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Persicone, prima dentro, poi fuori, e Marietta.
PERSICONE (di dentro): Papà...
PERSICONE (c. s.): Vienimi a fare adesso il fuoco allo scollino.
MARCHESE: E vieni qua, angioletto.
PERSICONE (fuori): Eccomi a te, papà. Marietta non mi accomoda, contento non mi fa. Essa non ha pazienza, fa tutto con la fretta!
MARIETTA: Signore, vado via... (p. p.).
PERSICONE: Non vuoi sentire...
MARCHESE: Aspetta. Mio figlio Persicone comanda in questa casa, Egli può dirti tutto; ne sei o no persuasa?.. Egli rispetto esige, insomma egli è il padrone, E guai per chi maltratta mio figlio Persicone!.. Uscite.
MARIETTA: Vi son serva... (p. p.).
MARCHESE: Or m’hai tu ben capito?...
PERSICONE: Papà... sì, basta... (A Marietta:) Il latte.
MARIETTA: Va ben, sarà servito. (Andandosene, da sé.) Or vedi che pazienza! Ma se la perdo! (Via.)
MARCHESE: Cosa?
MARCHESE: Cosa?..
PERSICONE: Non lo capisti?.. Disse che se la perde... se perde la...
MARCHESE: Ma che?..
PERSICONE: Nol sò. Ma in tal parola ha offeso certo me. Nel dire se la perdo, minaccia è questa qua... Minaccia? Non è vero? Minaccia o no, papà?..
MARCHESE: Ma no, non è minaccia, non hai compreso bene. E poi minaccia dici? Oh! No, non ti conviene Nemmeno ciò pensare. La serva al suo padrone Una minaccia fare? Minaccia a Persicone?.. Eh! Via, che vai pensando; vien qua, dimmi, angioletto, Non senti tu mai niente di dentro qui?..
PERSICONE: Nel petto?... Sì, ieri sera appunto sentivo...
PERSICONE: Sì... no... non lo ricordo... ma sì, così mi pare. E adesso, oh! Guarda, babbo, così batteva allora...
MARCHESE (toccandogli il petto): Sì sa, così fa sempre... (Non ha capito ancora!..) Insomma, quando vedi una gentil fanciulla, Il cuore che ti dice?..
PERSICONE: Ah! Sì, mi dice... Nulla!
MARCHESE: Nulla perfettamente? Oh! Questo non lo credo...
PERSICONE: Eppure, senti, o babbo, soltanto quando vedo Quella gentil donzella, che sta qui dirimpetto, Il cuore più d’adesso mi palpita nel petto! Quando la guardo, fisso rimango per due ore. Ebben, che cosa è questo?..
MARCHESE: Questo si chiama amore. In te incomincia adesso, e cresce a poco a poco.
PERSICONE: E poi crescendo, o babbo, che fa?..
MARCHESE: Diventa foco! Da quando tempo hai visto quella ragazza lì, Da qualche mese, o meno?..
PERSICONE: Ma no, sono tre dì.
MARCHESE: Pochissimo! L’amore ancora deve entrare.
PERSICONE: E s’egli viene poi, per dove vuol passare?...
MARCHESE: Ma che passare zitto! Egli entra da per sé. Senti, figliuolo, mio, or senti un poco a me: Se quella giovinetta volesse te sposare, Tu che diresti? dimmi...
PERSICONE (dopo aver pensato): Ancora deve entrare.
MARCHESE: Ma che risposta è questa, mi sembri scimunito! Dimmi, ti fa piacere l’esser di lei marito?...
PERSICONE: Ah! sì, sicuramente... Oh! altro che piacere... Esser colei mia moglie! Papà, vorrei sapere Per quanto tempo poi io sono suo marito; Questo vorrei sapere, che ancor non ho capito.
MARCHESE: Per sempre; e che! La moglie la prendi tu in affitto?
PERSICONE: Sarebbe molto meglio se così fosse.
MARCHESE: Zitto! Ma che parlare è questo? Chi t’insegnò ciò a dire? Mai più non dirlo oppure te ne farò pentire! (Pausa.) Vien qua, mio Persicone, non parlo seriamente... Dicevo per ischerzo, non già per...
PERSICONE: Veramente? Allora, dammi un bacio...
MARCHESE: E dammene uno a me...
PERSICONE: Sicuro, certamente... anzi... papà, toh! tre. (Lo bacia.)
MARCHESE: Dunque, mi ascolta adesso: quando oggi la vedrai, Falla un momento attendere, e poi mi chiamerai. Con lei farò amicizia, la vado a visitare, Così, poi discorrendo di te le vò parlare. Dirò che vuoi sposarla, che l’ami immensamente.
PERSICONE: Ed ella poi mi sposa?
PERSICONE: E se poi vi risponde: non posso quei sposare.
MARCHESE: Perché?
PERSICONE: Perché non l’amo, ancora deve entrare?
MARCHESE: Eh! via, non dir sciocchezze! Or basta, fanciullone! Fa quello che t’ho detto.