha mannate a ordinà essa? (Felice c.s.). E lo sape che staje ccà? (Felice c.s.). Aggio capito, chisto ha da essere muto.
TEODORO (dal fondo seguito da Eleuterio e da un servo con un grosso buchè): Favorite, favorite signor sindaco.
ELEUTERIO (in frack): Grazie, io non la voglio incomodare, quando la saluto, le offro un fiore e me ne vado.
TEODORO: Ma che incommodo, n’avarrà piacere. D. Vicenzì, addò sta?
VINCENZO: Sta dinto, è stata avvisata.
ELEUTERIO (al servo): Aspetta lloco fora. (Entra.) Rispettabilissima signorina, io vengo solamente per salutarvi.
TEODORO: Ma questa non è essa, non è la Boné.
NINA: No, io sono una carissima amica.
VINCENZO: Eccola qua signor Sindaco.