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Tre fratelli, lo zio Ho e lo zio Sam
(Storia disinvolta delle guerre
d'Indocina. Laos)
Nel maggio 1954 manifestazioni di destra
percorrono le vie di Vientiane e Luang Prabang. Protestano contro le
concessioni al Pathēt Lao strappate da Pham Van Dong a Ginevra. Ma altri
partiti "borghesi" sanno che una fugace scintilla basta a riaccendere
la guerra civile, e replicano che il Pathēt Lao non può essere escluso da
un accordo di governo. Prevale quest'ultima posizione, e si forma una
commissione congiunta Governo Reale/Pathēt Lao per migliorare le
condizioni dell'armistizio.
L'altro corno del dilemma è il ruolo di
consulenza garantito ai francesi. Il delegato del Governo Reale a Ginevra, Phuy
Xananikôn, è al centro di attacchi convergenti da destra e da sinis… da un po'
meno a destra. In realtà pare che le critiche siano pilotate da una cricca
golpista anti-trattative annidata chissà dove, che intende rovesciare il
placido Suvanna, forse (si vocifera) per insediare al suo posto il fratello più
vecchio, Phetxarāt, ancora in auto-imposto esilio a Bangkok. Non è chiaro
se Phetxarāt sia al corrente di tali piani.
Nel corso del mese di giugno si registrano
due tentativi di far insorgere le truppe della guarnigione di Vientiane. Entrambi
falliscono, così qualcuno organizza un attentato contro Phuy. Il commando è
formato da fuorilegge Lao e capeggiato da un criminale latitante che vive in
Thailandia.
Phuy torna da Ginevra in agosto. Il 18
settembre tre membri del commando attraversano il confine, eludono la
sorveglianza della polizia e assaltano la casa di Phuy durante una cena. Phuy
viene leggermente ferito da schegge di granata, ma il ministro della difesa Ku
Voravong rimane ucciso nella sparatoria. Gli attentatori riescono a tornare in
Thailandia.
Il governo sprofonda in una crisi nera,
mentre altri ministri ricevono minacce di morte e la polizia sembra rastrellare
gente a caso (quaranta arrestati). Suvanna dà le dimissioni. Dopo sei settimane
si forma il nuovo esecutivo, ne è premier Katāy Don Sasorit, già
importante dirigente del Lao Issara in esilio, abile libellista e
propagandista, in prima fila nelle polemiche contro Sūphanuvong e Kaisôn.
Suvanna è vice-primo ministro.
Le indagini sull'assassinio arrivano presto
a un punto morto. Psicosi del complotto e accuse reciproche infiammano i
diversi clan della vita politica laotiana. Le ripercussioni dell'attentato
dureranno anni, e in parte distoglieranno l'attenzione dal dibattito reale,
quello sull'unificazione amministrativa e culturale del paese.
Il cessate-il-fuoco è in vigore dal 6
agosto. Nelle due province che occupa (la "zona di raggruppamento"),
il Pathēt Lao prosegue il reclutamento: in un anno, dieci-quindicimila
ragazzi si spostano a Phongsālī e Huaphan. Essendo vicine al
confine orientale, le due province garantiscono frequenti contatti col
Vietminh, che continua a consigliare e addestrare il Pathēt Lao. Nel ‘56
quest'ultimo arriverà a contare una quindicina di battaglioni regolari, più le
unità di supporto.
Dopo alcuni incontri tra Suvanna e
Sūphanuvong, il Pathēt Lao ha riconosciuto l'autorità de iure
del Governo Reale sulla "zona di raggruppamento", ma i negoziati si
sono impantanati dopo l'assassinio di Ku e il conseguente cambio di governo.
Sūphanuvong e il premier Katāy si detestano. La strategia della
tensione ha funzionato.
Il problema principale è: chi controllerà la
"zona di raggruppamento", quasi tutti occupata dal Pathēt Lao,
ma con sacche di guerriglia anticomunista? Per Sūphanuvong la risposta è
ovvia: via dai coglioni le "Forze Speciali" (organizzate dai francesi
e composte principalmente dai Hmong anticomunisti). Katāy invece vuole
"congelare" la situazione all'istante della firma degli accordi di
Ginevra, secondo la precaria logica del "c'è spazio per tutti",
comunisti e Hmong.
In realtà, più che di spazi, è un problema
di tempi: il Governo Reale vorrebbe ristabilire il proprio controllo sulle zone
liberate, per poter tenere le elezioni con la vigente legge elettorale
(suffragio ristretto), dopodiché si potrà discutere dello status politico del
Pathēt Lao. Sūphanuvong risponde, in sostanza: «Mi avete preso per un
coglione?», rovescia l'assunto e dice che occorre un accordo preventivo col
Pathēt Lao, per introdurre il suffragio universale e garantire un corretto
svolgimento delle elezioni, ad esempio impedendo alle squadre Hmong di
minacciare i votanti.
Ognuno rimane sulle proprie posizioni,
finché nell'aprile 1955 il negoziato viene interrotto. Katāy accusa
Sūphanuvong di essere un servo del Vietminh, il principe rosso risponde
che è semmai il Governo Reale a essere manovrato dagli Stati Uniti.
Il 25 dicembre, nonostante le proteste di
Sūphanuvong, si tengono elezioni in dieci delle dodici province del Laos.
Non che Katāy registri un grande successo, anzi, il suo Partito Nazionale
Progressista non riesce a raggiungere la maggioranza, anche a causa della sua
intransigenza e scarsa elasticità nel condurre le trattative col Pathēt
Lao.
Tocca di nuovo a Suvanna Phūmā
formare un governo. Quando s'insedia, dichiara: «La mia preoccupazione n.1 sarà
risolvere il problema del Pathēt Lao.»
Impresa ancor più difficile di quanto fosse
due anni prima. Benché la maggioranza del parlamento (e di quel poco di
"opinione pubblica" riconoscibile nel paese) sia neutralista e favorevole
alla trattativa coi comunisti, gli Stati Uniti - che non hanno firmato gli
accordi di Ginevra - non vedono certo di buon occhio un governo di coalizione
che includa i comunisti, e a dire il vero intendono sabotarne la nascita con
ogni mezzo.
Siamo ormai all'antivigilia della
"guerra segreta" della cia.
Gli Stati Uniti già addestrano personale lao al lavoro di intelligence,
infiltrazione, anti-guerriglia, sabotaggio, ma lo fanno in Thailandia per
aggirare gli accordi di Ginevra, secondo cui sul suolo laotiano tali compiti
spetterebbero ai francesi.
Già da ora gli usa sostengono l'intero costo dell'esercito laotiano. Dal
canto suo, il Pathēt Lao è interamente finanziato dalla Repubblica
Democratica del Vietnam (cioè, indirettamente, da Urss e Cina). Ciò fa del Laos
l'unica nazione del mondo in cui entrambe le fazioni di una guerra civile sono
finanziate da potenze estere.
Si chiama "neutralismo".
Intanto continuano le scorribande Hmong, in
Indocina operano i servizi segreti di tutte le principali potenze mondiali,
cresce la tensione fra Vietnam del Nord e Vietnam del Sud. La Repubblica
Democratica del Vietnam aiuta con rifornimenti clandestini e spedizioni di
quadri del Vietminh l'opposizione al regime filo-americano di Ngo Dinh Diem. Le
colonne dei rifornimenti sconfinano in Laos aggirando la zona smilitarizzata e
rientrando in Vietnam sotto il 16° parallelo.
In questo scenario viene catapultato
Vitaliano Ravagli.
Suvanna tira diritto, conosce bene la storia
e la geopolitica del proprio paese, e soprattutto conosce il proprio fratello
minore. Sa che può spuntarla, ma deve camminare come in equilibrio su una fune,
rischiando a ogni minuto di far esplodere la rabbia degli americani.
I due fratelli si incontrano diverse volte
nel corso del 1956. Ci si accorda sul reintegro de facto delle zone
occupate nell'amministrazione del Governo Reale e sull'ingresso dei battaglioni
del Pathēt Lao nell'esercito, in cambio di elezioni supplementari,
formazione di un governo di unità nazionale e garanzie per la sicurezza e i
diritti di tutti i cittadini (leggi: niente rappresaglie né minacce contro
militanti e simpatizzanti del Pathēt Lao).
All'indomani degli accordi, Suvanna cerca di
rassicurare gli usa, dicendo che
l'entrata del Pathēt Lao nell'esercito reale è il miglior modo per
neutralizzare il movimento. Ma subito dopo (agosto ‘56) si reca in visita
diplomatica a Pechino e a Hanoi, viaggio che reputa "essenziale per creare
un clima favorevole alla prosecuzione delle trattative".
John Foster Dulles non riesce a credere alle
proprie orecchie.
Si apre finalmente la strada per un governo
di coalizione alla guida di un Laos davvero neutrale. Nonostante gli
sforzi della cia per sabotare il
negoziato e i litri di sudore versati dall'ambasciatore americano J. Graham
Parsons, a dicembre si raggiunge l'intesa per formare il governo prima
delle elezioni supplementari nelle due province della discordia.
E' giunto il momento di invitare
Phetxarāt a tornare a casa. Il più anziano dei tre ingegneri si dice
felice dell'intesa raggiunta dai fratelli più giovani, che gli fanno restituire
il titolo di uparat. Nel marzo 1957, dopo undici anni di esilio,
l'orgoglioso principe riattraversa il Mekong senza aver perso un briciolo di
stile e di dignità. Morirà il 15 ottobre 1959, due settimane prima del
decrepito re Sīsavāngvong, il sovrano a cui s'era opposto con
fermezza.
Battuta d'arresto: Suvanna si scontra col
parlamento. Secondo la maggioranza dei deputati, la formazione del nuovo governo
deve seguire le elezioni supplementari, non precederle. Il 30 maggio, dopo un
voto di sfiducia pilotato dall'ambasciata americana, Suvanna dà le dimissioni.
Il candidato favorito dagli usa è
il solito Katāy, ma non ottiene la fiducia per un solo voto. Dopo
due mesi di crisi non si trova nessun altro candidato, e la carica viene
restituita a Suvanna.
Con sommo dispiacere degli americani,
riprendono le trattative col Pathēt Lao. Si arriva al cosiddetto Accordo
di Vientiane. Il 18 novembre Sūphanuvong rimette formalmente le province
di Huaphan e Phongsālī al principe della corona
Savāngvatthanā, in rappresentanza del re. Il giorno dopo nasce il
governo di coalizione, con due ministri del Pathēt Lao. Uno è proprio
Sūphanuvong (ministro della ricostruzione e pianificazione urbana: non è
forse un ingegnere?).
Non durerà a lungo. Tra poco si tornerà a
sparare.
E ci sarà anche Vitaliano.
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