Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Vitaliano Ravagli -Wu Ming
Asce di guerra

IntraText CT - Lettura del testo

  • SECONDA PARTE
    • 51 Bologna, 30 aprile 2000
Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

51

Bologna, 30 aprile 2000

 

 

Vittorio Zucconi su La Repubblica:

 

…Con il sangue dei morti in Vietnam è stato scritto un patto tra l'America militare e quella civile che ha condizionato e condizionerà i presidenti americani per generazioni: mai più guerre di massa. Soprattutto mai più guerre senza il solido consenso della nazione

…L'America delle armi può consolarsi assistendo alla rivincita dell'America dei dollari: oggi è la Nike con le sue fabbriche di scarpe, non Ho Chi Minh, l'idolo dei giovani vietnamiti

…35.000 reduci sono ancora sottoposti a riabilitazioni fisiche e cure psichiatriche

…Il 73% dei giovani americani sotto i 20 anni non sa indicare dove sia il Vietnam su una carta geografica

 

 

L'Unità, dossier speciale di 4 pagine:

 

George Bush, alla fine della Guerra del Golfo dichiarò: "Grazie a Dio abbiamo dato un calcio alla sindrome del Vietnam una volta per tutte"…

…La Guerra in Vietnam all'accademia militare di West Point è il ‘disastro' senza aggettivi, disastro da studiare accuratamente per non ricapitarci in futuro… Dice il colonnello Conrad Crane che la linea seguita a West Point è l'esatto contrario di quella raccontata da Bush sr. alla televisione: "Desert Storm  è stata l'anti-Vietnam, ma quella era una guerra in una zona dove c'erano strade, c'erano degli aeroporti e noi lo ripetiamo sempre ai cadetti: le vostre esperienze saranno molto più simili a quelle dei vostri predecessori in Vietnam che non nel Golfo". Conclusione: non fidatevi di chi sostiene che la famosa sindrome è sparita nel fondo della memoria

…La foto dell'ultimo elicottero americano che parte dall'ambasciata di Saigon è un falso. Si tratta in realtà di un edificio a due isolati più a sud dell'ambasciata, 12 ore prima della partenza del ‘vero' ultimo elicottero.

…Come quella foto, la guerra non era stata mai ciò che gli americani avevano, da contrapposte trincee, pensato che fosse

…L'America non rinnega le proprie guerre e non mette in discussione - al contrario, semmai la idealizza - la propria classe militare. Con un'eccezione: il Vietnam. Il senso di colpa è duplice: l'orrore per una guerra d'invasione si sovrappone al rimpianto per la sconfitta e al dolore bruciante per aver demonizzato coloro che l'hanno combattuta

…Non sono poi molti i film che chiedono scusa ai vietnamiti, ma sono numerosi quelli che chiedono scusa ai veterani

…[Guerra del Golfo e Kossovo] potrebbero essere letti in questo senso: si faccia di tutto per non impantanarsi di nuovo nella giungla, reale o metaforica

…Gli americani continuano a interrogarsi non tanto perché l'hanno combattuta, la guerra del Vietnam, quanto perché l'hanno persa

 

 

 

I giornali di questa mattina dedicano intere pagine al venticinquennale della fine della guerra in Vietnam. Un quarto di secolo fa cadeva Saigon, ultimo baluardo dell'occupazione americana. Oggi si chiama Ho Chi Minh City: la tv trasmette le immagini della parata celebrativa per le strade della città, sotto lo sguardo serafico del generale Vo Nguyen Giap, 86 anni, in alta uniforme.

Poi risaie e miseria a perdita d'occhio.

Il commento è più o meno lo stesso per tutti i servizi, squallido mix di cattiva coscienza e autoconsolazione: «Vedete? L'Occidente ha sbagliato a fare quella guerra, però non è che senza di noi se la passino tanto meglio

Interessante l'acume di certi commentatori.

Le potenze occidentali colonizzano l'Indocina e impongono i propri regimi nella regione per oltre un secolo; per trent'anni sottopongono l'area a una guerra perpetua; mettono in piedi i più impresentabili governi fantoccio; armano qualsiasi tribù sia disposta a sgozzare e stuprare per un sorso di whisky; arruolano eserciti di bambini e cancellano intere generazioni.

E alla fine? Tutto quello che riescono a dire è: «Abbiamo sbagliato, ma anche dopo che ce ne siamo andati le cose non sono migliorate…»

Complimenti davvero.

 

 

La prima cosa che ti viene in mente se pensi alla guerra del Vietnam sono i Marines che urlano nella giungla e gli anni Sessanta.

Se metti un po' più a fuoco appaiono i nomi esotici: Dien Bien Phu, Saigon, delta del Mekong; poi i libri di strategia militare del generale Giap, gli slogan di Ho Chi Minh e di Che Guevara, le manifestazioni nelle università americane, il '68.

La sequenza più famosa: una bambina nuda, sì e no dieci anni, con la pelle ustionata dal napalm, corre incontro alla telecamera e ai soldati in tuta verde, senza più lacrime da piangere, mentre alle sue spalle sale il fungo nero di un'esplosione

E alla fine ti accorgi che le immagini di repertorio, ammesso che potessero rendere anche solo un'idea vaga di quella guerra, hanno lasciato il posto alle sequenze di Apocalypse now, Il Cacciatore, Platoon, e di seguito tutta la serie. Il punto di vista degli americani pacifisti e disillusi. Gente come Coppola, Cimino e Stone, appunto.

Invece sai che la guerra anti-imperialista in quell'angolo di mondo esplode almeno dieci anni prima dell'arrivo dei primi aviotrasportati dagli usa.

Quella del Vietnam è la storia che ci ha raccontato Hollywood negli anni a seguire. La storia della più grande débacle strategica e militare del secolo.

La storia degli americani.

Se si esclude il capolavoro di Francis Ford Coppola (che ha una base letteraria di tutto rispetto), non mi sono mai piaciuti i film sul Vietnam. Perché non sono film sul Vietnam, anche se li chiamano così. Sono film sul dramma dei "bravi ragazzi americani" spediti a difendere una causa in cui non credeva nessuno e a fare una guerra che hanno perso.

E' proprio questo il punto, mentre scorrono i titoli di coda ti sale sempre la stessa sensazione: se avessero vinto loro, nessuno avrebbe fatto film sull'orrore di quel conflitto. Ma hanno perso, e con ignominia, ergo quella guerra era sbagliata. Ergo Oliver Stone può fare tutti i film che gli pare.

Non esistono film che raccontino il conflitto dall'altra parte. Ragazzini adolescenti che combattevano per liberare il loro paese dall'imperialismo yankee. Il Vietnam esiste solo perché gli americani ci hanno perso una guerra. L'unica guerra che abbiano mai perso.

Nel grande racconto hollywoodiano ci sono soltanto due ruoli: i "cattivi", cioè i capi che stanno dietro, i politici, i generali; e i "buoni", le vittime, i giovani americani precettati con la testa piena di propaganda.

La verità è che hanno perso, e il fatto che i calcoli militari si siano rivelati errati e le menzogne dei politici siano risultate tali è la conseguenza di quella sconfitta, non la causa.

I vinti si rifanno della sconfitta narrandola come propria, non come vittoria altrui. Anzi gli altri, i nemici devono essere de-identificati e resi evanescenti. Così si sottraggono a un paese distrutto ma vittorioso le spoglie dei propri morti e il blasone dei nemici battuti sul campo.

Nei film hollywoodiani il "nemico" non c'è, è uno spettro, una proiezione dell'immaginario collettivo.

I giovani vietcong torturati? Le donne stuprate? E i bambini che raccoglievano le bambole-bomba, che non uccidono, ma provocano mutilazioni perpetue?

No. Solo film sulla crisi da "rientro", sui reduci disadattati, per sventare la rimozione di una pagina ingloriosa della storia americana che si sarebbe voluta dimenticare. Intento ammirevole, come no. Ma sempre solo storia americana. Quei film sono una sorta di introspezione sull'infrangersi definitivo del sogno americano.

Il Vietnam non c'è. Non esiste. E' un luogo onirico, di incubi feroci, come una parte oscura della mente collettiva; e i vietcong sono fantasmi informi annidati nella boscaglia, non compaiono mai. Sono gli spettri della cattiva coscienza imperialista.

Eppure era gente in carne ed ossa. Morti a centinaia di migliaia, a milioni, nel corso di tre decenni di guerra. Intere generazioni scomparse.

Non a caso a nessuno è mai venuto in mente di fare un film su cosa è successo dopo laggiù. Su cosa gli americani hanno lasciato, a parte migliaia di mine anti-uomo che ancora mietono vittime. Un'intera area del pianeta è caduta nel dimenticatoio e non sono pervenute più notizie.

Gli americani hanno perso. Ergo il Vietnam è stato cancellato dalle mappe. Hic sunt leones.

Hollywood è sempre reazionaria. Anche quando fa dei bei film.

E se Hollywood non può fare la storia, può almeno raccontarcela come vuole.

 

 

Ieri a Castelfiorino. Costringo la genitrice a un salto indietro di trent'anni.

«Ritorniamo un attimo ai tempi d'oro, per favore. Parlami delle manifestazioni per il Vietnam

Si passa le mani sulla faccia: «Oddio, non mi ricordo più niente. E' passato tanto di quel tempo…»

«Mavalà! Sembra che ti ho chiesto della preistoria! Voglio sapere che tipo di percezione avevate della guerra in Vietnam, cosa pensavate

«Dunque… le parole d'ordine erano "Vietnam libero", "Vietnam rosso"» si sforza «leggevamo la lotta del Vietnam attraverso il terzomondismo guevariano. "Uno, due, tre, cento Vietnam". La lotta dei vietnamiti era qualcosa di nostro: era la lotta contro l'imperialismo americano

«Questo alla fine degli anni '60?»

«Sì. Sapevamo tutto di quello che avveniva , era come se il Vietnam fosse qui. Alcuni decisero di partire, di andarci, con le delegazioni politiche. Mi ricordo un documentario di Evans, credo… E poi i libri, ce n'era uno, Perché il Vietnam vincerà. E i libri di Giap e di Ho Chi Minh. Comunque per noi la critica che facevamo al sistema capitalistico era tutt'uno con la lotta dei vietnamiti. Mi ricordo il capodanno del '68, quando ci fu l'offensiva del Tet, facemmo una grande manifestazione. Durante l'Autunno Caldo gli operai urlavano: "Agnelli, l'Indocina ce l'hai in officina!". Poi c'era la lotta popolare. Mao l'aveva insegnato: sono le masse a fare la storia e se si organizzano possono vincere. Anche contro una potenza come l'America. Ci sentivamo forti, perché il movimento aveva carattere internazionale e perché percepivamo la possibilità di vincere

«E quando il Vietnam ha vinto

Scuote la testa: «Ah, erano già cambiate tante cose. Era il '75 e il movimento si stava già leccando le ferite, imploso per i dissidi interni, frantumato in gruppi e gruppuscoli. L'aria era più greve. Il problema era chi doveva avere la testa dei cortei, chi doveva portare gli striscioni. Poi c'erano le BR e quindi l'esaltazione per la lotta armata stava venendo meno.»

«Poi del Vietnam non se n'è più parlato…»

«Dopo ci fu tutta la storia dell'aggressione alla Cambogia, che ci lasciò disorientati. Erano cambiati i tempi, tirava un'aria diversa

 

 

Tirava un'aria diversa. Un vento che non ha più smesso di soffiare.

Non è stata soltanto Hollywood a cancellare il Vietnam. Dopo averlo esaltato come simbolo mondiale, anche la Nuova Sinistra se ne è dimenticò nel volgere di una stagione, affogata nei suoi scazzi, incapace di riprendersi dal pugno allo stomaco del brigatismo.

Intanto, in quella remota regione del mondo, succedeva di tutto. La guerriglia Khmer in Cambogia, l'invasione "difensiva" da parte del Vietnam, il delirio di onnipotenza di Pol Pot, gli scontri al confine con la Cina, e ancora guerra a profusione.

Non è tanto questione di sogni o utopie che svaniscono. La testa era altrove, quando l'ultimo elicottero americano decollava dal tetto dell'ambasciata usa di Saigon (anzi, da un edificio poco distante…). E' troppo difficile fare i conti con la storia, dopo che per anni la si è semplificata, nutrendo la propria rabbia di simboli e icone dell'internazionalismo e della lotta anti-coloniale: Mao, Ho Chi Minh, Ben Bella. E quando i nodi vengono al pettine, tra scendere nel dettaglio e rifiutare la storia, la seconda strada è sicuramente la più facile.

Cina, Vietnam e Algeria vengono accantonati e riposti in un cassetto insieme alle fotografie di quando si era "giovani e ribelli".

E così Pol Pot, Deng Xiaoping, l'Ayatollah Khomeini diventano esseri mostruosi e inspiegabili, partoriti dal nulla, come titani sputati fuori dalla terra.  

Ma questa è un'altra storia

 

 

«Pronto, Daniele, sei ancora

«Sì, sì, scusa, Manu, ero sovrappensiero…»

«Cosa devo fare con l'incartamento Malossi? Lo passo a Schiò o ci pensi tu?»

«No, no, ci penso io. Lasciamelo sulla scrivania che oggi pomeriggio vengo in studio e me lo leggo con calma

«Poi, se ti va, potresti venire a cena da me, stasera. Così mi aggiorni sul tuo vietcong romagnolo…»

«Stasera? D'accordo. Ma ti avviso che certi dettagli non sono il massimo per farsi venire appetito. Alle nove può andare

«Alle nove. Ma stavolta cerca di essere puntuale…»





Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License