Eduardo Scarpetta
Lu Pagnottino

ATTO SECONDO

SCENA SESTA   Nicola, monsieur Pomarol, poi Peppe, Rita, indi Felice.

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SCENA SESTA

 

Nicola, monsieur Pomarol, poi Peppe, Rita, indi Felice.

 

NICOLA: Favorite, favorite, vaco ad avvisà lu patrone (misericordia è venuto lu francese vaco ad avvisà a D. Peppe). (Via.)

POMAROL: Maledetto viaggio! Ho una fame orribile. D. Gennaro adesso incomincerà con le sue lunghe parlate, mentre io non voglio fare altro che mangiare, bere e dormire. La ragazza mi piace assai, ma però la veggo un po’ fredda... Se m’accorgo che non m’ama spezzo subito questo matrimonio... se no corro pericolo di... Basta, speriamo che non sarà.

PEPPE: (Lo llà, fa chello che t’aggio ditto, ca io pure te na mano).

RITA: Bentornato monsù Pomarol.

POMAROL: Oh! La mia bella Rita!

PEPPE: Monsieur...

POMAROL: Oh! Pure D. Peppe? Come state?

PEPPE: Non c’è male, e lei?

POMAROL: Un po’ stanco per il viaggio... E così che novità vi sono?

PEPPE: Monsieur; qui si tratta d’un fatto serio, ma serio assai.

POMAROL: Serio!

PEPPE: Voi siete un galantuomo e... ecco qui. Parlando chiaramente questa ragazza è forzata dallo zio a fare questo matrimonio con voi, non già che lo faceva per piacere, e siccome...

POMAROL: (L’aveva preveduto!). Avanti.

PEPPE: Ora ditemi francamente, sposerete voi una donzella che non vi vuol bene?

POMAROL: Oh! Mai!

PEPPE: Quindi non vi dispiace ch’essa sposi un altro?

POMAROL: No, anzi mi fa piacere.

PEPPE: Ah?

RITA: Che puzzate sempessere beneditto. (Gli bacia la mano.)

PEPPE: Monzù, ca me songo assicurato de lu fatto, ve voglio cuntà na cosa pe farve ridere nu poco. Indovinate ch’avimmo combinato acciò D. Gennaro acconsentisse a spusà la nepote co chillo ca essa bene.

POMAROL: Che avete combinato?

PEPPE: Ho fatto fingere il suo innamorato fratello vostro, venuto da Parigi a dire ch’eravate morto, e che prima di morire avete dettata una lettera diretta a D. Gennaro, in dove si diceva che essendo voi presso a morte, la nipote dovea sposarsi il vostro fratello o nessuno.

POMAROL (ridendo): Ah! Birbanti che avete saputo combinare. E D. Gennaro?

PEPPE: Se l’ha creduto.

POMAROL: Ah, ah, mi piace, che bell’imbrogtio avete fatto. Vado qui all’albergo vicino, e mi sto fino a che la non sposa, appena sposata voi me lo farete sapere, io verrò e ci faremo molte risate... andate da lui, non gli date sospetto, e cercate di combinare subito il matrimonio. (Ridendo.) Un morto risorto, ci faremo molte risate con D. Gennaro.

PEPPE: Monzù io ve ringrazio tanto tanto.

RITA: Lu cielo ve lo renne. (Gli bacia la mano e via con Peppe.)

POMAROL (ride): Ah! Davvero che è molto da ridere! Ah! povero D. Gennaro! (Felice cerca uscire dal fondo.) Chi è? dove va lei? (Trattenendolo.)

FELICE (con voce fina): Io... vado a sentire la predica.

POMAROL: (Che bella giovine!). E chi è se è lecito?

FELICE: Io sono la nipote di D. Gennaro.

POMAROL: è impossibile! D. Gennaro non ha altre nipote che Rita e Rosaria che io conosco entrambe!

FELICE: Io sono una nipote clandestina. (Per partire.)

POMAROL: Aspettate... perché andate di fretta? E che siete venuta a fare qui?

FELICE: (Chisto quanta cose sapè? vide ca esce mammà e nce vatte tutt’e duje). Son venuto a trovare le sorelle, e siccome ho da fare, perciò me ne vado.

P0MAROL: Accomodatevi, adesso verranno le vostre sorelle, e siccome io sono libero, facciamo un po’ di conversazione. (Prende due sedie.)

FELICE: Il predicatore incomincia...

POMAROL: Ci andrete un’altra volta alla predica... Sedete qua vicino a me...

FELICE: Ma...

POMAROL: Sedete, vi prego.

FELICE: (Aggio passato lu guaio!). (Siede.)

POMAROL (prende le sue mani): Come vi chiamate?

FELICE: Messalina.

POMAROL: Che bel nome! Siete zitella?

FELICE: No,... cioe... si.

POMAROL: Prima no, poi si?

FELICE: Prima non era zitella, adesso si.

POMAROL: Cosa dite?

FELICE: Prima ero maritata, ora no.

POMAROL: Ah! Siete senza marito, non già zitella?

FELICE: Già, zitella senza marito.

POMAROL: Siete vedova? Per Bacco! così giovane e bella esser vedova! (S’avvicina.)

FELICE: (Uh! Questo se ne va de capa!).

POMAROL: Avete madre, avete parenti?

FELICE: Si.

POMAROL: Insomma volete essere mia sposa? Voi siete una bella ragazza, ed io vi amo. (Gli bacia la mano.) Che ne dite? Tutte le mie ricchezze saranno vostre.

FELICE: Oh! Andate voi mi ingannate; come così su due piedi?

POMAROL: A me piace agire così, e poi una giovane come voi merita tutto, voi m’avete incatenato ed io v’amo alla follia. (Bacia c.s.)

FELICE: (Che seccante... aspè, aggio penzato). Uh! Mi manca la vista, le gambe non mi reggono... un poco d’aceto forte. (Finge svenire.)

POMAROL: Oh! Dio! Messalina... rispondi... Un po’ d’aceto. (Via.)

FELICE: All’arma de la mamma, si se ne jeva!

 


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