Eduardo Scarpetta
Lu Pagnottino

ATTO PRIMO

SCENA SESTA   Felice entra inosservato e si ferma sul limitare e detta.

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SCENA SESTA

 

Felice entra inosservato e si ferma sul limitare e detta.

 

ROSARIA (voltandosi): Oh! Chillo sta .

FELICE: (Essa sta ccà!).

R0SARIA: E comme faccio, io me mette scuorno!

FELICE: (Me sento tutto lo sango ncapo).

ROSARIA: (E chi se fide d’aprì a bocca?).

FELICE: (Chi sa se putarraggio articolare).

ROSARIA: ( faccio vedè ca non l’aggio visto). (Si mette a giocare.)

FELICE: ( me ne vaco e da fora cerco permesso). (Esegue.)

ROSARIA: Uh! Chillo s’è pigliato collera e se n’è ghiuto. (Via e torna.)

FELICE (di dentro): è permesso?

ROSARIA (di dentro): Favorite, favorite.

FELICE (c.s.): Posso entrare?

ROSARIA (c.s.): Favorite, favorite.

FELICE (entra): E che è non nce sta nisciuno? E ch’ha fatto se n’è ghiuta?

ROSARIA: Oh! Caro D. Felice che onori son questi?

FELICE: Scusate se son venuto ad incomodarla... ma non ho potuto farne di meno. (Col cappello in mano.)

ROSARIA: Oh! Voi siete sempre il proprietario di questa casa... mettetevi il cappello.

FELICE: Nonsignore, perché?

ROSARIA: Ma che? Mettetevi il cappello.

FELICE: Non azzardisco in casa vostra.

ROSARIA: Ma che fa il cappello? Potete azzardare.

FELICE: Volete così? (Si mette il cappello.)

ROSARIA: Accomodatevi. (Lazzi.)

FELICE: Grazie.

R0SARIA: Signore, vi prego di non trattenervi tanto, perché può venire zio, e potete essere pure sciaccato.

FELICE: Sciaccato? (Comme si avesse ditto vene zio, e avite pure na tazza de cafè.) Speriamo che questo sciaccamento non accada.

ROSARIA: Dunque che siete venuto a fare qui?

FELICE: Io? ecco qua... son venuto perché... perché... non mi fidavo di stare senza vedervi.

ROSARIA: Ma insomma volete per forza fare l’amore con me?

FELICE: E che male ci sta? Io non credo di essere... se poi... perché sapete... l’amore... (dopo un discorso imbrogliato vede le tazze.) Che sono queste tazze?

ROSARIA: Ah! è la colazione mia e di mia sorella, che non avimmo voluto.., è latte e cafè... ne volite na tazza?

FELICE: Vi ringrazio tanto... troppo gentile.

ROSARIA: Se si pigliatevenne na tazza... cheste pure s’ha da jettà.

FELICE: E me l’aggio da piglià io?

ROSARIA: Pigliatevella faciteme stu piacere. (Gli una tazza ed un pagnottino.)

FELICE: E magnateve nu pagnottino anche voi.

ROSARIA: , pure io. (Felice fa il lazzo del pagnottino, lo bagna indi si ferma e guarda la tazza.) Ce avite trovato quacche cosa?

FELICE: Quest’è gelato.

ROSARIA: E se sape, chello sta da parecchio tiempo , scusate, che v’aggio da dicere.

FELICE: No, non fa niente, tutte le cose fredde che m’offrite voi, per me son calde. (Mangia a grossi bocconi.)

ROSARIA (ridendo): Ah, ah, ah, comme mangiate curiuso.

FELICE (lazzi del boccone): Non me lo dite se no non mi fate mangiare più.

ROSARIA: Nonsignore mangiate. (Ridendo sempre.)

FELICE: (Chesta non me lo fa irepe l’anemape lu cuorpo).

ROSARIA: Dunque site venuto ccà comme stiveve dicenno, pecché non ve fidaveve de sta senza vederme?... Cheste sochelli solite chiacchiere ca se contano.

FELICE: No, non son chiacchiere, sono verità, e se vi dico una cosa... (Come se affogasse.) Ah, ah!

ROSARIA: Chiano, chiano, v’avisseve d’affogà?

FELICE: No, m’è andato un poco de pane a traverso!

ROSARIA: Stateve attiento.

FELICE: Io non ve dico chiacchiere, ve dico la verità. Io non posso stare un minuto senza vedervi, tutte le cose mi danno fastidio, tutto mi secca, penso sempre a voi, se io sapevo che la passione era così terribile nel mio petto, io non vi avrei mai guardato in faccia!

ROSARIA: E che siete pentito forse?

FELICE: Pentito? Mai! Dico non soffrirei tanto. (Soggetto e bagna il fazzoletto nella tazza.) Oh! L’amore che brutta cosa!

ROSARIA: Eppure a me me piace, specialmente quando se trova de l’ammore.

FELICE: A me pure me piace, quando se trova na figliola, simpatica, bella, sciasciona, dinta a l’arma de la mamma!

ROSARIA: Quanno se trova nu giovene accuoncio, simpatico, comme a vuje.

FELICE: No comm’a vuje. (Alzandosi.)

ROSARIA: Volite n’auto poco de cafè?

FELICE: (Chesta m’aveva da lu latte) no grazie, non ne voglio più.

ROSARIA: Ah! si potesse ogne mattina fa colazione nzieme cu vuje, sarrìa proprio buono... n’avarrisseve piacere?

FELICE: Oh! Io sarei l’uomo più felice della terra. (Pausa, si guardano e ridono.)

R0SARIA: Neh, perché ridete?

FELICE: Rido perché... e voi perché ridete?

ROSARIA: Così, per niente.

FELICE: Già, uno alle volte le scappa la risa, e non sa lui stesso perché ha reduto. Dunque...

ROSARIA: Ma io v’aggio ditto non perdite tiempo... po’ essere ca vene zio spicciateve.

FELICE: Ma che m’aggio da spiccià?

ROSARIA: Che saccio ? Si m’avite da dicere quacche cosa dicitemmelle.

FELICE: La cosa che vi debbo dire, è semplicissima assai. D. Rosaria io v’amo ma non d’un amore semplice, ma d’un amore composto di dispiaceri, dolori e lacrimazione. Da che mi sono allontanato da rimpetto, io non ho avuto più pace, io non ragione più vedete come son diventato delegato? Gli amici non mi riconoscono più, mia madre mi tene mente e piange, ma io v’amo immensamente.

ROSARIA: E io pure ve voglio bene assaje, tenite duje uocchie che fanno annammorà, da che non state cchiù de rimpetto a me, io sodiventata na pazza, ogne momento me vaco ad affaccià a chella fenesta e non ve veco... allora subbeto me n’allontano; ma quanno è la festa che buje state a lu pontone a guardarme, io vorria ca chella fenesta se ne cadesse, e vorria ire da coppabbascio, acciò vuje da sotto m’afferrasseve...

FELICE: E morarriamo io da sotto e voi da sopra. (Pausa.) D. Rusà ve vorria vasà la mano.

ROSARIA: Vuje che dicite? Io me metto scuorno.

FELICE: E che vergogna? Alla fine poi è un bacio.

ROSARIA: Ma no poco poco e zitto zitto, senza rommore, guardate da e io guardo da ccà.

FELICE: Non dubitate. (Lazzi bacia forte.)

ROSARIA: Che avite fatto?

FELICE: E io lo teneva nganno. Dunque che ci siamo dichiarati, che ho saputo che voi pure mi volete bene, mi dovete far la grazia di accettare delle piccole cose, che per voi sono inezie.

ROSARIA: Che me votite regalà quacche cosa? No, no, fora che chesto, io non voglio niente.

FELICE: Fatemi sta grazia se mi volete bene; questo è un paio d’orecchini, teneteli per mio ricordo. ( l’astuccio.)

ROSARIA: Quanto sobelli!

FELICE: Non somigliano a voi però! Quest’è un anellino, v’è un piccolo brillantino, infitatelo al detino.

ROSARIA: Ma vedete...

FELICE: Se m’amate.

ROSARIA: Vuje co sto parlà me nchiovate. (Lo mette al dito.) Uh! Quant’è bellillo!

FELICE: è la mano vostra che lo rende bello. Questo è un freloque, vi sono i miei capelli dentro.

ROSARIA: Oh! Questo poi è troppo...

FELICE: Se mi adorate.

ROSARIA: Ma pecché avite spise tanta denare?

FELICE: (Seh! Staje fresca, l’avarrìa sapè ca l’aggio pigliato da dinto a li pigne dell’agenzia de mammema).

ROSARIA: Che state dicenno?

FELICE: Stevo dicenno che tutto è costato 1000 franchi.

ROSARIA: Tanta denare spennite? E come potrò disobbligarmi?

FELICE: Con un bacio su quella manobella.

ROSARIA: Lesto lesto.

FELICE: In un momento. (Mentre bacia odesi la voce di Rocco e Porzia.)

 


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