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Vitaliano Ravagli -Wu Ming
Asce di guerra

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  • SECONDA PARTE
    • 54 Sentieri dell'odio (Non un assassino)
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54

Sentieri dell'odio

(Non un assassino)

 

 

Decisi di andarmene.

Erano trascorsi poco più di tre mesi. E sembravano trent'anni.

Le tacche sul calcio del Bren si erano accumulate a decine. Quando il comandante Li le vide, mi ordinò di raschiarle via: dovevo essere pazzo a portarmi dietro la lista dei nemici uccisi. Se mi avessero catturato, avrei pagato ogni tacca con gli interessi.

Avevo ucciso. Avevo dimostrato a me stesso di essere in grado di rischiare la vita per la libertà dei popoli oppressi.

Avevo visto la morte portarsi via tanti compagni e Budrio spegnersi lentamente.

Avevo visto quelle bambine violentate e sentito l'odore della carne bruciata.

Ne ero impregnato. Insieme al puzzo di merda e piante marce.

La nostalgia di casa e dei miei era ogni giorno più opprimente. Ero partito pensando di non rivederli più, ma adesso avrei dato qualsiasi cosa per l'abbraccio di mia madre.

Ero finito in un mondo estraneo, difficile da capire e nel quale non mi sarei mai potuto integrare. La mia vita, come quella di tutti gli altri, non aveva valore. Se fossi morto, il mio corpo sarebbe rimasto a marcire, preda degli animali. Nessuno mi avrebbe pianto.

Ripensavo all'ultima cosa che mi aveva detto Budrio, «Io non ne ho di amici», e mi venivano i brividi. Morire da soli, lontani da tutto, non era così romantico come pensavo. Una fine squallida e miserabile.

Non riuscivo più a togliermi dalla mente i cadaveri di quelle bambine. Le facce straziate di quei soldati, il loro pianto di morte.

Quel giorno avevamo visto l'orrore in faccia e ne eravamo stati all'altezza. Quando avevamo finito, di loro non restava niente. Li avevamo macellati come bestie, stravolti dall'odio.

Il mio pugnale aveva inciso la carne, facendone brandelli.

Erano morti lentamente.

Un pezzo alla volta.

Ero rimasto in bilico sull'abisso e sotto avevo visto l'inferno.

Allora mi ero accorto che anche per me la vita umana non aveva più valore. E questo andava contro ogni principio per cui mi ero battuto. Ero un comunista, potevo uccidere i nemici, non essere come loro. Questa consapevolezza mi aveva spaventato a morte.

Ero un comunista. Non un assassino.

 





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