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(Budrio)
Lo trasportano su una barella di fortuna fino
al campo. Non si regge in piedi. Non è stato ferito, ma un rivolo di sangue gli
scende dalla bocca sulla divisa. Dopo l'ultimo scontro, ha sputato brandelli di
polmone.
La corsa nella giungla, sotto la pioggia e
con l'umidità asfissiante, gli ha dato il colpo di grazia.
Prova a sorridermi, steso per terra, gli
occhi incavati nelle orbite.
«Mi sa che sono arrivato in fondo, Gap.»
Annuisco, senza trovare le parole.
«Han detto che mi rimandano indietro. A
casa. Torno dalla mia ragazza, eh? A chiavare dalla mattina alla sera.»
La tosse gli squassa il petto, sputa sangue
e anche qualcosa di solido.
«Hai finito di spaccarti la schiena nella
foresta, Budrio. Adesso che torni a casa, pensa quante storie avrai da
raccontare agli amici del bar.»
Ghigna, i denti macchiati di rosso: «Io non
ne ho di amici, Gap. Solo te.»
«Allora le racconterai alla tua fidanzata.
Alla più gran figa di Budrio.»
Gli occhi vagano intorno, forse cerca di
fissare un volto, di immaginarsi come deve essere.
«Eh, la figa…»
I portatori sono pronti. Lo trasporteranno
oltre confine e poi da lì…
Non lo so. Non lo so se hanno tempo ed
energie da perdere per un moribondo. Qui la vita non vale tanto disturbo.
Cerco di non piangere, mentre la barella
viene sollevata. Gli stringo la mano per l'ultima volta.
«Ciao, Budrio. Se non mi ammazzano, quando
torno ti vengo a cercare.»
Il sorriso ebete gli è rimasto sulla faccia,
muove appena la mano in segno di saluto e la voce è un mormorio: «Ciao, Gap,
stai attento, eh…»
Lo vedo sparire sul sentiero, un peso
leggerissimo per quegli omini infaticabili.
Un attimo prima che la foresta li inghiotta,
urlo: «Ci vediamo in Italia!» ma il rumore di un tuono lontano mi copre la
voce.
La pioggia ricomincia a cadere.
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