Eduardo Scarpetta
La pupa movibile

ATTO PRIMO

SCENA OTTAVA   Benedetto e detti.

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SCENA OTTAVA

 

Benedetto e detti.

 

FELICE: Sentite, fratello, noi vi dobbiamo dire una cosa importantissima.

BENEDETTO: Di che si tratta?

FELICE: Lo zio di questo povero giovine pe forza lo nzurà; l’ha scritto na lettera, dicennole, che se non lo fa subito, non le lascia no centesimo dell’eredità; si se nzora lo dichiara erede universale di tutte le sue ricchezze, e le regala pure 200 mila lire in contanti.

BENEDETTO: Oh! Guardate, guardate.

FELICE: Isso, però, D. Angiolillo, non ne sapé de matrimonio... vuole fare il prete.

BENEDETTO: Benedetto figlio!

FELICE: E per non perdere il denaro ha pensato... na pensata de criatura ma che potrebbe riuscire; d’accattarse la pupa movibile, ultima invenzione di Pietro Fanelli.

BENEDETTO: Ah, è na pupa?

FELICE: E presentarla a lo zio come la sposa.

BENEDETTO: Voi che dite!...

FELICE: Questa pupa, parla... piange...

ANGIOLILLO: Cammina...

FELICE: Fa tutto.

ANGIOLILLO: Tale e quale come na femmena...

FELICE: Mediante 12 bottoni che tiene nella cinta e che all’occasione si premono.

BENEDETTO: Possibile! Ma farà sbalordire!

ANGIOLILLO: Leggite, Rettò, leggite. (Gli il giornale, Benedetto legge piano e si consola.) Uh! Che piacere! Si me riesce ne voglio zumpe. Me nzoro sì, ma co na pupa, co na femmena mai, che bella cosa, che bella cosa! (Gridando e saltando per la scena.)

FELICE: D. Angiolì, e vuje non avita ammoina, ccà si lo sentono l’auti giovinotti, stateve bene! Chesta è na cosa che avimma sapé io, voi e il Rettore.

BENEDETTO (che ha letto): Ma sarà na cosa che farrà ascì pazza la gente! Che uomini, che ingegno, che talento!... Ccà n’atu pco fanno risuscità i muorti!

ANGIOLILLO: Dunche, Rettò, nui jammo?

FELICE: Mi date il permesso, Rettore, di accompagnarlo, e di aiutarlo in questa faccenda?

BENEDETTO: Oh, voi no, fratello; ad un prete non conviene mettersi in questi impicci.

ANGIOLILLO: E che male nce sta?

BENEDETTO: Tutto il male possibile! Voi scherzate!... Fratello, mi meraviglio di voi, non come avete potuto acconsentire ad andarci!

FELICE: Trattandosi che il ragazzo si pigliava 200 mila lire...

BENEDETTO: Ma peggio ancora, caro fratello, peggio ancora!

FELICE: Siccome il ragazzo diceva che appena preso il denaro tornava qua... (Vede il pensoso.) ( s’abbocca lo Rettore!).

BENEDETTO: Ah! Lui vuole ritornare qua?

FELICE: Sicuro.

ANGIOLILLO: Torno col maestro.

FELICE: Lui vuole assolutamente fare il prete, non ne vuoi sapere di matrimonio.

BENEDETTO. Ah! Allora va bene! Allora potete accompagnarlo.

ANGIOLILLO: Grazie. Rettore. (Bacia la mano.)

FELICE: Il Rettore si credeva che voi non tornavate più qua?

BENEDETTO: L’avete indovinato... mi dispiaceva per il ragazzo, del resto che m’importa.

FELICE: Non già per il denaro; che ne dobbiamo fare del denaro? Ormai abbiamo fatto il cornicione, la facciata.

ANGIOLILLO: Jammoncenne... maestro...

FELICE: Andiamo. (Prende cappello e bastone.) Io poi, Rettore, vi farò sapere qualche cosa, se tocca, anche con un telegramma.

BENEDETTO: Io pregherò il Cielo per voi. (Nel mentre i due si avviano.) Angiolillo, venite qua.

FELICE: La benedizione. (Angiolillo si avvicina e s’inchina, Felice s’inginocchia.)

BENEDETTO: Che il Cielo ti benedica, o innocente e casto fanciullo, che la divina Provvidenza ti assista e ti dia coraggio. Che la tua santa fermezza di rimanere celibe e di prendere il voto ti sia di guida, e di protezione; possiate riuscire nell’impresa, e tornare tu da me candido e puro come sei partito.

FELICE: Ammen! Ammen!... E non dubitare che con questa benedizione riuscirai in tutto; con la benedizione di questo Sant’uomo...

BENEDETTO: Eh! Un misero peccatore...

FELICE: (Co chisto caudarone!). (Viano dalla porta a destra.)

 


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