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Flaminio e detti, indi Antonio.
FLAMINIO: Signori miei... Caro D. Gennaro... Caro D. Peppe...
PULCINELLA (a Peppe): (Chisto me conosce!).
PEPPE: (Zitto, fà vedè che lu canusce!)
GENNARO: Flamì saje che m’è venuto a dicere?
FLAMINIO: Eh! Lo sò, lo sò... l’ho letto sul giornale, e m’ha fatto un’impressione tale da non potersi credere.
GENNARO: E a chi non ha fatto impressione? E a lu frate lu conoscive?
FLAMINIO: Oh! Siamo stati strettissimi amici a Parigi. Che bravo amico!
PULCINELLA: Bontà sua.
FLAMINIO: Eh! Adesso con la morte di vostro fratello siete rimasto ricco?
PULCINELLA: Eh!... così... tengo mille e 200 milioni dei miei.
GENNARO: (All’arma della mbomma!).
FLAMINIO: No, così è, ve lo posso assicurare! Egli è il più ricco banchiere di Parigi.
GENNARO: Intanto la felice memoria di vostro fratello, si doveva sposare mia nipote; povera guagliona, se vede ch’è disgraziata!
PULCINELLA: No, non è tanto disgraziata, se lei vuole si può accomodare, si può combinare un altro matrimonio, e perciò io v’andava trovando (caccia una lettera) mio fratello prima di morire mi diede questa lettera... leggete!
GENNARO: E de che se tratta? Flamì leggite ca non tengo l’occhiale.
PULCINELLA: (Cumpà comme te pare?).
PEPPE: (Buono, buono, lu colpo è fatto).
FLAMINIO (legge): “Parigi 26 settembre 1880. Carissimo “”Gennaro””.
GENNARO: Comme chillo me chiammava sempre col Don?
PULCINELLA: Uno che sta in punto di morte non rispetta nessuno.
FLAMINIO (c.s.): “Io sono presso a morire. Dovevo sposare tua nipote, ed intanto non lo posso più, questo m’addolora molto perché tua nipote era bella assai, ma però voglio assolutamente che non si maritasse, e se si vuole maritare, si sposi il conte Pomarol mio fratello, porgitore della presente, e mio erede di tutte le mie ricchezze, o pure nessuno. Bada che quest’è ultima volontà di un moribondo. Intanto prega per me e credimi il tuo ecc. ecc.”.
GENNARO: E dopo dettato sta lettera morì?
PULCINELLA: Dopo due ore e 3 centimetri.
PULCINELLA: Dunque che ne dite?
GENNARO: E che ne debbo dire, vi pare... e un onore per me ma vedete io voglio fare esattamente quello che m’ha scritto la buon’anema, ma vi sono delle piccole cose.
PULCINELLA: E che cose?
GENNARO: Prima bisogna vedere se voi piacete a lei.
PULCINELLA: Oh! Per questo lei è contenta.
GENNARO: Aspettate, mò la faccio chiammà... Antò?
ANTONIO: Sta abbascio a lu giardino.
PULCINELLA: Abbasso al giardino? Allora andiamo anche noi, voglio prendere un poco d’aria. (Tutti s’alzano.)
GENNARO: Sì, sì, andiamo. ( Viano tutti tranne Antonio.)
ANTONIO: Ah, ah, ah, io mò crepo dalla risa; vuje vedite chillo cancaro de D. Peppe che ha saputo combinà.