Eduardo Scarpetta
Romanzo d'un farmacista povero

ATTO PRIMO

SCENA QUINTA   Carmeniello e detta.

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SCENA QUINTA

 

Carmeniello e detta.

 

CARMENIELLO: Comandate?

ELISA: Carminiello, tu non sei più il mio servo.

CARMENIELLO: Dateme la mesata, e io me ne vaco.

ELISA: No, al contrario, tu devi sempre stare vicino a me, ed invece di essere il mio servo, sarai mio zio.

CARMENIELLO: (Uh! chesta la miseria l’ha fattai mpazzia!). Ma signò, vuje che dicite?

ELISA: Ma sì, ma sì, — Devi sapere, che un signore si è innammorato pazzamente di me, mi ha scritto una lettera, mandandomi un palco per questa sera al Teatro dei Fiorentini, e dice che vuol parlare coi i miei parenti, capisci, coi miei parenti, io non ho nessuno come faccio? Si tratta, nientemeno che questo signore ha dieci milioni dei suoi, capisci dieci milioni!

CARMENIELLO: Dieci milioni.

ELISA: Figurati, è proprio una fortuna che mi cade dal cielo. Sì Carminiello, tu devi essere il mio salvatore.

CARMENIELLO: Io sarraggio pure Pascale, ma si non me dicite che aggia ?

ELISA: Tu questa sera verrai con me nel palco, starai serio, imponente, se qualche giovinotto mi guardasse col binocolo, tu gli farai una ciera così. (Lazzi.) Se poi senti bussare il palco, non aprire, rispondo io perché di chi si tratta. Se poi vengono dei gelati tu domanderai: chi li manda? Quello risponderà, li manda il signor B. Dite al signore che io non ricevo gelati da chi non conosco.

CARMENIELLO: Vuje dinto a che mbruoglie me vulite mettere?

ELISA: Ma sì, ma sì, sta zitto. Lasceme vedere come fai?

CARMENIELLO: E facite vuje lo cafettiere.

ELISA: Signori, questi gelati?... Chi li manda? Chi li manda? (Forte.) Chi li manda?

CARMENIELLO: E io che ne saccio?

ELISA: Tu devi dire chi li manda?

CARMENIELLO: Ah, sì... Chi li manda? (Con voce grossa.)

ELISA: Come sei brutto! Tu devi fare una voce gentile così: chi li manda? (Carm. ripete con voce fina, lazzi.) Li manda il signor Bi.

CARMENIELLO: Io non ricevo Bi da chi non conosco.

ELISA: No, animale! Tu devi dire: Non ricevo gelati da chi non conosco.

CARMENIELLO: Dite al signore che non ricevo gelati da chi non conosco!

ELISA: Bravo! Se dopo il teatro quel signore si avvicinasse a noi, e volesse accompagnarci, tu risponderai, Oh, grazie, signore, troppo . (Lazzi.) Se poi volesse portarci a cena tu dirai...

CARMENIELLO: Con piacere, andiamo.

ELISA: Ma no, tu risponderai: Grazie, grazie, signore, noi mangiamo tardi, la sera non ceniamo. (Lazzi di Car.) Se poi ti parla che vuole sposarmi, stringi subito l’argomento, e gli dirai: — Eh, mio caro signore, chi si vuole sposare mia nipote, deve farlo , sul tamburo.

CARMENIELLO: Eh, mio caro signore, chi si vuole sposare mia nipote, deve farlo ncoppa a lo tamburo.

ELISA: Ma no, deve farlo sul colpo.

CARMENIELLO: Aggio capito, lassate a me.

ELISA: Però, vorrei darti un nome, un peso... tu come ti chiami.

CARMENIELLO: Carmeniello.

ELISA: Come è brutto! E il cognome?

CARMENIELLO: Bellocore.

ELISA: Oh, nemmeno mi piace, pure è brutto.

CARMENIELLO: Brutto nome, cognome...

ELISA: Aspetta, facciamo una posposizione, tu ti chiami Bellocore, faremo Corebellobenissimo mio zio il Cavaliere Corbelli.

CARMENIELLO: Sopure Cavaliere?

ELISA: Ma sì, sta zitto. Ti raccomando sopra tutto quando parli bada alle desinenze. Sempre che staje con me, aria imponente, da uomo serio, positivo; insomma figurati di essere un signore, e di essere mio zio. Ecco tutto.

CARMENIELLO: Va bene... Ma, eccellenza, non avite pensato a lo meglio, stasera che me metto, pozzo venì accussì?

ELISA: Hai ragione, non ci avevo pensato; ma quest’abito però non c’è male, danci una bella pulita, e starai bene... Anzi, , nella mia stanza, ci è un pettino con colli e polsi da uomo, metterai quello... Ah un’altra bella idea, vi è anche il mio palettò ed il mio cappellino da uomo... va, vestiti, e vieni qui che voglio vedere come sembri.

CARMENIELLO: Signò, vuje me facite piglià a scorze. (Via.)

ELISA: Ah, ah, se mi riesce questa, sono veramente una donna fortunata.

 


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