Eduardo Scarpetta
Lu Pagnottino

ATTO SECONDO

SCENA QUARTA   Flaminio e detti, indi Antonio.

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SCENA QUARTA

 

Flaminio e detti, indi Antonio.

 

FLAMINIO: Signori miei... Caro D. Gennaro... Caro D. Peppe...

PULCINELLA (a Peppe): (Chisto me conosce!).

PEPPE: (Zitto, vedè che lu canusce!)

FLAMINIO: Signor Pomarol!

PULCINELLA: Buongiorno!

GENNARO: Flamì saje che m’è venuto a dicere?

FLAMINIO: Eh! Lo , lo ... l’ho letto sul giornale, e m’ha fatto un’impressione tale da non potersi credere.

GENNARO: E a chi non ha fatto impressione? E a lu frate lu conoscive?

FLAMINIO: Oh! Siamo stati strettissimi amici a Parigi. Che bravo amico!

PULCINELLA: Bontà sua.

FLAMINIO: Eh! Adesso con la morte di vostro fratello siete rimasto ricco?

PULCINELLA: Eh!... così... tengo mille e 200 milioni dei miei.

GENNARO: (All’arma della mbomma!).

FLAMINIO: No, così è, ve lo posso assicurare! Egli è il più ricco banchiere di Parigi.

GENNARO: Intanto la felice memoria di vostro fratello, si doveva sposare mia nipote; povera guagliona, se vede ch’è disgraziata!

PULCINELLA: No, non è tanto disgraziata, se lei vuole si può accomodare, si può combinare un altro matrimonio, e perciò io v’andava trovando (caccia una lettera) mio fratello prima di morire mi diede questa lettera... leggete!

GENNARO: E de che se tratta? Flamì leggite ca non tengo l’occhiale.

PULCINELLA: (Cumpà comme te pare?).

PEPPE: (Buono, buono, lu colpo è fatto).

FLAMINIO (legge): Parigi 26 settembre 1880. Carissimo “”Gennaro””.

GENNARO: Comme chillo me chiammava sempre col Don?

PULCINELLA: Uno che sta in punto di morte non rispetta nessuno.

FLAMINIO (c.s.): “Io sono presso a morire. Dovevo sposare tua nipote, ed intanto non lo posso più, questo m’addolora molto perché tua nipote era bella assai, ma però voglio assolutamente che non si maritasse, e se si vuole maritare, si sposi il conte Pomarol mio fratello, porgitore della presente, e mio erede di tutte le mie ricchezze, o pure nessuno. Bada che quest’è ultima volontà di un moribondo. Intanto prega per me e credimi il tuo ecc. ecc.”.

GENNARO: E dopo dettato sta lettera morì?

PULCINELLA: Dopo due ore e 3 centimetri.

GENNARO Poverommo!

PULCINELLA: Dunque che ne dite?

GENNARO: E che ne debbo dire, vi pare... e un onore per me ma vedete io voglio fare esattamente quello che m’ha scritto la anema, ma vi sono delle piccole cose.

PULCINELLA: E che cose?

GENNARO: Prima bisogna vedere se voi piacete a lei.

PULCINELLA: Oh! Per questo lei è contenta.

GENNARO: Aspettate, la faccio chiammà... Antò?

ANTONIO: Che comandate?

GENNARO: Rita addò sta?

ANTONIO: Sta abbascio a lu giardino.

PULCINELLA: Abbasso al giardino? Allora andiamo anche noi, voglio prendere un poco d’aria. (Tutti s’alzano.)

GENNARO: Sì, sì, andiamo. ( Viano tutti tranne Antonio.)

ANTONIO: Ah, ah, ah, io crepo dalla risa; vuje vedite chillo cancaro de D. Peppe che ha saputo combinà.

 


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