Eduardo Scarpetta
Li nipute de lu sinneco

ATTO SECONDO

SCENA SETTIMA

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SCENA SETTIMA

 

SILVIA (entrando): Che cos’è, ch’è successo?

FELICE (piano): Chesta è la sorella de la Direttrice, dicere a zizio che io non songo la nepota. Arrepàra!

ACHILLE (a parte): Silvia co i vestiti miei ncuollo!

SILVIA: Scusate, voi siete la sorella della Direttrice?

ACHILLE: Sissignore.

SILVIA: Ma che sorella! La Direttrice non tiene sorelle!

FELICE: La Direttrice non tiene sorelle!

SILVIA: Chiamate il segretario del sindaco.

FELICE: Subito. La Direttrice non tiene sorelle! (Via.)

SILVIA: Adesso sapremo subito chi siete.

ACHILLE (togliendosi il velo): Silvia, mannaggia a te! So’ io!

SILVIA: Che vedo!? Achille!

ACHILLE: Tu che hai fatto? Pecché sì venuta ccà? Pecché te sì vestuta da ommo?

SILVIA: non ti posso dire niente, poi ti racconto tutte cose. Ma tu, pecché te sì vestuto da femmena?

ACHILLE: Pe venì dinta a sta casa, pe te vedé!

SILVIA: Statte zitto.

FELICE (entrando con Alfonso): Ecco qua il segretario.

ALFONSO: Che cos’è?

SILVIA: Niente, la sorella della Direttrice, siccome non aveva mai visto mia sorella, così diceva che non era lei.

ACHILLE: Sicuro.

FELICE: Ma tu hai detto che la Direttrice non tiene sorelle...

SILVIA: Così mi credevo.

ALFONSO: Scusate, e Don Felice che ne sapeva? Niente!

SILVIA: Attendete in questa stanza, che fra poco vi farò parlare con mio zio.

ACHILLE: è stato uno sbaglio, lui si credeva... Addio, carina. (Via.)

FELICE: Addio carogna!

ALFONSO (a parte): Io non capisco chisto che mbruoglio è! (Ad alta voce:) Adesso vado a farle io compagnia. Permettete? (Entra appresso ad Achille.)

FELICE: Prima avete detto che non era la sorella, e poi vi siete cambiata.. Sotto ci sta l’imbroglio...

SILVIA: Feliciè, fratello mio, te dico tutte cose: quello è l’innamorato mio, il quale per vedermi è venuto qua vestito da donna...

FELICE: L’innamorato vostro? Bravissimo! vi combino un bel servizio co zizìo! Questo è il momento di scoprire gli altarini...

SILVIA: No, per carità, Feliciè, non chesto! Ma comme, quando poco fa, in giardino, m’hai detto che sei mio fratello io un altro poco morivo di gioia... E perché mi vuoi fare del male?

FELICE: Niente, non sento compassione! V’è piaciuto il pranzetto che stava preparato per me, e io poverommo me moro de famma... V’è piaciuto di presentarvi da mio zio e tentare di levarmi la metà delle sue ricchezze...

SILVIA: Ma io sono tua sorella, e la metà spetta a me.

FELICE: Ma pe piacere mio pero, non già con un inganno, come voi avete fatto! non ce sta cchiù rimedio. Una delle due: o dite a zizìo che lasciasse tutto a voi, cioè a Felice suo nipote, o si no le dico tutte cose!

SILVIA: Questo mai! Se si tratta di stare soggetta a te pure per un centesimo, allora quello che vuoi tu, quello che vuoi tu, che non me ne importa niente! Poi vedremo zizìo come si regola.

FELICE: Va bene, vedremo zizìo come si regola. (Chiamando:) Zio... zio...

 


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