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CICCIO: Io l’aveva capito, ma addo sta sta ballarina?
FELICE: Oh, caro D. Ciccio! Che facite ccà?
CICCIO: Carissimo D. Felice. Sono venuto per trovare questo mio signor nipote, il quale s’era miso a fà l’ammore co na ballerina, e si stava rovinando, capite... ma addò sta, addò sta?
FELICE: (Addò ha da stà, mò proprio l’aggio fatta partì pe Napole).
FELICE: (Tutta opera mia). D. Luigino, la vostra ballerina ha lasciato questo biglietto per voi. (Glielo dà.)
LUIGI (legge): «Luigi, io vado a Napoli come ti ho detto; divertiti, e a me non ci pensare più. Cristina». Benissimo! E io chesto jeva truvanno. Zi zì, voi mi scuserete la mancanza di quella sera, non fu colpa mia, oggi voglio riparare al mal fatto, in questo momento parto con voi e vengo a sposare Elvira mia cugina.
FELICE: Che!!
CICCIO: D. Felì, come mi debbo disobbligare di questa bella azione che mi avete fatta? Voi siete Notaio, e voi dovete stipulare il contratto di matrimonio tra mia figlia Elvira e Luigi mio nipote, vi aspettiamo domani a casa. (Si mette sotto il braccio di Luigi e viano pel fondo.)
FELICE (cada su d’una sedia): Aggio perzo cincuciente e diece lire.